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April 2, 2011
Stregati dalla luna (e non solo), aspettando Godot
Jimmy Milanese
Nel 1956, a tre anni dall’uscita di questo capolavoro teatrale assoluto, Carlo Fruttero scriveva: Inesistente l’intreccio, soppressa ogni linea di narrazione, di sviluppo, non viene concesso al pubblico il minimo stimolo a voltare la pagina – a cominciare dalla pagina stessa.Centrando magnificamente la questione, Fruttero aveva individuato proprio nella immanenza del testo la sua forza dirompente e il suo valore assoluto.
In Aspettando Godot, Beckett sembra essersi preso gioco del pubblico, non lo prende in considerazione, impone una successione di scene e inquadrature prive di una qualche successione temporale; tutto sembra statico come una colata di catrame nel deserto. In questa opera letteraria – che il Teatro Stabile di Bolzano ha proposto nella versione interpretata da Eros Pagni e Ugo Pagliai – i personaggi sono soltanto quattro e sono concepiti in coppie: Estragone dialoga con Vladimiro, Pozzo con Lucky. Nessuno di questi personaggi appartiene a quel percorso di trasformazione sociale o psicologica che ha caratterizzato il teatro del Novecento. Ad ogni modo, nonostante tutte queste assenze, Aspettando Godot intrattiene e fa ridere . Non sono risate a crepapelle, perché la storia è priva di agganci socio-politici o vicende umane grottesche, ma si ride di cuore, ogni volta che i personaggi rivelano quella loro sfasatura rispetto alla realtà che, nel bene e nel male, ognuno di noi porta con sé.
Come Charlot, che fa ballare la mollica di pane o che si allaccia le scarpe con i guantoni da boxe, Estragone e Vladimiro si comportano con miope disinvoltura rispetto a un tempo e uno spazio scanditi solo dalla presenza di un oggetto di scena: un albero il cui cadere delle foglie rappresenta l’unico riferimento allo scorrere delle stagioni. Se iIl personaggio di Chaplin era un comico raffinato e pieno di sfumature emotive; i protagonisti del teatro di Beckett virano piuttosto sul piano metafisico.
I fatti sono semplici: Vladimiro ed Estragone sono due mendicanti in attesa di un certo indefinito e indefinibile Godot, che sembrerebbe in grado di far loro un qualche servizio. I due non hanno certezza né del luogo né del giorno dell’appuntamento, non avendolo mai visto di persona. All’improvviso, un ragazzo arriva con un messaggio di Godot: egli non arriverà “questa sera” ma sicuramente “domani sera”. Questo evento inaspettato induce i due a un maldestro tentativo di suicidio, fortunatamente andato a cattivo fine. A questo punto, sulla scena irrompono Pozzo e Lucky; il secondo al guinzaglio del primo. Nel finale i due subiranno una paradossale sorte, mentre Vladimiro ed Estragone sono ancora li in attesa del loro Godot.
Per la regia di Marco Sciaccaluga, Aspettando Godot è la più classica tra le opere di Beckett, in una versione particolarmente aderente al testo originale e costretta al minimo dispendio scenografico possibile. La scelta di Sciaccaluga appare azzeccata e ci restituisce un Godotessenziale, al limite dell’ermetismo.
Un interessante gioco di illuminotecnica immerge il pubblico in quell’atmosfera quasi soporifera, ma sicuramente necessaria per delineare i margini d’azione in cui Pagliai e Pagni giocano d’astuzia utilizzando al meglio tutto il loro repertorio espressivo. Pagliai è un Estragone forse eccessivo in certi toni, ma sicuramente ricco di quelle personalità e umanità non estranee ai personaggi di Beckett. Eros Pagni è abile interprete delle debolezze di Vladimiro, delle sue insofferenze e della sua eterna precarietà emotiva.
Superlativo, a nostro giudizio, Gianluca Gobbi. Il suo Pozzo è incalzante, rasenta un drugo di kubrickiana memoria e mantiene vivo nello spettatore il rapporto di sudditanza psicologica ed emotiva di Lucky. Gobbi esce di scena con le ultime battute che Beckett affida a Pozzo, in parte risolvendo l’enigma dell’attesa: “un giorno siamo nati, un giorno moriremo, lo stesso giorno, lo stesso istante, non vi basta?”. In questo modo si chiude la ricerca di un Godot che non verrà mai nelle forme e nei modi che ci aspetteremmo. Infine, ottime le interpretazioni di Roberto Serpi e Alice Arcuri, rispettivamente Lucky e il ragazzo che annuncerà il ritardo di Godot.
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