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December 29, 2018

11 years cool_schrank: intervista a Riccardo Olocco

Verena Spechtenhauser

Esattamente 11 anni fa, il 27 settembre del 2007, nasceva a Bolzano il magazine free press cool_schrank. Un’avventura editoriale durata 2 anni, un hub creativo per parlare – su carta – di moda, design, arte e contemporaneità, uno spazio di osservazione del mondo da portare in Alto Adige e dell’Alto Adige da portare (o almeno provarci) nel mondo.

cool_schrank è stato un po’ il “prequel” di franzmagazine, il primo fondamentale punto d’incontro tra personalità creative locals e non locals, che insieme hanno ragionato su carta prima e su web poi, dando vita alla piattaforma sulla quale vi trovate in questo momento. E allora, noi della redazione di franzmagazine, infinitamente grati a quel primo progetto  che ci ha visto nascere come entità editoriale, che ci ha insegnato le basi del nostro lavoro (imparate, facendo…) e che ci ha fatto muovere i primi passi in un’esplorazione fuori dagli schemi della nostra terra, abbiamo deciso di celebrare questo compleanno intervistando – 11 anni dopo (perché 11 e non 10? Non c’è un perché, 11 ci sembrava un bel numero, tondo e incisivo!) - quelle persone che insieme a noi si sono tuffate senza salvagente in quella folle, bella, stimolante impresa che si chiamava cool_schrank. Persone creative, visionarie e sopratutto coraggiose. 11 domande ciascuno, 1 macchina del tempo che va avanti e indietro e 1 ricordo prezioso per tutti noi, che sicuramente ci accompagnerà almeno per altri 11 anni. 

Eccoci con Riccardo Olocco, uno dei preziosi graphic designer di cool_schrank. 

Ciao Riccardo! Dicci chi sei, cosa facevi 11 anni fa e qual era il tuo ruolo nella rivista. 
 
Credo fosse agosto o settembre (2008), mi ero trasferito da poco a Bolzano – per la natura e le montagne, e non perché mia moglie ha trovato un buon lavoro all’ospedale locale, come gli amici amano dire. A Milano, dove avevo vissuto i precedenti otto anni e ancora bazzicavo e lavoravo come grafico freelance, qualche amico mi aveva parlato di cool_schrank. Ho fatto una breve ricerca, ho trovato i contatti di Anna e le ho scritto. Al tempo a Bolzano non conoscevo ancora molta gente. Con Anna ci siamo visti all’Exil e abbiamo discusso a lungo della rivista, di altri progetti, del vivere in città e dei massimi sistemi. Ci siamo trovati d’accordo su diversi punti e mi ha presentato Daniele Zanoni, che si occupava del layout di cool_schrank, con il quale ho iniziato a collaborare. Io e Daniele ci occupavamo della grafica, con Anna si decideva il tema del numero, i collaboratori da contattare, foto, illustrazioni, ecc. È stato un bel periodo, le riunioni si facevano prevalentemente al Nadamas e ci siamo diverti a lavorare insieme – almeno, io mi sono divertito. 
 
Cosa invece fai ora, 11 anni dopo? 
 
Sono ancora a Bolzano e lavoro quasi esclusivamente nell’ambito del type design, che era la mia aspirazione dieci anni fa. Mi è andata bene, diciamo così. 
 
Qual è stato il progetto che ti ha entusiasmato di più in questo decennio? Uno fatto da te e uno fatto da altri che ti ha fatto pensare “vorrei averlo pensato io”. 
 
Dopo cool_schrank ho lavorato alcuni anni in università e con alcuni colleghi abbiamo messo in piedi dei progetti che a distanza di anni reputo ancora interessanti. Per esempio, nel 2012 con Jonathan Pierini (ora direttore all’ISIA di Urbino) abbiamo lanciato il ‘Parmigiano’, un revival dei caratteri di Giambattista Bodoni che include decine di caratteri diversi, e diverse scritture. Il progetto celebrava in qualche modo il bicentenario della morte (1813) e includeva performance e videoclips con attori vestiti alla moda settecentesca; il tutto era basato su un pizzico di ricerca storica ma aveva evidenti intenti parodistici. 
Un altro progetto, presentato sempre in università qualche mese prima, è stato ‘Come on kids’. Con Giorgio Camuffo, docente, abbiamo messo in piedi questo progetto dove gli studenti avevano il compito di sviluppare dei laboratori sulla comunicazione visiva da tenere a bambini delle scuole elementari. Il progetto è andato così bene che continua ancora oggi.  
 
Tra 11 anni invece dove ti vedi? Realisticamente e nel migliore dei mondi possibili?
 
Passerei oltre a questa domanda. Per scaramanzia preferisco evitare di visualizzare con troppa chiarezza il futuro: temo che porti sfiga, per usare un francesismo. 
 
Continuando a giocare alla macchina del tempo, pensa a te 11 anni prima di cool_schrank. Cosa volevi fare “da grande”? Ci sei riuscito? Se sì o se no, se potessi ricominciare da zero, in quale altra carriera ti vedresti bene?
 
Devo ammettere che sì, ci sono riuscito. Quando ho iniziato a collaborare su cool_schrank stavo cercando di focalizzarmi sul type design, avevo diverse idee e dovevo chiudermi in casa e metterle in pratica.
Il mio obiettivo era cercare di allontanarmi dalla comunicazione commerciale, ambito nel quale avevo lavorato nei precedenti dieci anni. Stavo cercando un altro ambito del design meno prono al marketing e identificai il type come una possibile soluzione. Mi sono chiuso in casa e ho prodotto alcuni caratteri che ho venduto attraverso distributori americani, le entrate non erano sufficienti per sostenermi ma è stato un buon modo per farmi conoscere in giro. 
Attraverso il mio lavoro e grazie a Daniele Zanoni, che frequentava l’UniBz, ho conosciuto docenti e ricercatori dell’università; dopo qualche tempo ho partecipato a un concorso per insegnare tipografia e l’ho vinto. Così ho iniziato a insegnare all’UniBz, dove sono rimasto tre anni. È stata una bella soddisfazione per uno come me, che non aveva mai messo piede all’università in vita sua. Insegnare mi piaceva molto, ma dopo tre anni ho mollato tutto e mi sono trasferito in Inghilterra per frequentare un master di type design (Università di Reading, una sessantina di chilometri a ovest di Londra). Per continuare a insegnare in una università italiana mi serviva una laurea, e così, a 35 anni, son tornato a fare lo studente. Il master di Reading è stata una esperienza davvero importante, molto formativa, tanto che alla fine ho chiesto e ottenuto di iniziare un dottorato di ricerca nella stessa facoltà. Dal 2014 conduco un lavoro di analisi su caratteri tipografici usati a Venezia nel Rinascimento (un tema a me tanto caro ma di cui di rado riesco a parlare con gli amici, chissà perché cambiano repentinamente discorso appena ne accenno). Ironia della sorte, non sono più tornato a insegnare, ma ho intenzione di riprendere a farlo in futuro. 
 
Da cosa o da chi ti fai ispirare nel tuo lavoro?
 
L’ispirazione arriva da tantissime cose: le mie ricerche storiche, l’arte contemporanea, letture casuali (saggi o più raramente romanzi), quel che osservo intorno a me. 
 
Qual è il tuo mantra? In che modo affronti una scelta importante?
 
Ho una discreta collezione di whisky scozzesi la cui funzione non è solo quella del digestivo dopo una cena importante. Qualcuno direbbe che è il mio oracolo, il mio personale I King o libro dei mutamenti. 
 
Come ricarichi le batterie dopo una giornata pesante?
 
Guarda, abbiamo un bimbo di due anni, Giulio, e dopo una giornata pesante ci pensa lui a esaurire gli ultimi residui di energia. Per fortuna è allegro e divertente e ti fai mettere al tappeto con piacere. In realtà quando è davvero necessario ci prendiamo una pausa da tutto e tutti (compreso Giulio) e ci chiudiamo per qualche ora in una sauna della Val Sarentina. 
 
Qual è stata la lezione più bella che hai portato a casa da cool_schrank?
 
Mi piacevano molto il lavoro di gruppo e l’informalità del progetto. Era una creatura piuttosto libera, non c’erano legami con la Provincia o con i finanziatori. 
 
Dà un consiglio spassionato a chi sogna di buttarsi nel mondo.
 
Non mi sento molto bene nei panni di chi dà consigli. Allo stato attuale, sembra che le cose vadano piuttosto bene, ma non capisco quanta sia la dose di fortuna e quanto abbiano influito le mie capacità personali. E poi sono cosciente della precarietà del tutto. Chiunque lavori nell’ambito della comunicazione visiva, conduce in generale una vita precaria. Il futuro è incerto, non mi sento di dare grandi consigli. 
 
Qual è la cosa che non manca mai nel tuo armadio e nel tuo frigorifero?
 
Non sono un grande appassionato di armadi, ma se parliamo di frigoriferi posso disquisire con competenza. Nel mio frigo non mancano mai alcuni elementi che trovo fondamentali per la vita di un essere umano: il guanciale di maiale (per farci la carbonara o l’amatriciana), diverse varietà di formaggi (mi piace tutto, dalla burrata pugliese al normanno camembert), insalata e rucola del mercato dei contadini di piazza Municipio, un barattolo di sarde sott’olio di Chioggia (mi rifornisco da un pusher molto serio) e salse di diverse fatture. Da parecchio tempo nel vano portabottiglie troneggia una salsa agrodolce-piccante comprata in Cambogia. È scaduta da anni e non ricordo l’ultima volta che l’ho consumata, ma ci sono affezionato e rimane lì, almeno fino a quando non comincerà a camminare da sola. 
 
Foto: Riccardo Olocco

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