Food

September 28, 2018

De gustibus Connection #93: Marco Pederiva, Birra del Bosco

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli, padelle e boccali di birra, quella della Birra del Bosco di Marco Pederiva ed Enzo Leonardelli.

Mauro Sp: Bere la birra e fare la birra pare che siano due attività da fare in compagnia…

Marco: Giusto. Dietro ogni Birra del Bosco siamo in due: Enzo, il mastro birraio, ed io, Marco, che mi occupo di marketing e ricette. Con Enzo, subentrato al posto di un precedente socio, condividiamo una grande voglia di fare e, soprattutto, di sperimentare. L’idea è di creare serie limitate di birre che emozionino in maniera sempre nuova.

M: Il vostro motto è “Birra vera, senza compromessi”. Cosa significa?

Marco: Significa impegnarsi ad impiegare materie prime di qualità, come i malti e i luppoli che acquistiamo direttamente da produttori tedeschi. Non lavoriamo a “km 0″, ma a “km giusto”. Ci riforniamo da piccoli – secondo gli standard tedeschi – produttori di luppolo che coltivano, raccolgono, seccano e pellettizzano in autonomia. In questo modo abbiamo un prodotto fresco, a filiera corta e garantita. Vogliamo offrire ai nostri clienti prodotti di qualità e crediamo sia doveroso comunicare loro il motivo delle nostre scelte.

M: Proporre birre artigianali di qualità vi pone, di fatto, in concorrenza col mercato del vino. Quanto lontana è nella gente l’idea che i due prodotti possono confrontarsi alla pari?

Marco: In Italia, terra di vino, la birra è considerata un prodotto di serie b. Nella nostra regione però, ai tempi dell’Impero Austro-Ungarico, di vigneti ce n’erano ben pochi; molto più diffusa era la coltivazioni di cereali e numerosi erano i birrifici. La birra ha una storia più antica di quella del vino; dove c’erano cereali c’era birra: dal Medio Oriente – dove l’alcol oggi non si può più bere – all’Africa e fino all’America Latina. È vero che i produttori di vino hanno saputo vendere molto, a volte anche troppo bene, i loro prodotti, ma non dimentichiamo che, fino ad una quindicina di anni fa, nel mondo del vino girava di tutto e di più e il mercato ha cominciato a selezionare veramente negli ultimi anni. Lo stesso sta accadendo nel mondo della birra, dove sta avvenendo una selezione tra i produttori e una diffusione della cultura birraria. Nelle persone di una certa età, abituate a bere birra industriale, non è semplice far comprendere, ad esempio, il valore di una certa luppolatura, ma ci aiuta il mercato crescente dei trenta-quarantenni, che sono cresciuti con la possibilità di scoprire piccole produzioni artigianali. Credo che il vino rimarrà sempre un prodotto d’élite, ma la birra non verrà battuta nella sua capacità d’aggregare. Anche il vino ha questa capacità? Forse. Ma quale vino? Quello in calice o quello in bicchiere che si serve in osteria? Del mondo vinicolo invidio la lobby, che è stata capace di far esentare dalle accise i vini, mentre la birra rimane l’unica bevanda da pasto che continua a pagarle…

M: Come reagisce il mondo della ristorazione alla crescita di qualità, e ai proporzionati prezzi, della birra?

Marco: Scontiamo ancora uno scoglio psicologico che riguarda il prezzo: venticinque Euro per una bottiglia di vino si pagano senza tanti pensieri, ma quindici Euro per la stessa quantità di birra sembrano una follia. Si possono avanzare motivazioni quali il terroir e le condizioni atmosferiche, come fanno i vignaioli, ma si dovrebbe essere onesti a riconoscere che i produttori di birra devono confrontarsi con un numero di variabili anche maggiore. Mi fa però piacere vedere che, ormai anche nei ristoranti stellati, la birra sia una bevanda richiesta e che la clientela cerchi prodotti di qualità.

M: Pare che l’autunno sia proprio cominciato. Con quale delle Birre del Bosco possiamo brindare all’arrivo di questa suggestiva stagione?

Marco: Direi con una rossa, la nostra FoxTail. Si tratta di una Red Ale ad alta fermentazione, non filtrata e non pastorizzata. Ha note leggermente tostate, equilibrate da un amaro “erbaceo”. È una birra di carattere, che si abbina bene con una grigliata di carne, ma anche con piatti poco speziati o formaggi poco piccanti.

M: E per brindare tutto l’anno?

Marco: La Weissbear, la Hefe-Weizen secondo noi della Birra del Bosco, non pastorizzata e rifermentata in bottiglia. Ha note leggermente floreali al naso e sfumature fruttate. Ha una tenue asprezza in bocca e una componente amara appena accennata. La schiuma, come si confà ad una Weizen, è bella persistente. A qualsiasi ora, in qualsiasi stagione, dopo una sciata, una corsa in bici o a piedi, una Weissbear ci sta sempre bene!

Foto: © Birra del Bosco

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