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August 29, 2018

Ciliegie: parole d’autore con Christoph Pichler

Mauro Sperandio
Parole, immagini, sensazioni si susseguono le une dopo le altre. Artista chiama artista, come ciliegia segue a ciliegia.

Christoph Pichler – autore e conduttore radiofonico, già scrittore – la ciliegia di oggi  non ce la porge, ma la lancia in uno stagno. I cerchi che si formano sull’acqua  si moltiplicano concentrici, abbracciando pensieri e argomenti inattesi. Alla prima domanda, di Jörg Zemmler (in corsivo), segue una lunga risposta di Christoph (sempre in corsivo); quest’ultima diventa stimolo per le mie domande, che la inframmezzano.

La prima domanda te la pone Jörg, che mi ha suggerito di intervistarti:

Qual è il tuo passo preferito di “Roger Federer come esperienza religiosa” di Foster Wallace? Perché?

Facile per Jörg fare questa domanda. Essendo lui un tennista sublime. A quest’ora (11:38 A.M.) riesco facilmente a immaginarlo sul campo da tennis con le scarpe alate di Mercurio, come le GOODYEAR: produttore di pneumatici per la Formula 1, ma non solo, ed anche di scarpe da tennis. Tra i modelli di quest’ultime se ne trova uno chiamato Racing Caballero, nome che collego facilmente a Jörg. Racing Caballero suscita in me immagini di un incontro di tennis, che si presenta come uno spettacolo di luce, colori, movimento. Mi figuro un gioco nobile che si svolge in tutta bellezza su uno sfondo placido: Jörg “mercuria” sul campo, “su ali d’aquila”, passando da essere Jörg a essere il gioco stesso.

Non mi è mai piaciuto il tennis: si gioca sotto il sole; si cerca di innervosire l’avversario con traiettorie insidiose; mi fanno pena i due inginocchiati ai due capi della rete; l’arbitro, fermo seduto su un trespolo, sembra un voyeur. Cosa trovi di affascinante in questo gioco?

Sono d’accordo. Devo confessare che non ho mai visto una partita di tennis in vita mia. Ricordo le facce di Ivan Lendl (stoica) e John McEnroe (collerica), che negli anni Ottanta erano su tutte le riviste. Non ho mai toccato una racchetta. Nel tennis di affascinante ho trovato solo quello che David Foster Wallace (che se ne intendeva) ci ha trovato. In questo senso il suo articolo/saggio per me è stato una rivelazione: il tennis (come tante altre attività) sembra possa confinare in una sfera quasi spirituale. Quello che mi affascina davvero, sono l’intelligenza e la saggezza di David Foster Wallace. Leggere la sua prosa è un vero piacere. Spesso la lettura mi dà la sensazione che tutte le osservazioni che riporta nella sua scrittura (filosofiche, culturali, ma anche quelle piccole, che ti sorprendono) lui le abbia fatte per primo nella lunga storia della letteratura. Le sue pagine sono fresche e allo stesso momento inconfondibili. E poi David è un campione nel maneggiare la sintassi, per esempio sono rimasto euforico quando ho letto: “Particularly in the all-white that Wimbledon enjoys getting away with still requiring, he looks like what he may well (I think) be:..)”.

… Le scarpe GOODYEAR mostrano una piccola scarpa alata, inserita tra GOOD e YEAR, quasi come se il designer avesse voluto dire: “Have a good flying year!” Avrebbero potuto chiamare la scarpa Flying Caballero, ma sarebbe stato troppo ovvio. A proposito: attorno al 1900 la GOODYEAR fabbricava dirigibili e mongolfiere.

Le mongolfiere vanno dove il vento le porta, in questo risiede buona parte del loro fascino. Che rapporto hai con la razionalità e il suo opposto?

Direi che come domanda non è per niente un “peso leggero”. Comunque, questo è quello che penso di aver imparato fino adesso (cioè all’età di 49+ – forse fra qualche anno ci ritroviamo per un aggiornamento): la razionalità può essere un attrezzo utile, ma deve anche essere considerata come una voce in un coro. È una cosa relativa. Quello che per Luigi può sembrare perfettamente razionale – commettere un’ omicidio, per esempio – per Luisa è una cosa inconcepibile. Il contenuto sommato di una mente stabilisce i parametri di quello che una persona definisce come “razionale”. Ciò vuol dire che ad entrare in gioco c’è tutto il sistema etico (se mai esiste in una mente – ci sono anche gli individui completamente amorali). Sono coinvolte le esperienze vissute – amore, violenza, tradimento, stabilità, isolamento ecc. I residui di queste esperienze, conservati nella mente, si manifestano poi come certe tipologie di comportamento. O come tasti dolenti. A rilevare sono le convinzioni di una persona: se Luigi si crede l’uomo più importante sul pianeta, questa sua convinzione si rifletterà sul suo modo di interagire con il mondo.
L’illuminismo ha piazzato la razionalità su un piedistallo. Basta ripercorrere velocemente la storia del ventesimo secolo per capirne le conseguenze. Il filosofo Krishnamurti ha descritto la mente umana come un cristallo. La razionalità ne rappresenta solo una sfaccettatura. Allora, continua K., come possiamo aspettarci che una sola parte sia in grado di controllare la somma? Questo mi è stato confermato dall’esperienza personale: se uno preme il tuo tasto dolente, la razionalità non c’è più. Penso che per ognuno di noi sia importante sapere (e accettare) cosa c’è nella nostra mente, oltre la cosiddetta razionalità.  

…L’azienda GOODYEAR non si trova tra gli sponsor di Roger Federer, tennista d’eccezione (a quanto sembra, io non me ne intendo). Nella lista delle aziende che danno supporto a Federer troviamo invece, accanto a Barilla, Moet & Chandon, Mercedes, Lindt (ma certo …) e Rolex, NetJets, “compagnia impegnata nel business degli aerei privati” (questo secondo il sito www.tennisworlditalia.com). NetJets possiede la più grande flotta di jet privati al mondo, con quasi 700 aerei. L’ultimo CD di Jörg “il deserto” Zemmler si chiama “AirPlay”, by the way… Dare questa informazione mi è sembrato il modo migliore di chiudere questa digressione.
E bisogna dire che le digressioni sembrano essere piaciute un sacco a David Foster Wallace, scrittore americano di fama, scomparso nel 2008. Come Jörg anche DFW da giovane è stato un tennista prodigioso. L’esperienza gli ha reso possibile di scrivere INFINITE JEST, romanzo monolitico che racconta le vicende in un’istituzione chiamata Enfield Tennis Academy. Nonostante il titolo, INFINITE JEST è un libro infinitamente triste e, oltre questo, è strapieno di annotazioni a piè di pagina.

 È solido in te l’interesse per la parola scritta. Di fronte ai momenti difficili della vita sei mai ricorso alla scrittura per esorcizzare i tuoi timori o le tue ansie?

Certo. Per anni ho tenuto un diario. Ho cercato di capire tramite la scrittura che cosa mi turbava, qual era la causa delle mie difficoltà ricorrenti. Ma anche quando ho tentato di “semplicemente” raccontare una storia (nel senso di fiction), spesso qualcosa della mia situazione attuale è trapelato. La scrittura non mi ha mai permesso di mentire. La scrittura è più saggia di me. Per fare un esempio: Ho vissuto a Vienna per tredici anni. Verso la fine di questo periodo stavo proprio malissimo. Nel mezzo di una situazione assai deprimente ho cominciato a scrivere un romanzo. La storia raccontava di un tizio che – dopo anni all’estero – decide di tornare a casa. Nelle sue intenzioni si sarebbe dovuto trattare di una visita breve, di solo un giorno, giusto per vedere come stavano le cose. Però, appena arrivato nella città dove è nato, si rende conto che tutto e tutti lo stanno invitando a restare. Sembra proprio che gli anni di esilio per lui siano finiti. Meno di un’ anno dopo aver delineato questa trama, ho deciso di trasferirmi a Bolzano, cioè di tornare a casa. Alla fine il manoscritto è finito nel cestino: “Il messaggio è stato inviato con successo, grazie.”

…Le annotazioni erano il pallino speciale di DFW. Sembra che per lui funzionassero come piccoli dispositivi per generare le digressioni (oltre a contenere informazioni aggiuntive, osservazioni meticolose, liste, sub-trame e statistiche) che a loro volta erano capaci di dare vita a nuove annotazioni. Questo processo di scrittura goliardica (e allo stesso momento precisa come un laser) possiamo ritrovarlo anche nel saggio “Roger Federer as Religious Experience”. Lo chiamo saggio, anche se DFW lo ha scritto come reportage per il rinomato New York Times. A mio avviso si tratta di un testo letterario che ci regala tutte le meraviglie della prosa wallaciana. Può essere letto interamente (in inglese) nell’archivio online del NY Times. Quell’articolo DFW lo scrisse in occasione della partita finale tra Rafael Nadal e Roger Federer a Wimbledon nel 2006. Registra in tutto 17 annotazioni a piè di pagina. L’annotazione numero 17 finisce con una frase conclusiva (“Look at that”) che secondo me è ancora più conclusiva della frase conclusiva del testo principale. DFW ha nascosto tante gemme nelle sue annotazioni.
Ma perché vedere Roger Federer giocare a tennis assomiglierebbe a un’esperienza religiosa come sostiene il titolo del pezzo?
L’esperienza religiosa può forse essere definita come un momento in cui un nostro sospetto che ci sia una dimensione oltre alla realtà quotidiana si trasforma in una certezza.

Christoph Pichler

Non mi permetto di chiedere nulla del tuo rapporto con la religione. Vorrei sapere però cosa ritieni “sacro”, “inviolabile”, “puro”.

Sono termini difficili quelli. Comportano un bagaglio culturale immenso. Vorrei alleggerire la faccenda parlando semplicemente di rispetto. Mi impegno di rispettare la vita in ogni sua espressione (inclusa quella che si chiama “Christoph”); la dignità fisica e mentale di ogni persona che incontro; la proprietà degli altri; le opinioni e le convinzioni del mio prossimo. Cerco di accettare la vita come si presenta e di coltivare il senso di gratitudine. Tutto questo lo considero una specie di allenamento che durerà (almeno?) finché morirò.

…Chiamiamola un’apertura. Una degustazione. Una liberazione. Un momento in cui non esiste né tempo né ego, ma solo quello che sta succedendo. In “Roger Federer as Religious Experience” DFW parla di “Federer Moments” – momenti nei quali il tennista Federer assume un altro ruolo e diventa un avatar che ci dà accesso a una dimensione metafisica. Come ci riesce Federer? Tratta proprio di questo il seguente passo:
“The metaphysical explanation is that Roger Federer is one of those rare, preternatural athletes who appear to be exempt, at least in part, from certain physical laws. Good analogues here include Michael Jordan, who could not only jump inhumanly high but acutally hang there a beat or two longer than gravity allows, and Muhammad Ali, who really could “float” across the canvas and land two or three jabs in the clock-time required for one. There are probably a half-dozen other examples since 1960. And Federer is of this type – a type that one could call genius, or mutant, or avatar. He is never hurried or off-balance.

L’Avatāra induista è la forma con cui la divinità si manifesta sulla terra. Quali caratteristiche desidereresti trovare nel “tuo dio”?

Ritengo impossibile che un “mio dio” possa esistere. Sarebbero due cose diverse: io e il divino. Ma vedi, a mio avviso facciamo tutti parte del divino. Lo vedo come un processo continuo che include quello che si manifesta e anche il non manifesto (come puro potenziale!). Lo Hannya shingyō (ovvero il sutra del cuore) dice: “ … la forma non è che vuoto, il vuoto non è che forma”. Questo processo secondo me non ha niente a che fare con le divinità personali delle religioni,  che rispecchiano troppo i tratti umani dei loro fedeli. Mi sembra essere un processo impersonale invece, o transpersonale, se preferisci (sono solo parole, e il divino sembra essere tutta esperienza e zero parole). Si manifesta per via di tutto quello che sta succedendo e include tutto – quello che la nostra mente etichetta “bene” e quello che considera “male”. Nessuno di noi è il centro di questo processo (no, nemmeno Silvio Berlusconi), ma tutti ne rappresentiamo una parte, vivendo le nostre vite.

…The approaching ball hangs, for him, a split-second longer than it ought to. His movements are lithe rather than athletic. Like Ali, Jordan, Maradona, and Gretzky, he seems both less and more substantial than the man he faces. Particularly in the all-white that Wimbledon enjoys getting away with still requiring, he looks like what he may well (I think) be: a creature whose body is both flesh and, somehow, light.” (DFW, “Federer as Religious Experience”)
Mi piace come DFW in questo passo cerchi di dare una spiegazione senza però togliere troppo il senso del mistero(“Il senso dell’ingiustizia”, obietterete. “Perché alcune persone sono dotate fino a questo punto, mentre noialtri appena appena riusciamo a campare?” Una domanda legittima. Ovviamente dare una risposta è impossibile). Non solo il passo citato, assieme al resto del saggio, ci porta vicini a capire cosa rende eccezionale Roger Federer, e cosa possa significare “genio” nel campo sportivo, ma il testo tutto rende visibile anche il genio intellettuale e stilistico dello scrittore. Chi mai prima di DFW avrebbe osato di descrivere un tennista in questi termini?
DFW a un certo punto nella sua vita si è sbarazzato della racchetta, mantenendo solo la bandana alla Agassi (stile pirata) come souvenir.

C’è nel tuo abbigliamento un qualche vezzo o elemento caratterizzante?

Vorrei rispondere con un “proema” (sic!) alla Francis Ponge:

L’abito di lino

Lo compro durante un’escursione. Lo costringo a migrare.
A casa lo spacchetto, e lui comincia subito a raccontare la storia del nostro breve viaggio. Dimostrando le prime piegature,  l’abito si presenta come archivio:
- La commessa mi ha piegato, confezionato con cautela, rispettando la mia fragilità. Tu nella borsa mi hai fatto attraversare la città, mi hai posato sulla sedia nel ristorante, nel bar, mi hai adagiato sul ripiano portabagagli del treno. A casa tua poi, finalmente, l’opportunità di sgranchirmi sull’appendino misericordioso.
Così, ogni giorno mi invita alla lettura – ecco la giornata che abbiamo vissuto – mostrandomi le sue maniche sgualcite. Mi vuol far capire il significato della consapevolezza.
Uso il ferro da stiro per restituirlo in pristino.

…Si è trovato una nuova sfida, dedicandosi con tutto il suo cuore alla scrittura. Penso che David rappresenti per la letteratura (americana e oltre) quello che in “Roger Federer as Religious Experience”  egli attribuisce allo svizzero per il mondo del tennis: un mutante; una singolarità; un genio; e – perché no – una benedizione. (…)
– Devo uscire un’attimo. Devo dire a Jörg “Flying Caballero” Zemmler che gli conviene atterrare. Prima che finisca il carburante. (…)
“Vieni giù, Jörg … mangia almeno un cioccolatino Lindt, Jörg!”

Alla cioccolata sono state riconosciute svariate proprietà benefiche; già nota era la sua squisitezza quasi “psicotropa”. Quali cibi o bevande procurano in te grandissimo piacere?

Bevande:
acqua (quanta gratitudine per l’ acqua)
caffè (liscio / macchiato / fatto con la moka)
la cioccolata densa (durante l’inverno)
il succo di sambuco (ideale per l’estate)

Cibi:
la pizza
la pasta
gli gnocchi
carne & patate (in tante variazioni)
il sushi
la frutta fresca (soprattutto: le ciliege!)

Quale artista mi consiglieresti di intervistare?

Michele Giro, bravissimo pianista jazz altoatesino.

Cosa gli chiederesti?

Perchè all’epoca hai deciso di seguire la strada del jazz e non quella della musica classica, come la tua formazione avrebbe indicato?

Foto: ©Christoph Pichler

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