Music

April 12, 2018

Ciliegie: parole d’autore con Manuela Kerer

Mauro Sperandio
Parole, immagini, sensazioni si susseguono le une dopo le altre. Artista chiama artista, come ciliegia segue a ciliegia.

Umorismo e impegno civile, commercio e ispirazione sono alcuni dei temi affrontati in quest’intervista a Manuela Kerer, compositrice brissinese di formazione varia – musica, legge e psicologia -  e talento riconosciuto. Le sue risposte, come le sue composizioni, attingono a suoni e immagini.

La prima domanda è di Margareth Karser, che mi ha suggerito di intervistarti:
Ciao Manuela! Tu che sei nata a Bressanone, hai seguito le discussioni sulla riorganizzazione del giardino della Hofburg che è patrimonio culturale protetto? Se avessi carta bianca, cosa aggiungeresti o toglieresti al giardino com‘è adesso? Di quali giardini ha bisogno il mondo?

Certo che ho seguito e continuo a seguire le discussioni su questo tema! Se potessi decidere come gestire questo giardino, per prima cosa lascerei proliferare le piante che ci sono senza intervenire. Amo i giardini selvaggi! Magari pianterei varietà che non ci sono o non si trovano ancora, come alberi da frutto antichi locali. Lascerei poi fare alla natura, che da sempre ha il suo ordine caratteristico. Devo però dire che comprendo l’attuale ricerca nel creare qualcosa di speciale, anche per attrarre la gente. Non dobbiamo dimenticare che Bressanone, come tutto l’Alto Adige, vive anche di turismo. L’idea di creare un giardino d’arte la trovo buona. Io questo giardino d’arte lo integrerei però nel mio giardino selvaggio. Cercherei di dare vita ad un concetto di lunga prospettiva, con artisti locali e internazionali, in armonia con la natura. Prevederei poi un forum per far partecipare anche i Brissinesi interessati. Cercherei di fare crescere questo giardino d’arte come una pianta, e non di “piantare un albero adulto”. Credo che abbiamo bisogno di giardini e soprattutto di persone che li lascino crescere, con grande rispetto per la natura.

Parlare di musica significa occuparsi di pause e suoni. In questa intervista vorrei però concentrarmi più sullo spazio che sul suono e il tempo. Comincio con il chiederti come si possa definire la “musica contemporanea”, di cui ti occupi, e quali siano i confini di questo genere?

Domanda difficilissima da rispondere a parole. Per questo motivo vorrei risponderti con una mia sigla di 22 secondi. Da questo breve brano si dovrebbe capire molto, ma forse non si capirà niente: questo rispecchia come mi sento io  e mi piace che sia così!
Manuela Kerer

Parafrasando il titolo di un album di Frank Zappa, ti chiedo: c’è posto per l’umorismo nella musica contemporanea?

Assolutamente sì! Anche se forse dipende dalla definizione esatta di “umorismo”. Infatti, con la musica (senza testo) normalmente non si raccontano barzellette. Ma se penso ai quartetti d’archi di Haydn devo immediatamente sorridere, perché sono pieni di umore, fascino e scherzi, al di là di essere pezzi d’arte unici. Inconfondibilmente Haydn ha integrato elementi sereni e ironici per sorprendere o far sorridere il pubblico. Spesso la musica classica è chiamata “seria”, io mi oppongo a questo nome. Credo che l’umorismo sia un aspetto molto importante della nostra vita, che deve essere presente anche nella (mia) musica. Non sempre deve essere così esplicitò, può infatti essere nascosto o trovarsi tra le righe. Spesso l’umorismo non è tanto lontano dalla tragicità e dalla tristezza, usarlo come camminare lungo un crinale. Entrambe le disposizione dell’animo sono riflessi di noi e della nostra società. L’umorismo ti fa ridere, ma allo stesso momento ti invita a pensare. Per tornare alla tua domanda, ti dico che c’è posto per l’umorismo, ma esso non dev’esserci per forza.

Lontano ormai il tempo delle corti e dei mecenati, all’artista del nostro tempo tocca sempre più una certa attenzione per la “commerciabilità” del proprio lavoro. Quanto spazio si è costretti a cedere al compromesso e quanto della propria libertà tocca sacrificare?

Posso parlare solo a titolo personale e dirti che la “commerciabilità” del mio lavoro non mi ha mai interessato, sennò avrei scelto altra musica. Ma non era questione di scelta e non era questa la domanda, anzi. Non ho mai pensato di poter o volere vivere della mia musica, tuttavia mi trovo a vivere e dover vivere delle mie composizioni. È perciò importantissimo che io abbia delle commissioni, visto che ho scelto di non insegnare (cosa che colleghi compositori  fanno). Devo però dire che ho molta fortuna e ho anche troppo lavoro. Fino ad oggi non sono mai dovuta scendere a compromessi. Ho ricevuto delle commissioni in cui mi è capitato di sentirmi dire che non c’erano soldi per un organico diverso o strumenti speciali, che le prove erano poche e quindi non era possibile sperimentare molto con i musicisti oppure che l’argomento del concerto era già stabilito ed io devo cercare di adeguarmi. Non considero questi compromessi, ma vincoli di fattibilità. Certo, ci sono stati organizzatori che mi hanno chiesto di scrivere in modo più “comprensibile” e addirittura chi mi ha chiesto di scrivere nello stile di Stravinsky… ma questi sono casi singoli di gente che non crede nel contemporaneo e vive in un “museo della musica”, che mi hanno fatto rifiutare, anche se poi la commissione la ho avuta lo stesso. Anche nella musica contemporanea si avvertono delle “mode”, ma io sono convinta che si capisca se una compositrice o un compositore scriva in modo autentico/personale/caratteristico per lei/lui. Magari sono ingenua, ma quelli che hanno successo (anche commerciale) a mio avviso sono quasi tutti autentici. Vorrei accennare un altro pensiero: i mecenati di oggi sono le istituzioni pubbliche, che hanno il dovere di sostenere l’arte contemporanea con sovvenzioni. Se però penso al paesaggio politico in Europa con un forte spostamento a destra, naturalmente mi riferisco anche ai risultati delle elezioni in Italia, non sono tanto ottimista.
Manuela Kerer_©Helmut Molling&Philipp Sanitfaller

Attualità, introspezione e Alto Adige: quanto di questi tre argomenti credi sia presente nel tuo lavoro?

Attualità: Mi definirei una compositrice politica. Ho scritto un pezzo che si chiama “Große Koalition” (Grande coalizione o Governo di larghe intese), una parte sottotitolata “Bunga bunga”. Anche se il pezzo non è nuovo, mi sembra più attuale che mai. Vivo nel qui e ora, mi interessa cosa succede nel mondo e alla gente. Quando compongo, queste informazioni non le posso spegnere. Se sono arrabbiata anche la mia musica lo è. Se qualcosa mi rallegra lo si sente nei miei pezzi.
Introspezione: La musica è sempre una cosa intima. Comporre significa far sentire se stessi, aprirsi, mettersi a nudo. In questo senso tutti i miei pezzi sono anche introspezioni.
Alto Adige: Mi piace integrare strumenti o elementi folcloristici, sono cresciuta con la “Volksmusik” e quella autentica è una delle musiche che mi soddisfanno di più. Ma l’Alto Adige per me non è solo tradizione o modernismo, è un paese bellissimo, ma spesso anche contradditorio, tra turismo, paesaggi unici e arte di ieri, oggi e domani.

Quale artista mi suggeriresti di intervistare?

Ti suggerisco Jörg Zemmler.

Cosa gli chiederesti?

Ehi caro Jörg! Ascolta questi due brani: il primo di Perotin e il secondo di Helmut Lachenmann. Cosa ti dicono? Cosa ti ispirano? Pfiati und bis bold!

Foto ©: (1) www.nafezrerhuf.com; (2) Manuela Kerer; (3) Helmut Molling & Philipp Sanitfaller.

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