Culture + Arts > Architecture

March 19, 2018

La terza città: intervista all’architetto
Simona Galateo

Maria Quinz

Aspetto Simona Galateo a metà mattina in un bar poco affollato, non lontano dall’Ordine degli Architetti di Milano, dove lavora. Architetto, curatrice di numerosi libri e mostre, Simona è cresciuta a Bolzano ma si è stabilita a Milano da alcuni anni, trovando nel Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico un terreno fertile per le sue ricerche in progettazione urbana.

14_PhD_Dalston-Garden_2

 Simona, ci racconti la tua storia e il percorso professionale che ti ha portato a Milano?
È un percorso un po’ articolato. Ho vissuto prima a Ferrara, dove mi sono laureata in Architettura, quindi in Inghilterra, per una borsa di studio alla Brighton University, e poi a Bologna per ragioni di cuore. Allora mi occupavo di progettazione, ambito che mi ha sempre appassionato, anche se non ero del tutto soddisfatta. Non era la dimensione professionale esattamente corrispondente ai miei desideri, per quanto non mi fossero ancora del tutto chiari. Ciò mi ha spinto a cercare altro, e pian piano ho capito che volevo fare ricerca. Ho poi vinto un Master al Politecnico di Milano in Progettazione Strategica e Urbana, che mi ha permesso di conoscere Luca Molinari, con cui ho lavorato per circa dieci anni. Diciamo che ho assecondato il bisogno di trovare me stessa nella dimensione del lavoro. 

4_Dalla-Terra-Alla-Luna_1Chi consideri, dal punto di vista architettonico, il tuo maestro o il tuo primo riferimento?
Questa è una bella domanda. Da giovanissima progettista desideravo fortemente lavorare con David Chipperfield. Mi sono candidata al suo studio londinese e ho fatto di tutto per entrarci. La cosa non è andata in porto per una serie di motivi, ma da un certo punto di vista posso dire che sia stato meglio così. Di nuovo in Italia, ho finalmente iniziato la mia attività come ricercatrice. Erano gli inizi degli anni 2000.

8_MAO_3566C’è qualche aspetto della tua terra di origine che ti abbia motivato nella scelta di studiare architettura e nel tuo lavoro di ricerca?
Devo dire che ho scoperto l’architettura altoatesina studiando al di fuori dell’Alto Adige, che già all’epoca iniziava a essere un punto di riferimento culturale per questo campo. Ho scelto di studiare architettura per ragioni che esulavano dal rapporto con il mio territorio e tuttavia grazie ai miei studi ho potuto apprezzare il modo in cui la realtà altoatesina negli anni ha saputo promuoversi, anche dal punto di vista architettonico. Il marketing territoriale ha effetti positivi nel momento in cui è in grado di sensibilizzare l’appartenenza al proprio territorio. Ormai siamo tutti portati all’individualismo, la dimensione più ampia si perde, ma in Alto Adige c’è un’identità culturale di cui vanno fieri sia i cittadini di lingua italiana sia quelli di lingua tedesca. Non mancano del resto numerosi studi di progettazione architettonica estremamente interessanti e innovativi: tra tutti citerei in primis i MoDus Architects di Bressanone.

11_PhD_PopBrixton_2C’è qualcosa che ti manca della tua città?
Bolzano per me è una sorta di isola felice in cui c’è tutto: tranquillità, verde, paesaggi bellissimi.
Personalmente non scio, non sono appassionata di montagna tout court ma trovo che la bellezza delle Dolomiti che la circondano possa equipararsi a quella di una cattedrale. Ci sono poi altri aspetti che mi mancano: per esempio quella tradizione radicata più “sudtirolese” che sta nel cibo, nella cultura artigianale, nelle sagre, nei riti popolari… Mi manca poi una  peculiarità che forse è andata perdendosi negli ultimi anni: il respiro mitteleuropeo, in una scala civica ridotta. C’è poi il vantaggio della dimensione cittadina ridotta: a Bolzano in cinque minuti puoi fare qualsiasi cosa, andare al museo, fare sport, vedere gli amici, rilassarti nel verde, lavorare. É una condizione particolare e preziosa, che a Milano si ritrova forse solo all’interno dei quartieri.

17_Sempering_2Attualmente, a cosa stai lavorando?
All’Ordine degli architetti mi occupo attualmente di progetti editoriali e seguo gli Itinerari di Architettura milanese: una serie di visite guidate alla scoperta della Milano moderna. Ho poi appena discusso la mia tesi di Dottorato, dal titolo: La terza città. Diritto alla città. Strategie di rigenerazione urbana attraverso progetti autonomi e culturali. Studiando Milano e Londra, ho analizzato casi di realtà urbane emergenti in cui le trasformazioni nascono per iniziativa spontanea dei cittadini. Sono progetti generati dalla collaborazione con la pubblica amministrazione o con enti locali, quindi non fenomeni “anarchici”, come le occupazioni. Si tratta di progetti che costruiscono pezzi di città con processi ed esiti molto diversi da quanto visto finora: luoghi di insediamento, attività e forme di aggregazione estremamente connessi con il territorio, perché voluti da chi lo abita. Suoli vuoti e abbandonati utilizzati come giardini condivisi, per esempio. Ma anche modelli residenziali costruiti all’interno di edifici già esistenti, dove si sperimentano funzioni, professionalità e contesti di lavoro nuovi,  spesso con un uso temporaneo del territorio e un’anima culturale come comune denominatore. Questa è la terza città: un’entità dei cittadini posta tra la città pubblica e quella privata.

19_Sempering_4Ci descrivi casa tua?  
È un semplice bilocale con cucina abitabile: la cucina è per me il centro della casa. Mi piace moltissimo cucinare e organizzare cene con gli amici. Adoro i piatti altoatesini e li preparo volentieri. La casa è forse un po’ minimal. I quadri non sono appesi, ma appoggiati sui mobili o per terra. Le pareti sono bianche, gli arredi essenziali. Chi viene a trovarmi a volte dice di trovarla vuota… In effetti un po’ lo è, anche perché nel corso della vita ho fatto almeno trenta traslochi e ho quindi sempre preferito circondarmi di poche cose, leggere e trasportabili.

Anche adesso mi sento pronta a spostarmi di nuovo, e quando verrà il momento avrò bisogno di molta leggerezza.Foto_3Crediti foto

Tesi di dottorato, pratiche raccolte, Dalston Eastern Curve Garden, Londra, 2016. Foto di Simona Galateo

Italia2050, a cura di Luca Molinari e Simona Galateo, in AILATI Riflessi dal Futuro, Padiglione Italia, XII Biennale di Architettura di Venezia, curatore Luca Molinari. Foto di Giorgio De Vecchi

Dalla Terra alla Luna. Architetture e paesaggi immaginari su carta, a cura di Simona Galateo e Emilia Giorgi, Studio Stefania Miscetti, Roma, maggio-settembre 2014. Foto di Davide Leonardi

Architecture as a piece of nature, a cura di Luca Molinari e Simona Galateo con Naomi Shibata, Ai Kitazawa, spaziofmgperlarchitettura, Milano, aprile-maggio 2011. Foto di Mauro Consilvio 

Tesi di dottorato, pratiche raccolte, Pop Brixton, Londra, 2016, Foto di Simona Galateo

Sempering. Process and pattern in architecture and design, a cura di Luisa Collina e Cino Zucchi, coordinamento scientifico di Valentina Auricchio e Simona Galateo, XXI Triennale di Milano, marzo – settembre 2016. Foto 16 di Cino Zucchi, foto 17,18, 19, 19b di Mattia Balsamini

Ritratto di Paolo Valentini

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.