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March 10, 2018

Tra set internazionali e precariato: intervista alla sceneggiatrice Francesca Bertoni

Maria Quinz

Da sempre, Francesca Bertoni ha avuto con sé una valigia pronta per lasciare Bolzano e andare lontano, facendo del viaggio una dimensione costante della sua vita.

Francesca è sceneggiatrice, aiuto regista, consulente per la televisione e ora autrice del libro La prossima volta rinasco papera (Edizioni BookaBook). Ha studiato in Australia, a New York e Los Angeles dove ha frequentato la New York Film Academy e per anni ha lavorato instancabilmente in set internazionali in giro per il mondo. Si è catapultata allegramente qua e là, dalla Scozia all’Italia, dagli States alle cime dolomitiche a più di 3000 metri d’altezza, in condizioni critiche. Ora si è fermata un po’ più a lungo in Alto Adige per scrivere il suo libro, dove ci racconta le disavventure di una giovane precaria nel mondo del cinema, realtà che Francesca conosce così bene.

Il romanzo La prossima volta rinasco papera verrà presentato il 15 marzo alle ore 18, presso la Libreria Ubik, di Via Grappoli 7, a Bolzano.

IMG_7211Francesca, come hai deciso di avvicinarti al mondo del cinema?
É una domanda semplice a cui, paradossalmente, non trovo facile rispondere. Sinceramente non ricordo un evento, una situazione o un incontro particolare che mi abbia spinto verso il mondo del cinema. Questa passione è per me un qualcosa di viscerale e quindi inspiegabile. La definirei una sorta di fascinazione congenita verso il “racconto per immagini”: qualcosa di insito nel mio DNA e che mi ha motivato a fare tutte le scelte che ho fatto, come naturale conseguenza di questa “vocazione”.

Hai lavorato in set cinematografici e televisivi di prestigio internazionale, con professionisti di chiara fama. Chi reputi tra loro un tuo maestro, dal punto di vista professionale e di vita?
Devo qualcosa a tutti i professionisti con cui ho lavorato. Ma naturalmente ho una “top five” di persone che ritengo fondamentali nell’evoluzione della mia carriera cinematografica e non solo. Gli attori Terence Hill e Jeremy Irons, per umanità e rispetto verso ogni membro della crew, nonostante il successo di decenni di carriera alle spalle. Marco Bellocchio, grande maestro di regia, formidabile nel rapporto con gli attori. Lo sceneggiatore Barry Morrow, premio Oscar alla sceneggiatura per “Rain Man”, con cui ho uno scambio professionale, sempre prodigo di consigli e capace di elogiare i miei progetti di scrittura in inglese. Infine il regista Giuseppe Tornatore, per il coinvolgimento e la cura a 360 gradi ad ogni aspetto dei suoi film, quasi lavorasse ogni volta alla sua opera prima.

_MG_0516Se potessi scegliere, con chi altro ti piacerebbe lavorare?
Credo che vorrei lavorare con donne sceneggiatrici o registe. Mi sono resa conto che è un’esperienza che ancora mi manca. Purtroppo nel settore noi donne siamo tutt’oggi una ristretta minoranza anche se, naturalmente, esistono moltissime professioniste che hanno ottenuto un ruolo di prestigio nel mondo, grazie a talento e tenacia. Lavorando su due fronti, cito le sceneggiatrici Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy), Meredith Stiehm (Cold case) e Susannah Grant (La quinta onda) negli USA, Ludovica Rampoldi (Gomorra) per l’Italia. Collaborare con loro sarebbe fantastico, sia dal punto di vista professionale che come lezione di vita.

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Nella tua ultima fatica di scrittrice racconti le disavventure di una giovane donna alla ricerca del lavoro dei sogni e costretta a scontrarsi con la dura realtà del precariato. Come nasce l’idea del libro?
Nasce nel modo più logico possibile: dalla mia personale esperienza di precaria che ha scelto di lavorare nell’ambito dello spettacolo: uno degli ambienti lavorativi più incerti e difficili al giorno d’oggi, in tempi in cui è arduo affermarsi in qualsiasi settore professionale. A questo fulcro ho aggiunto le vicissitudini di amici e conoscenti e infine una parte più creativa e romanzata. È un libro con una grossa dose di verità e quindi anche qualche tratto di amarezza; nonostante ciò, ho cercato di raccontare una storia estremamente vitale, attraverso il filtro di uno sguardo profondamente (auto)ironico. 
Sono da sempre una fan dello scrittore Daniel Pennac, soprattutto nel momento in cui afferma che il saper ridere di sé, ci fregia di una sorta di straordinario superpotere. Con questo libro spero di esserci riuscita.

IMG_6046-1Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono lavorare nel cinema o per la televisione?
Consiglierei loro di studiare, imparare almeno un’altra lingua fluentemente, viaggiare e fare esperienze di lavoro all’estero. C’è bisogno soprattutto di tanta umiltà e gavetta. Purtroppo al giorno d’oggi bastano dei like su un video amatoriale postato su YouTube per raggiungere la notorietà e così si pensa di essere già arrivati: ma quelli sono solo quindici minuti di fama passeggera che prima o poi tutti dimenticheranno. Meglio piuttosto rimboccarsi le maniche e collezionare esperienze sui set.

Hai progetti particolari in cantiere o per il futuro?
Sto lavorando a due sceneggiature: una in inglese, con il tutoring di Barry Morrow, l’altra in italiano, una commedia che vuole essere nella mia idea, piena di vita e brio, ambientata all’interno di un cimitero! Qualcuno mi ha chiesto anche se io abbia già in cantiere il sequel del libro. In un certo senso sì, solo che si tratterà questa volta, del concept per una serie televisiva… Spero avremo modo di parlarne in futuro, in una prossima puntata!

 

Crediti foto:
foto 1: Set “Everest” di Baltasar Kormàkur, 2014, foto Francesca Bertoni
foto 2: Set “Smitten!” di Barry Morrow, 2015,  foto Francesca Bertoni
foto 3: Set “La corrispondenza” di Giuseppe Tornatore, 2015, foto di Livio Bordone
foto 4: Il libro “La prossima volta rinasco papera”
foto 5: ritratto di Gabriele Gnicchi

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