Music

February 14, 2018

Helga Plankensteiner & Michael Lösch:
tra Plankton ed espressione

Mauro Sperandio
Venerdì 16 febbraio, al Laurin Bar di Bolzano la presentazione ufficiale del nuovo album "Lieder/Songs".

L’occasione per incontrare Helga Plankensteiner Michael Lösch me la dà l’uscita di LIEDER/SONGS, nuovo album realizzato dalla formazione guidata dalla saxofonista altoatesina e pubblicato dall’etichetta tedesca jazzwerkstatt. Se l’ascolto della loro musica è un piacere noto, altrettanto gradevole è sentirli parlare del loro lavoro: l’entusiasmo, la profondità e l’allegria che esternano rafforza la convinzione che la loro musica sia franca e priva di pose, immune dunque da quelle diffuse malattie di cui soffre una certa parte della scena artistica contemporanea.

Qual è il momento giusto per pubblicare un nuovo album?

H: Non saprei esattamente, i dischi vengono quando vengono, come la musica. Arriva un momento in cui un’idea si forma in maniera compiuta e decidi di fermarla in un’incisione.

Come è nato LIEDER/SONGS?

I brani sono arrangiamenti in chiave jazz di sette lieder per piano e voce tratti dal Winterreise di Schubert, con l’aggiunta di due brani inediti. L’idea è nata quando, alcuni anni fa, l’attore Dietmar Gamper ci invitò ad arrangiare i brani di Schubert per accompagnarlo mentre recitava i testi. Presentammo questo lavoro, con un po’ di follia, suonando all’aperto sul monte San Vigilio, a 1.800 m di altitudine. In quel periodo, era il 2015, stavo scrivendo della musica in vista di una sessione di registrazione ormai già prenotata. Visto il risultato del lavoro su Schubert, decisi che quella era la musica che sarebbe entrata nel disco.

helga plankensteiner

Da arrangiatore, quali sono i rischi e le difficoltà da fronteggiare avvicinandosi ad un autore classico?

Non ho trovato grandi difficoltà, perché mi sono confrontato con una partitura estremamente ricca di idee, che ti permette di prendere quel che più ti piace e si adatta a molti stili diversi: un brano diventa un rag-time, un altro uno swing veloce oppure un klezmer…

Oltre a suonare assieme, siete anche marito e moglie. Fermo il fatto che siate due professionisti, mi domando come la vostra intesa si comporti quando vi trovate a suonare – e quindi comunicare – con altre persone.

H: Michael ed io condividiamo numerosi progetti e musicalmente ci troviamo d’accordo quasi sempre, non ci sono dunque problemi tra di noi. È vero che suonando in formazione con altre persone potrebbe esserci qualche rischio, ma io lavoro solo con persone con cui mi trovo a mio agio, simpatiche e che mi permettono di esprimermi liberamente. La formazione dei Plankton, ad esempio, è composta da due veronesi, due tedeschi e noi altoatesini. Nonostante le distanze geografiche siano difficili da gestire, si pensi solo ad organizzare le prove, il progetto funziona perché c’è un’intesa umana forte.

La musica jazz è costituzionalmente contaminazione di generi musicali diversi, ma si confronta con identità, quelle dei singoli musicisti, che sono sostanzialmente definite. Credete che in qualche modo la vostra musica suoni in qualche modo sudtirolese?

H: Non ho mai pensato e cercato di fare musica tirolese, anche se ho avuto esperienze “tipiche” come il suonare in una banda e cantare in coro. Conosco però alcuni musicisti, come Florian Bramböck, che si dedicano allo studio della musica tradizionale tirolese e che quando suonano jazz dimostrano questa influenza.

M: Credo che, per quanto diversa possa essere la musica che suoni, la tua personalità venga sempre fuori e perciò anche le tue radici.

H: Michael, credi che quando suono si senta la mia origine?

M: È difficile da spiegare, ma credo di sì. Forse è qualcosa a cui non si può scappare… (ride n.d.r.)
plankton lieder/songs

 Tra le varie tradizioni musicali, da quale ti senti maggiormente attratto?

M: Mi piace la musica balcanica e klezmer, anche per l’uso delle scale arabeggianti. È interessante come, utilizzando scale minori, riescano a fare musica allegra. Nel mondo tirolese si usa prevalentemente il modo maggiore, con esiti spesso ugualmente tristi… Mi interessa poi molto la musica contemporanea di tutto il mondo.

Suoni uno strumento a fiato, hai esperienza di cantante e nel comunicare con le altre persone utilizzi parole e voce. Che ruolo gioca il tuo strumento nella tua espressione?

H: Ho cominciato come cantante, ma ho smesso perché portava via troppo tempo al suonare. Il mio primo strumento è il clarinetto, che ha un’estensione simile a quella della voce umana, ma suono prevalentemente il sax baritono che con il suo registro più basso mi costringe a pensare alle note in modo meno diretto. Questo mi offre però la possibilità di “nascondermi” e preservare la mia intimità come desidero.

Ai personaggi che descrive, lo scrittore può attribuire caratteristiche che gli sono proprie oppure pensieri e azioni che non avrebbe il coraggio di esprimere o attuare. Questo succede anche ai compositori?

H: Sentire gli altri suonare ciò che ho scritto mi dà grande soddisfazione, perchè mi regala la sorpresa di un’interpetazione diversa da quella che potrei eseguire io e mi offre un punto di vista diverso su ciò che io ho pensato.  

Foto: Helga Plankensteiner & Plankton, Lieder/Songs, © jazzwerkstatt, 2018

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