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May 22, 2017

Benjamin Tomasi: intuizione e riflessione

Mauro Sperandio
Venerdì 26 maggio, alle 20.30, in occasione di LanaLive, la jurta del Forest Chalet Felizitas a San Felice, si animerà delle riflessioni di Benjamin Tomasi sul confine tra Trentino e Alto Adige.

Benjamin Tomasi, artista del suono, bolzanino di nascita e viennese d’adozione, è resident artist dell’edizione 2017 di LanaLive. Durante la sua permanenza al Residence Felizitas, lungo il confine lingusitico e culturale tra Trentino ed Alto Adige, Benjamin indagherà sul senso e le sensazioni che questa linea suggeriscono. L’occasione è buona per incontrarlo…

Immagine e suono sono componenti fondamentali della tua opera. Come nascono i tuoi lavori? Esiste una primazia dell’idea musicale su quella visiva o anche il contrario?

I miei lavori sono sempre un prodotto di un primo impulso molto intuitivo e di un successivo esame della materia e delle manifestazioni estetiche. All’inizio c’è sempre una sensazione, un’intuizione. Che si tratti di un idea musicale/sonora, di un’idea scultorea/visiva o di una sensazione, non è per me così importante. Cerco di evitare di affezionarmi troppo ad un uno specifico mezzo, perché mi piace tenere i piedi in due staffe. Tuttavia, quando ho a che fare per un lungo periodo con idee musicali/sonore l’elemento visivo cade in
secondo piano e viceversa. Questo crea una sorta di auto-focus, che ogni tanto devo rimettere su “manual”, oppure mi impone di cambiare, per evitare la sensazione di restringermi.

Benjamin Tomasi_Novacella_2015_Fune1

Le tue opere utilizzano svariati media e strumenti elettrici ed elettronici, piazzandosi decisamente nell’epoca in cui viviamo. Cosa apporta o aggiunge l’intervento del pubblico al funzionamento delle tue opere/installazioni?

I media elettronici mi interessano in un senso poetico. Mi respinge invece la tecnologia puramente funzionale, che considero troppo unidimensionale. L’errore, il glitch, quello che non capisco e la trasformazione da un medium a un altro, la casualità provocano spesso il mio interesse. Ritengo che l’opera d’arte ideale scompaia nel momento della contemplazione e diventi cibo per il pensiero o una sensazione o un’idea per il pubblico. Naturalmente, non tutti i lavori raggiungono questo obiettivo ideale, ma solo pochi. In realtà non lavoro spesso e nemmeno particolarmente volentieri utilizzando la partecipazione del pubblico. Ma se accade, di solito, la uso per portare un elemento incontrollabile nel processo o nel lavoro, per aprire dunque un nuovo livello inaspettato.

I titoli dei tuoi lavori giocano sull’uso di simboli e parole. Che rapporto hai con la parola, scritta o detta?

Mi piace giocare con le parole e con il loro significato. Spesso mi dimentico come si chiamano le cose e mi capita di annotarle utilizzando costruzioni di parole assurde (in tedesco funziona piuttosto bene). I simboli forniscono un secondo livello alle cose. Questo mi aiuta a non imporre prospettive attraverso la scelta di un titolo, mantenendo il lavoro vivo e ambivalente.

Benjamin Tomasi_Novacella_2015

Cosa cerchi nella collaborazione con altri artisti?

La sfida, lasciando mia zona di comfort. L’improvvisazione non mirata. Un bel momento insieme.

I confini, si sa, non sono solo quelli materiali. Nella vita di tutti i giorni, qual è la frontiera che trovi più difficile attraversare?

Le pretese nei confronti di me stesso.

Quale barriera – per interesse personale, istinto di autoconservazione, carattere – credi sia giusto per te mantere?

Credo sia importante mantenere il confine tra privato e pubblico, o meglio, essere in grado di determinarlo a tutti i livelli. Cosa che oggi suona molto utopica. Purtroppo.

Foto: © Benjamin Tomasi

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