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February 17, 2017

Rezza + Mastrella: di Fratto X, vita e arte

Mauro Sperandio
Sabato 18 febbraio, alle ore 20:30, il Teatro Stabile di Bolzano ospita "Fratto X", performance artistica, non spettacolo, del duo Rezza Mastrella, con la partecipazione di Ivan Bellavista.

Antonio Rezza e Flavia Mastrella, ma si potrebbe dire il RezzaMastrella, come si trattasse di una creatura mitologica metà Rezza e metà Mastrella, non necessitano presentazioni.
La capacità di Flavia di creare habitat – così il duo li chiama – e le performance che vedono Antonio cambiare forma e colore, tanto da non essere più nè il suo nome e neppure il suo cognome, non meritano di subire il castigo di una presentazione.
Le loro stesse performance non si possono e non si dovrebbero raccontare.
Tuttavia, prima che gli artisti si facciano sipario dello Stabile di Bolzano e, come un sipario che copre la loro stessa opera si levino per svelarla, chiedo loro:

I vostri spettacoli sono ritratti, più che racconti, e per questo sono impossibili da raccontare e difficili da descrivere: volete provarci voi, dicendomi a cosa questo spettacolo può assomigliare?

Rezza: È qualcosa di psichedelico, che assomiglia alla metafisica. Non uso il termine “surreale”, visto che con ‘sto surreale hanno veramente rotto i coglioni, perché c’è l’abitudine a definere così tutto ciò che non assomiglia a niente. Fratto X assomiglia alla depravazione, ai riti satanici e sciamanici, al riso che fa smottare: dalla sua poltrona, lo spettatore vede un sorriso diabolico. Ciò che facciamo è molto perverso, anche se assolutamente lucido, perchè solo con la lucidità si contrasta la tirrania di qualsiasi forma di potere.

Mastrella: Assomiglia ad un momento di gioco collettivo, allo stupore, alla sorpresa. Noi non vogliamo dare risultati, ma solo imput per vivere l’emozione del momento.

In varie occasioni avete ripetuto che voi non siete importanti, ma è la vostra arte ad essere importante. Come riuscite a distanziarvi dalla vostra opera?

Rezza: Noi non separiamo praticamente niente, perchè siamo molto meno virtuosi di quello che facciamo. La storia e la letteratura ci mostrano come qualsiasi opera d’arte, che possa definirsi tale, sia irripetibile, superiore e più interessante di chi l’ha creata. Essa non è legata al contingente e si regge in piedi da sè. L’opera d’arte non si sveglia alla mattina, non mangia, non va al bagno, non ha bisogno di quanto serve a noi per sopravvivere e quindi, se è di alto livello, ci è sempre superiore. Se così non è, l’opera zoppica e l’autore la deve sempre accompagnare.

rezza mastrella

Come artisti, vi sentite pienamente liberi? Cosa limità la vostra libertà e cosa la rende difficile?

Rezza: I soldi dello stato minano la libertà dell’artista. Chi si fa pagare dallo stato limità la propria libertà. Non riconosco valore agli artisti che detengono il potere, perché non possono più essere tali. Mi spiace essere così assoluto, ma ci tengo a dirlo. L’insicurezza, l’assenza di sfrontatezza, la scarsa fiducia nella propria onestà intellettuale, per usare un termine orribile ma di immediata comprensione, ostacolano la libertà.

Mastrella: Io mi sento libera, però questa libertà me la devo conquistare ogni momento e per questo non è che sia mai rilassatissima. Ad ogni libertà conquistata, ne cerchi subito un’altra e questo richiede fatica ed impegno. A livello espressivo ho sempre cercato di rendermi più libera possibile, lottando anche contro la mia stessa cultura e rompendo più di qualche pregiudizio nel momento in cui mi sono trovata a fare qualcosa di nuovo.

Cosa vi stupisce – tanto in negativo, quanto in positivo – nella vita di tutti i giorni?

Rezza: Sono tante le cose che mi stupiscono e che trovo veramente inspiegabili, come vedere delle persone che affollano una piazza dove parla un politico: ciò mi stupisce ed indigna. Un politico non ha niente di performativo e si limita, attraverso il patto che fa con l’elettore, a promettere un miglioramento dell’esistenza attraverso l’elemosina. Mi stupisce che la gente prenda parte a queste adunate anche in assenza di emozione e mi indigna pensare che ci sia gente che si possa emozionare quando qualcuno gli offre trenta Euro in più al mese. Mi stupisce ed indigna anche la deriva che stanno prendendo le nuove generazioni attraverso i talent show, che sono uno strumento di deportazione contemporaneo. Quando ho iniziato io, i giovani si associavano per occupare spazi in cui dipingere e scolpire, mentre ora non vedo nulla di simile: questo mi indigna e mi sorprende.
In positivo, mi entusiasma chi lavora per sé, perché è necessario essere prima di se stessi per poter essere degli altri. Ogni forma di arte superiore nasce per sodddisfare l’esigenza di chi la realizza, non di chi la vede. Mi entusiasmano un’idea nuova e la libertà dei pensieri. Ultimamente mi ha entusiasmato New York, per il bombardamento percettivo a cui ti sottopone.

Mastrella: Provo stupore molto spesso, altimenti non potrei fare qualcosa per cambiare quello che vedo e non mi piace. A stupire possono essere le cose belle e quelle brutte, ma sono quest’ultime ad essere tanto più interessanti quanto sono più brutte. La bruttezza invita a rappresentarla, a sviscerarla e prenderla in giro.
In positivo, andare a teatro è sempre un evento eccezionale, che mi avvince con la magia del luogo e l’impegno che richiede il lavorare per la finzione, che nella sua rappresentazione offre una dimensione sempre più leggera di quella reale.

Cosa, nel tempo, ha smesso di stupirti?

Mastrella: Sono spesso delusa dal vedere come non ci sia contatto tra la gente di cultura, che, al posto di vivere come una comunità, si divide per stupide rivalità, rendendo impotente il singolo. Questo non finisce mai di spiacermi, cioè di stupirmi in negativo.

rezza mastrella

Le tue performance palpitano di tutta la tavolozza degli umani sentimenti. Che rapporto hai con la violenza e con la mitezza?

Rezza: Riesco ad essere tutte e due le cose, sono anche molto mite e molto dolce nei confronti delle cose che suscitano in me dolcezza e potrei essere dolce fino alla commozione. La mia violenza, per fortuna, l’ho incanalata in quello che faccio, altrimenti sarei già in galera. Elias Canetti, in “Potere e sopravvivenza”, scrive che il potere sta nel sopravvivere a chi muore. Io vorrei vedere morte le persone giuste e se non avessi fatto questo lavoro, probabilmente avrei fatto lo sterminatore. Le persone dannose, che non permettono la libera circolazione del genio e del talento, che crea economia e crea libertà di pensiero, non dovrebbero esistere. Le persone giuste dovrebbero sparire.

Le tue parole non compiacciono mai e alla diplomazia preferisci la schiettezza: come tratti te stesso?

Rezza: Ormai non riusciamo più ad essere indulgenti con noi stessi, perché abbiamo capito che potremmo fregarci da soli. Siamo abbastanza severi anche nei nostri confronti, anche perché l’esperienza – solitamente consideratà come virtù, in quanto permette di arrivare prima a delle soluzioni – è corruttrice, perché può portare alla maniera. L’organizzazione dei nostri tempi produttivi è tesa proprio ad avere il controllo sul nostro lavoro, in modo da togliere all’opera la paternità dell’autore, aspetto questo che richiede molto tempo.

rezza mastrella

Nelle tue performance è spesso presente l’elemento religioso. Non mi interessa la tua eventuale religiosità, ma piuttosto ciò che ritieni sacro e meritevole di essere dissacrato…

Dio, mi dispiace dirlo, per me non può esistere. Una mente completamente lucida non può credere che esista qualcosa di soprannaturale, perché significherebbe sopravvalutarsi: non siamo nulla per meritarci qualcuno che ci protegga il culo. Chi crede deve pregare intensamente affinchè Dio non esista, perché se esiste saranno guai per chi ci ha creduto in questo modo. Sai cosa ti dico? Per vedere questa giustizia e la conseguente mattanza, quasi quasi, divento credente… Personalmente ritengo religiosa qualsiasi pratica artistica legata alla messa in discussione di se stessi. Credo che si possa essere molto religiosi anche non credendo, facendo di quello che si fa una questione di urgenza, d’importanza impellente, d’ossessione.

Le vostre performance fanno ridere e offrono spunti di riflessione. Funzionerebbe anche con le lacrime?

Mastrella: No, perché di lacrime ce ne sono già tantissime. La lacrima è l’estetica della dittatura, come la paura e il sospetto dell’altro. L’estetica della libertà è il riso, che rimuove le modalità critiche e non è mai sterile. Neanche il pianto è sterile, ma il riso mette in moto una parte del cervello diversa e più ottimista.

FrattoX_foto Giulio Mazzi601__MG_6465

Uno spettacolo teatrale ripreso da una telecamera e riproposto in video non rende altrettanto bene. È lo stesso anche con le performance artistiche?

Potrà funzionare tra tanto tempo, quando non ci saranno più i corpi. Una ripresa video sarebbe ora riduttiva, perché è così bello percepire a distanza ravvicinata Antonio ed Ivan che si muovono. Il video non potrebbe rendere tanto bene quanto la presenza a teatro.

In che cosa, invece, fare cinema ti appaga maggiormente?

(La voce si tinge dell’entusiasmo della bimba che scarta un magnifico regalo n.d.r.) Il cinema è un argomentare più completo, anche se il tipo di performance che portiamo a teatro ha una stuttura sostanziosa, essendo arricchita da tanti elementi. Del cinema mi piace la parte più rigorosa e ferrea, quella dell’organizzazione strutturale della fantasia.
I film hanno la capacità di interrompere lo scorrere del tempo, congelandolo al momento della realizzazione. Questo è un aspetto interessante, perché ha a che fare con il concetto di immortalità, che è una brama senza tempo, appunto.

Foto: 1,4,5: Giulio Mazzi; 2 Rezza Mastrella, 3 Stefania Saltarelli.

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