Food

September 30, 2016

De gustibus Connection #54: Norbert Kostner, executive chef del Mandarin Oriental di Bangkok

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. Poche parole per oggi, godetevi la saggezza di Norbert Kostner.

 Quello di oggi non è solo uno chef, ma un supereroe della cucina. Un uomo in grado di dirigere le cucine dei nove ristoranti del Mandarin Oriental di Bangkok, facendo “suonare” come si deve una grande orchestra di 140 cuochi. Un cuoco più che apprezzato, amato e noto in tutto il mondo.

Sono rimasto colpito dalla disponibilità dell’uomo e dalla saggezza delle sue parole. L’umiltà di Norbert Kostner e la sua infinita carriera dovrebbero essere d’esempio per tanti aspiranti chef e chef che si credono divinità.

Nato a Ortisei, in Ladinia. Formato in Alto Adige e in Svizzera. Da 50 anni in Tailandia. Ma sulla sua carta di identità di cuoco, lei che nazionalità si sentirebbe di dichiarare?

Ah! È difficile rispondere. Ma se mi chiede qual è la cucina che preferisco, le rispondo che a me piacciono tutte le cucine semplici fatte per bene. La cucina italiana è sicuramente una delle grandi cucine, per due ragioni specifiche: è molto semplice e molto saporita. Alla fine del giorno, quando noi parliamo di persone, diciamo “che bella donna, che bell’uomo!”, ma quando si parla di cibo, diciamo “che buono”. La cosa che conta davvero, in cucina, è la bontà di ciò che si prepara.
Ad un nonvedente che si trova a tavola, davanti ad un piatto di spaghetti al pomodoro, non importa quanto sia bello il piatto, ma quanto è buono. Questo dovrebbe valere per tutti.
Alla fine del giorno, è il prodotto quello che deve parlare. I cuochi non sono i maestri, ma i servi della natura. Dobbiamo avere rispetto per gli ingredienti e per le persone.

Cosa rende una cucina una “grande cucina”?

L’eleganza, che risiede nella semplicità: nel vestirsi, nel parlare, nella poesia, nella musica, nel ballo, nella pittura e anche nel mangiare. Cucinare è una grandissima arte.

Lei è in cucina da più di cinquant’anni, come è cambiato il suo settore?

Le tecniche di cucina si sono evolute molto, però si è un po’ perso di vista l’etimo, il tipico. Se fai della cucina italiana un po’ alla francese, sarà anche buona, ma non è più la vera cucina italiana, e lo stesso vale per il contrario.
I grandi piatti sono nati dalla necessità, più che da un’intenzione da gourmand. Mia madre mi diceva: “Figlio mio, per voi cucinare e molto più semplice di quanto lo fossse un tempo, al supermercato trovate tutti gli ingredienti già pronti”. Le donne con tanti figli da sfamare e la dispensa quasi vuota, ci hanno dato grandissimi esempi di inventiva.
Se penso ai tanti stili di cucina, fino alla cucina molecolare… Preparare una buona trippa, una buona coda di bue oppure un buon ragù per la pasta è già cucinare. Prendere un po’ di acqua, della polvere e fare delle schiume non è cucinare. La cucina molecolare può anche essere interessante, e in un pranzo di cinque portate può anche starcene uno, ma noi abbiamo i denti ed è giusto che a tavola troviamo qualcosa da masticare, mica solo schiume, sfere e purè. Anche i bambini voglio cibi saporiti e con una consistenza; banane e patate schiacciate li stufano presto.

Alimentarsi, non solo mangiare dunque…

Mangiare alimenti sani, quando si ha fame e masticare bene: questi dovrebbero essere i criteri per alimentarsi, senza il bisogno di passare da una dieta all’altra. Un tempo, dopo il pasto, si andava a spaccare la legna, a sciare, mica sul divano, stremati, a digerire. Troppo cibo, di cattiva qualità o combinato male non può che nuocere. Credo che il futuro della cucina sarà proporre cibi sani, che nutrano e non sfamino solamente. Il nostro corpo è una macchina fantastica, che richiede attenzioni.
Mangiare e bere con parsimonia,  evitare di arrabbiarsi, controllare le proprie emozioni, vivere con consapevolezza sono i fattori necessari per stare bene. Se vuoi controllare il mondo, devi partire da te stesso. Allo stesso modo, essere felici di quello che si ha è altrettanto fondamentale per non vivere nell’insoddisifazione perpetua.
In cucina, questo si applica con il “fallo semplice, fallo buono”.  L’armonia di sapori e colori è fondamentale. Sette sono le note musicali, sette i colori dell’arcobaleno e sei i sapori: queste sono le basi per la creatività. In un piatto ci sarà un sapore predominante e gli altri lo esalteranno e lo accompagneranno, come avviene nella musica. Questa è la grande arte culinaria.

Lei ha cucinato per re e regine, capi di stato, artisti e attori famosi. Cosa amano mangiare i VIP?

Il grande problema delle persone importanti è che non scelgono loro cosa mangiare.
Se qualche famoso mi viene a trovare in val Gardena, non gli preparo un’aragosta, ma dei canederli con un po’ di gulasch. A Napoli, offrirò qualcosa di tipico campano. I VIP vogliono cose semplici; l’aragosta, il caviale, il foie gras escono loro dalle orecchie! Una buona trippa, se stai in Lombardia; un vitello tonnato, se stai a Torino: queste sono le cose che vogliono le persone importanti, perché non le hanno mai mangiate. Un piatto casalingo, ben fatto, ha sicuro successo.
Un’insalata di pomodoro e una pera possono andare benissimo. Ma la pera deve essere buona, non deve avere solo la forma e il colore della pera, e lo stesso vale per il pomodoro, protagonista dell’insalta. Ci vorrà poi un buon olio d’oliva, qualche goccia di ottimo aceto. Questo è tutto.
Ottime materie prime, trattate con rispetto, danno ottimi risultati, non ci sono scorciatoie.

Cosa la diverte e appassiona del suo mestiere?

Cucino da più di cinquant’anni, per quarant’anni sono stato executive chef del Mandarin Oriental di Bangkok, e continuo ancora ad imparare tutti i giorni.  Giusto ieri ero in Matschertal, ospite di un cacciatore che aveva appena preso un cervo. Per il pranzo ho preparato delle fettine sottilissime di questa carne, che ho servito a crudo, condite con olio d’oliva, sale, pepe e qualche goccia di limone. Mancava, perché non lo avevamo, solo un po’ di prezzemolo. Nessuna delle persone presenti aveva mai mangiato cervo crudo, tutti lo hanno gradito moltissimo e si sono ripromessi di riproporre a casa loro questa ricetta. Questa è cucina gourmet, altro che quei piatti che non permettono di capire neppure cosa mangi.

Mi tolga una curiosità: ma lei si riposa mai?

Dopo tanti anni di carriera, ora mi dedico principalmente a consulenza per ristoranti e a seguire nuove aperture di alberghi in Oriente.  Mi sono preso adesso sei mesi di pausa, non di ozio. La settimana prossima andrò vicino a Monaco, da un caro amico, a imparare a fare le salsicce. Non so se userò mai questa nuova conoscenza, ma sono sicuro che quello che imparo nessuno me lo porterà mai via. Quando sento qualcuno dire: “Ora vado in pensione, così mi riposo e me ne sto sdraiato a leggere”, mi vien da ridere. Il cervello deve lavorare, sempre. Sono un fanatico di cucina, ho avuto la fortuna di poter sempre fare quel che ho voluto, lavorando tantissimo perché lo volevo fortemente. Per fare bene ci vuole tanta pratica, tante esperienze, bisogna stare in cucina con la padella in mano, conoscere, toccare gli ingredienti.
Il rapporto con il cliente è fondamentale. “Cosa le è piaciuto? Cosa non le è piaciuto?” sono domande importanti, e bisogna saper accettare le critiche, altrimenti si vivirà da eterni insicuri. Per avere successo bisogna cucinare ciò che la gente vuole, non ciò che vuole il cuoco. Sono tre le cose più belle al mondo: mangiare, bere e… scelga lei la terza.
Un piatto vuoto e “un grazie è stato fantastico” sono le soddisfazioni più grandi per uno chef.

Parliamo delle sue personali soddisfazioni a tavola. Quale tra i piatti della cucina sudtirolese è il suo preferito?

Adoro gli schlutzkrapfen e i Rösti di patate.

E se parliamo di cucina tailandese?

La cucina tailandese è, anche se non così conosciuta, una delle grandi cucine mondiali. È caratterizzata da sapori fantastici, da una grade armonia, dall’ampio uso di verdure. Noi italiani siamo molto critici in materia di cucina, perché nasciamo in una tradizione d’eccellenza culinaria; ma posso dire con sicurezza che in tanti anni non ho mai trovato nessun italiano che non apprezzasse la cucina tailandese. Magari è possibile trovare qualche piatto un po’ piccante, ma per il resto si tratta di piatti sempre molto gradevoli, in cui spiccano le verdure, i legumi (anche alla griglia), la frutta, il pesce fresco, le marinature con lime o lemon grass.
Si tratta di una cucina leggera, facilmente digeribile, che dà energia a chi la gusta.

Come da tradizione, non posso non chiederle di propormi un piccolo menù…

Detesto mangiare da solo, e mangio sempre volentieri con i miei amici. Per cominciare ti propongo un piccolo piatto freddo composto da pochi gamberetti, un po’ di insalata, una mezza mozzarella e un po’ di pomodoro. Una mezza porzione di pasta può bastare,  e poi del pesce al vapore o alla griglia con un po’ di sale marino, due tre legumi cotti al vapore, non in acqua. Olio di oliva, un po’ di limone e un po’ di pepe, per condire. Per finire una mezza pera, una pesca, dei frutti di bosco e un bicchiere di vino. Non si tratta di grande cucina, ma di un pasto tra amici, che al termine fa sentire leggeri, allegri. Lasciamo che siano i prodotti a parlare, valorizziamo gli ingredienti.

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