Food

September 2, 2016

De gustibus Connection #51: Jörg Trafoier, Ristorante Kuppelrain, Castelbello

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. Oggi curiosiamo nella cucina del Kuppelrain di Jörg Trafoier, ma anche nel suo orto, nel suo frutteto, nell'album di famiglia e nei suoi ricordi, per scoprire cosa si mangerà domani...

Mauro Sp: Come nasce il tuo interesse per la gastronomia?

Jörg Trafoier: La mia passione è nata nella cucina di mia madre, quando la seguivo in stalla a prendere il latte, nel pollaio per le uova, o a raccogliere le albicocche per la marmellata. Nel maso di famiglia, i miei genitori allevavano maiali, galline e altri animali da cortile e coltivavano frutta e verdura, producendo tutto quanto serviva. Buona parte delle materie prime, che usiamo oggi al Kuppelrain, sono allevate o coltivate da noi; questo ci permette di controllare la qualità, ma anche di proporre prodotti esclusivi. Nel nostro meleto trovi la varietà Calvilla, la Renetta Champagne e la Grafenstein già da trent’anni, da quando abbiamo aperto. La recente riscoperta della tradizione e il km zero sono pratiche che noi portiamo avanti da sempre, anche quando questa attenzione non era di moda, avendo ben presente cosa significa coltivare questi prodotti e conoscendoli non per averli visti in un catalogo. Quando non lavoriamo, ci occupiamo delle nostre colture e dei nostri fornitori. Domenica scorsa, ad esempio, ero a Mazia a visitare il contadino da cui compro il formaggio biologico.
 
M: È difficile sposare prodotti semplici e sapori tradizionali con l’alta cucina?

J: Non credo. Nel nostro menù proponiamo un piatto che si chiama “Patate caldo e freddo”. Sopra un gelato di patata, mettiamo un pop-corn di speck, che prepariamo con le cotiche del nostro speck, fatto con carne dei nostri maiali. Il piatto è poi guarnito con uova di salmerino di Laces e una crema di patate calda. Si tratta di un piatto semplice, ma di grande bontà.

M: Parlando di piatti tradizionali, hai qualche preferenza?

J: Amo la tradizione, ma tengo molto a proporre una cucina moderna. C’è però un piatto che, al solo pensiero, mi fa venire l’acquolina in bocca: la crema di piselli con la salsiccia fatta in casa da mio padre. D’autunno, nel periodo in cui nel maso dei miei genitori raccoglievamo le mele, mia madre, due volte alla settimana, ci preparava questo piatto.

M: Un piatto ottimo, con ingredienti “poveri”…

J: Per fare cucina buona, e anche alta cucina, non è necessario usare ingredienti costosi, la cosa fondamentale è usare la creatività. Ho realizzato piatti di carne e pesce assieme, sono stato tra i primi ad usare i fiori, ingredienti poverissimi, ma che possono dare ottimi risultati. Usiamo anche astice, caviale e altri ingredienti preziosi, ma non spesso, perchè la Val Venosta ci offre una grande varietà di ottimi prodotti, che non si trovano altrove.

M: Cos’è il coraggio, per un cuoco?

J: Per fare una cucina creativa ci vuole coraggio, ma, soprattutto, i clienti. Se in sala non hai delle persone che chiedono piatti innovativi e sani, non puoi fare nulla, ma se invece queste persone sono contentissime di quello che hai proposto loro, la tua libertà aumenta. Io sono cresciuto con la nostra clientela. Un’ottima occasione per sperimentare secondo le sensazioni del momento si realizza quando i clienti mi chiedono “Jörg, cucini qualcosa per noi?”.

M: E il limite che non si può oltrepassare?

J: Non credo ci siano limiti invalicabili. Nei nostri piatti, però, non voglio che ci siano più di quattro o cinque ingredienti diversi. Non tutti quelli che vengono al ristorante sono esperti di gastronomia, in grado di comprendere un gran numero di sapori uniti assieme, e noi cuciniamo perchè i nostri piatti siano graditi a tutti.

M: Sei un cuoco affermato e pluri-premiato e hai una stella Michelin da sedici anni. Credi che, al di là del prestigio, questi riconoscimenti ti vincolino in qualche modo?

J: No, devo anzi dire che, quando la tua cucina viene premiata, sei facilitato nel proporre piatti anche poveri, come potrebbe essere la zuppa di piselli con la salsiccia di cui ti parlavo. Questo perchè, se i clienti trovano un piatto simile nel menù, hanno la certezza che non stai prendendo una scorciatoia con un piatto semplice, ma stai proponendo un piatto che, anche nella sua semplicità, ha un ragionamento.
Un’altra possibilità importante, che ti offre lo stare nelle guide, consiste nell’essere rintracciabili e conosciuti, questo è stato fondamentale per il Kuppelrain, che non si trova in una grande città, ma nella lontana Val Venosta.

M: Tua moglie è sommelier, tua figlia è pasticcera e tuo figlio lavora con te in cucina. Come hai gestito l’educazione culinaria dei tuoi figli?

J: Hai dimenticato Giulya, che ha undici anni e da grande vuole fare la sommelier, come la mamma!

M: Una bambina di carattere!

J: Sai perchè i nostri figli sono qua con noi? Perchè noi già da vent’anni siamo chiusi la domenica. Questo è molto importante, perchè avere una famiglia significa anche avere del tempo da dedicarle. Quando il locale è chiuso, spendiamo il nostro tempo divertendoci assieme, assaggiando nuovi prodotti, andando fuori a mangiare, a visitare le malghe. Noi genitori abbiamo vissuto con i nostri figli il ristorante e la famiglia. Ho la fortuna di avere accanto a me una donna forte come mia moglie Sonya, con cui siamo sempre stati in armonia rispetto a questo modo di vedere le cose. Lei ha passione, volontà e competenze, che sono state fondamentali per arrivare dove siamo arrivati. Credo che l’interesse dei nostri figli per la gastronomia derivi proprio dall’aver visto che questo settore è molto impegnativo, ma altrettanto bello e interessante. Anche se fin da piccoli hanno espresso il desiderio di diventare pasticcera e cuoco, non li abbiamo fatti studiare all’istituto alberghiero. Nathalie ha studiato al liceo linguistico, Kevin a quello artistico, ma, finite le scuole superiori, abbiamo dato loro la possibilità di impegnarsi come apprendisti. Nostro figlio ha lavorato per uno studio di architettura, occupandosi dalle sette del mattino alle nove di sera. Nostra figlia in una pasticceria, dalle tre del mattino alle tredici; poi tornava a casa, si riposava e alla sera lavorava in sala nel nostro ristorante. Da queste esperienze hanno capito che, per ottenere grandi risultati, c’è bisogno di grande impegno, senza scorciatoie.

M: A tua moglie, che porti in un palmo di mano, cosa porteresti in tavola?

J: Mia moglie ama la tradizione culinaria suditirolese: piatti come il Bauerngröstl, l’agnello con patate e carote la rendono felicissima.

M: E per te?

J: Il foie gras mi piace tantissimo, è un ingrediente a cui non potrei rinunciare. La carne e il pesce, prearati con cotture semplici e conditi con Fleur de Sel e olio d’oliva, li mangio sempre volentieri.

M: E per me?

J: Anche se siamo in estate, la giornata sembra più autunnale… ti propongo allora dei tagliolini al cacao su una fonduta di formaggio dell’alta Val Venosta, e uova delle nostre quaglie.
Poi ti propongo un brasato di vitello con purè di sedano rapa e un contorno di verdure del nostro orto.

M: E da bere?

J: Abbiamo una grande cantina con oltre settecentocinquanta etichette e quasi quindicimila bottiglie: mia moglie saprà consigliarti il vino giusto per ogni piatto, sicuramente.

M: Un dessert sarebbe la degna conclusione, dopo due piatti così…

J: Per i dessert ti affido a Nathalie, che ogni giorno prepara delle nuove golosità.

M: La vostra famiglia è composta da professionisti della gastronomia e da una bambina dalle idee chiare. Ma chi cucina a casa?

J: Mia moglie.

M: E ti piace come cucina?

J: Certo, perchè è la mia cara moglie!

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