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July 14, 2016

ALTOX3: Gemma Bertagnolli

Mauro Sperandio
Tre illustri personaggi legati al Trentino-Alto Adige, raccontano il loro punto di vista sul concetto di "alto". Con Gemma Bertagnolli, soprano di fama mondiale, la prima conversazione.

Se ogni concerto, ogni incisione, ogni collaborazione importantissima ed ogni emozione trasmessa al pubblico fossero centimetri di un piedistallo che celebrano e innalzano l’artista, Gemma Bertagnolli potrebbe sedere tra gli dei dell’Olimpo. Tuttavia, la soprano bolzanina brilla – oltre che per voce divina, spessore umano ed intellettuale  – per ragguardevole modestia. Mi figuro dunque il maestro Bertagnolli come un attento giardiniere, che con passione ed impegno si prende cura di un frondoso, altissimo albero: le radici ben salde al suolo, i molti rami che svettano verso il cielo.

Diamo per prima cosa una collocazione spaziale alla sua attività. Lei è un soprano; dove si pone fisicamente la sua voce? Come ci si sente, anche metaforicamente, a cantare “sopra”?

Io non sento di cantare sopra, ma dentro la musica. Per il repertorio che ho scelto di fare, l’uso della voce è più “strumentale”, ovvero , uso la voce in un continuo moto di scambio con i musicisti con cui collaboro, che sia un’orchestra, un cembalo o un pianoforte. Cantare è proprio scambiare conoscenza ed emozioni, assolutamente l’opposto del concetto del “ cantare sopra”

Gemma Bertagnolli soprano

Nelle esecuzioni dei contemporanei rivive l’arte dei grandi compositori del passato. Qual è il suo personale rapporto con questi grandi maestri?

Continuamente la musica vive nel momento dell’ esecuzione. Riporto quanto detto da un illustre musicista e lascio a lei scoprire di chi si tratti: “la musica contemporanea è quella che si sta eseguendo in questo momento”. Personalmente cerco un contatto linguistico, anzi poetico con qualsiasi compositore che affronto, sia del passato che ancora  in vita.
Le pagine stesse degli autori, siano recenti o lontani nel tempo, contemplano una quantità di non scritto che sta alla capacità dell’interprete andare a stanare e restituire nell’interpretazione.

È affezionata o prova ammirazione per qualcuno dei personaggi femminili da lei interpretati?

Amo tutto ciò che canto: l’esecuzione è un atto d’amore e non ho predilezione per un personaggio in particolare, soprattutto nell’opera.
C’è verità e personalità anche maggiore nel repertorio cameristico, o in quello sacro, dove non è un personaggio a cantare, ma lo spirito stesso dell’umanità. Non canto l’opera lirica da anni e non ne sento la mancanza.

Delle sue interpretazioni colpiscono, oltre l’impeccabilità formale, la grande sensibilità, la fortissima umanità e l’umanissima forza. Quanto il canto è un mezzo per esprimersi e quanto una scuola che l’ha formata?

La scuola deve aiutare a esprimere la conoscenza, non a riprodurre un trattato formale. La buona tecnica è solo un mezzo per rendere efficace un’esecuzione. Va espresso un pensiero, una poetica… il canto come espressione circense di virtuosismo fine a se stesso mi annoia.

Empress Michiko piano

All’attività concertistica alterna un consistente impegno nel campo della didattica. Dall’alto della sua cattedra, cosa impara insegnando?

Insegnando, imparo semplicemente  a scambiare, e mai dall’alto della mia cattedra. La stessa formula “dall’alto”,  considerate le mie proporzioni e le mie dimensioni ridotte, sembra quasi una presa in giro. Insegno immergendomi nel pensiero di chi ho di fronte.

Forse è una “presunzione” di tutte le epoche, ma credo che quella che stiamo vivendo non sia affatto una delle più felici. Quali valori sono precipitati in basso? Cosa può aiutarci a risalire la china?

La dignità per primo della persona, poi dell’artista, aiuta a non arrendersi alla pochezza dei nostri giorni.

I profumi, come il canto, sono piaceri impalpabili veicolati dall’aria. C’è un profumo che ama particolarmente?

Moltissimi… per primo il profumo di mia figlia.

 

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