Food

May 20, 2016

De gustibus Connection #44: Peter Oberrauch, Ristorante Paradiso – Hotel Paradies, Laces

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. Peter Oberrauch è uno chef raffinato e moderno, ma riconoscente nei confronti della tradizione. Per questi motivi ho pensato di capitare a Laces, all'Hotel Paradies, verso l'ora di cena...

Mauro Sp: Non comincio mai le mie interviste con “Cosa mi prepari di buono?”, ma, visto che è quasi l’ora di cena, la domanda non mi sembrerebbe cosi inopportuna…

Peter Oberrauch: Cominci così, senza neppure salutarmi?

M: Scusa Peter, ma l’appetito mi confonde. Hallo, Peter!

P: Una tartare di tonno Balfego’ con creme fraiche, caviale Kaluga e limone: questo è il mio saluto!

M: Molto più interessante del mio, devo riconoscerlo. E il nostro discorso come continua?

P: Ti propongo dei bigoli (grossi spaghetti) fatti in casa, con lievito croccante e burro di malga: un piatto semplice, ma di sapore e profumo eccezionale.

M: “E a seguire…”, come dicono i maître di sala?

P: Filetto di manzo con una salsa di Lagrein, foie gras, purè di pastinaca e verdurine mediterranee. Un bell’incontro tra tradizione e modernità.

M: Ricordi che sono un goloso professionista?

P: Certamente, è per questo che ti ho preparato una sfera di cioccolato con un sorbetto di salvia e limone: fresca, golosa, deliziosa. Che ne dici?

M: Completamente soddisfatto! Ma dimmi un po’, dove trovi l’ispirazione per i tuoi piatti?

P: La tradizione è per me una grande fonte di ispirazione, mi piace studiarla e reintepretarla. Nella mia cucina la tradizione tirolese incontra la modernità e il gusto della tradizione italiana.

M: C’è un piatto della tradizione che ami particolarmente?

P: Ce ne sono tanti, tra questi direi il risotto con le rape, a cui aggiungo della mozzarella di bufala, oppure un buon filetto di manzo, accompagnato dal foie gras. Il filetto però non lo cucino sottovuoto, come va di moda adesso, ma in padella, come va fatto. La cottura tradizionale conferisce più carattere al piatto, i profumi e i sapori vengono esaltati. Cosa può rimanere di una carne che è stata cucinata per due giorni a sessanta gradi?

M: So che hai una passione particolare per la carne…

P: La mia famiglia ha tradizionalmente sempre operato nella gastronomia. Mia madre era cuoca di professione e mio padre macellaio, il più noto in Alto Adige tra gli anni ’70 e ’80. A tredici anni, la mia mamma mi ha portato in cucina ad aiutarla, insegnandomi le basi. In principio avrei voluto fare il macellaio, ma poi la passione per la cucina ha avuto il sopravvento.

M: Hai avuto una bella scuola per conoscere tecniche di cucina e materie prime…

P: È vero. Molti giovani cuochi non conoscono il modo di cucinare classico, mancano di una educazione al gusto e di una conoscenza diretta della materia prima. Di fronte ad un manzo da disossare non sanno da che parte iniziare…

M: Come badare alla ciliegina, senza curarsi della torta?

P: Esatto. In un piatto non servono tanti componenti e il lavoro dello chef sta nell’esaltarne e combinarne i sapori. È per questo che non ho molta simpatia per la cucina molecolare, che non aggiunge praticamente nulla al gusto, ma solo all’estetica.

M: Mettiamo da parte la tecnica e parliamo brutalmente di gusto: di cosa sei ghiotto?

P: Di olive e cioccolato: non ne ho mai abbastanza.

M: E quando non lavori, cosa ti fa piacere fare?

P: Cerco di passare più tempo possibile con mia moglie e i nostri quattro figli. Vado tanto in bicicletta e faccio fitness. Mi piace molto leggere, anche libri di cucina, anche se, quando sono a casa, riesco a non pensare al lavoro.

M: Come presenteresti la tua regione da un punto di vista gastronomico?

P: Credo che dal punto di vista culinario l’Alto Adige sia una regione felice: abbiamo una tradizione locale che è solida e sentiamo l’influsso della cucina mediterranea, dei suoi sapori freschi, delle verdure, dell’olio buono. Questo incontro di tradizioni è una nostra peculiarità, che non si trova nella cucina austriaca.

M: Se dovessi portare un “souvenir alimentare” del Sud Tirolo ad un amico del Sud Italia, cosa sceglieresti?

P: I canederli allo speck, sicuramente.

M: E cosa ti riporteresti a casa?

P: Un buon rombo, che adoro.

M: Come padre e chef, cosa hai a cuore di insegnare ai tuoi figli?

P: Dico sempre ai miei figli che ciò che mettono nel piatto lo devono mangiare tutto, per rispetto di chi non ha nulla da mangiare. Sedere a tavola composti, senza urla e strepiti, con consapevolezza, è una forma di attenzione nei confronti dei commensali e del cibo stesso.

M: Come è cambiata la clientela rispetto a quando hai cominciato la tua carriera?    

P: I clienti di oggi sono un po’ più complicati di quelli di dieci anni fa; chi è disposto a pagare cifre importanti per mangiare e bere, pretende qualcosa di speciale ed esprime la propria opinione argomentandola. Chi viene al ristorante si informa, legge, vuole incontrare lo chef e parlarci, un po’ come per un personaggio famoso.

M: Il tuo impegno al Ristorante Gourmet Paradiso ha portato ottimi frutti…

P: In un solo anno siamo riusciti a raggiungere 16 punti della guida Gault Millau, un’impresa mai riuscita
in Alto Adige. Lo Schlemmer Atlas ci ha conferito 3 cucchiai e la guida Michelin 3 forchette e continuiamo sempre a lavorare per raggiungere nuovi traguardi.

M: Una bella soddisfazione!

P: Senza dubbio, ma la soddisfazione più grande è sentirsi dire dai clienti “Che buono!” e vederli uscire al ristorante soddisfatti.

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