Food

April 8, 2016

De gustibus Connection #39: Heinrich Schneider, Auener Hof, Val Sarentino

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. A dispetto della pioggia, la primavera è arrivata. A dispetto di chi la pioggia non ama, parliamo con Heinrich Schneider di quali meraviglie la pioggia può portare.

Heinrich Schneider: Alla faccia della primavera, anche oggi piove.

Mauro Sp: Alle scuole elementari ci fecero imparare una poesia di Ada Negri, “Piove”:

Piove da un’ora soltanto
ma il bambino pensa che già
piova da tanto, da tanto
sopra la grande città.

Piove sui tetti e sui muri
piove sul lungo viale
piove sugli alberi oscuri
con ritmo triste e uguale.

Piove: e lo scroscio si sente
giungere dalle vetrate
che versan lacrime lente
come fanciulle imbronciate.

Piove laggiù sulla via
e in ogni casa già invade
l’intima malinconia
di quella pioggia che cade.

Accompagnava la poesia un’immagine di un bambino imbronciato alla finestra, che guardava la pioggia cadere. Oggi come, allora, non riesco a capire perchè a molti la pioggia faccia malinconia. L’acqua è vita, la pioggia nutre, pulisce e, con il suo scrosciare, produce un suono rilassante che, da quando esiste il mondo, è sempre uguale. A me la pioggia piace proprio.

H: Hai ragione. Se faccio il lavoro che faccio, lo devo anche alla pioggia.

M: Spiegati.

H: Devi sapere che il nostro albergo ristorante, l’Auener Hof,  è stato aperto nel 1976 dai miei genitori, c’era la mia mamma in cucina. Quando andavamo in vacanza loro portavano sempre mia sorella Gisela e me a mangiare in ristoranti stellati. Siamo stati molti anni in Bretagna, in Francia, dove spesso c’era brutto tempo e non si poteva uscire a giocare o passeggiare. Questa è stata una fortuna, perchè in quelle giornate andavamo spesso al ristorante. In quelle occasioni è nata la mia passione per la cucina. Dopo aver lavorato un anno in cucina con mia madre, sono partito per fare nuove esperienze professionali. Ho avuto la possibilità di lavorare con uno chef bi-stellato, ricevendo un ulteriore stimolo per indirizzare la mia cucina.

M: E adesso come passi il tuo tempo libero e le tue vacanze?

H: Nel tempo libero passeggio volentieri, viviamo in montagna in mezzo i boschi. Parto da casa e vado a raccogliere erbe e funghi. Durante le vacanze mi piace viaggiare, scoprire il mondo, esplorare posti nuovi e lontani. Voglio conoscere nuove culture, ingredienti, cucine. Quella della scoperta è un’attività sempre affascinanate. Oltre alle attività tipiche della vacanza, mi piace girare per i mercati e andare a mangiare nei ristoranti, la vacanza diventa così una parte del mio mestiere.
Quando sono con la mia famiglia, lontano dal mio ristorante, riesco a non pensare al lavoro. La creatività e la “sensibilità” dello chef, però, non si fermano mai.

M: C’è un paese tra quelli che hai visitato, che ti ha particolarmente colpito?

H: Trovo che tutti i paesi del mondo siano interessanti, ma mi affascina particolarmente la regione della Scandinavia: là crescono molte piante simili alle nostre, ma vengono trattate in modo diverso.

M: Credo che questa passione per l’Europa settentrionale si noti nei tuoi piatti, che non mostrano gli ormai onnipresenti caratteri della cucina mediterranea…

H: Molti classificano la mia cucina come nordica e lo posso capire, perchè uso molti ingredienti simili a quelli di quella tradizione culinaria. Nei miei piatti, però, entrano solo ingredienti della zona in cui vivo. Porto la natura che cresce attorno alla mia casa nella mia cucina. Ho frequentato corsi e studiato a lungo funghi ed erbe per poterle usare nella creazione dei miei menù.
Non è che la cucina mediterranea non mi piaccia, ma non rientra assolutamente nella mia filosofia, credo giusto che quella tradizione venga portata avanti nelle zone vicine al Mar Mediterraneo. Io vivo in montagna, a quasi 2000 m, tra i boschi; qui i gamberi, i rombi ed peperoni non ci sono, come tutto il pesce di mare, che non uso. Lavoro più volentieri con piante autoctone, spesso sconosciute ai più, come la carota selvatica. Uso una sessantina di erbe spontanee, non ho un orto, ma le raccolgo ogni giorno fresche durante le mie passeggiate nel bosco.

M: Mi verrebbe da pensare che l’esclusivo uso di prodotti locali crei un legame stretto con i piatti della tradizione tirolese; è effettivamente così?

H: Mangio volentieri i piatti tipici e riconosco il loro valore e la loro storia secolare, però posso dire che non influiscano sulla mia filosofia di cucina e che non sono interessato a rivisitarli. La mia cucina condivide con quella tradizionale alcuni ingredienti, nella mia testa però non ci sono vincoli, ma assoluta libera creatività nell’usarli.

M: Come è accolta da parte dei tuo clienti la mancanza di alcuni ingredienti noti e la presenza di altri, direi, sconosciuti? Penso anche al fatto che in un ristorante stellato ci siano dei “classici” che sembrano irrinunciabili…

M: Spesso i clienti che vengono da me per la prima volta si aspettano di trovare alcuni classici dei ristoranti stellati, la mia cucina poi però li stupisce, perchè non offre quello che si trova solitamente in locali di questo tipo, ma tantissimi ingredienti che non conoscono e che caratterizzano la mia cucina.
Nel mio ristorante non c’è la classica scelta di cinque primi, secondi e così via. Il cliente può scegliere tra le venti portate dei due menù che presentiamo. Ai nostri clienti illustriamo le caratteristiche della nostra cucina e tutta l’attività di cucina è osservabile, perchè abbiamo una cucina a vista. Non pongo limiti alla fantasia, anche se c’è un livello qualitativo da rispettare.
Al posto del foie gras e dei vari classici da ristorante stellato, offro erbe e funghi quasi sconosciuti, anche se molto buoni.
Cerco di offrire prelibatezze rare, che si possono gustare solo da me; in questo modo la mia cucina diventa ricercata anche se usa ingredienti di per sè non costosi. Il valore aggiunto sta nello studio, nell’originalità e nell’esclusività del prodotto.

M: La tua cucina è sicuramente molto vicina alla natura. Che opinione hai delle moderne tecniche della gastronomia?

H: La mia cucina è molto legata alla natura; diverse tecniche moderne sono importantissime per creare dei piatti con certi prodotti, gli estremismi del molecolare a tutti i costi, però, non mi piacciono.

M: E se dovessi definire i pilastri della tua cucina?

H: Se devo disegnare un quadro della mia cucina, posso dire che lascio da parte quasi tutta la verdura tipica del Mediterraneo e il pesce di mare; mi rivolgo al mio territorio, alla natura e ai contadini che lo abitano, le radici del mio menù sono ben piantate qui.

M: Visto che è ora di pranzo, fuori piove e sono venuto qui in bicicletta, direi che anche le mie radici sono ben piantate qui… Cosa mi proponi di buono?

H: Se rifiuti un passaggio in auto e non vuoi pedalare sotto la pioggia, ti proporrei un piccolo menù:
Un contadino della Val Sarentino mi fornisce uova di gallina che vivono allo stato brado, te le posso preparare con morchelle esiccate e il caviale di salmerino.
Un primo ottimo sono gli gnocchi di formaggio Gaider prodotto da un contadino di Renon, presentati con una schiuma di un fungo molto raro che trovo nelle mie zone, il Sarcodon imbricatus (o Hydnum imbricatum), assieme a questo piatto servo del pane bianco cotto al vapore.

M: Che autoctone bontà! E per rendere più dolce la mia pedalata?

H: Un gelato di betulla con pesto di fagioli neri e crema speziata, servito con pelle di latte disidratata in forma di crostino.

M: Per questo gelato utilizzi lo sciroppo ricavato dalla linfa di betulla?

H: No, lo faccio con i rami. Ogni periodo dell’anno il gelato ha un gusto diverso: questo dipende dal fatto che la concentrazione di liquidi nei rami cambia con il cambiare delle stagioni. Taglio a piccoli pezzi i rami più giovani e li passo rapidamente al forno; con l’acqua poi preparo un fondo che faccio restringere ed uso per fare il gelato.

M: Il posto dove vivi è bello in tutte le stagioni, ce n’è una che preferisci?

H: La primavera è un bel momento, anche se è d’estate che ho la massima scelta dei prodotti. Durante la stagione più calda è però già il momento di pensare all’inverno, essiccando funghi, erbe, preparando gli oli e le noci sotto sciroppo per la stagione fredda, che è anche la più povera di ingredienti. Oltre al lavoro di raccolta e conservazione, c’è un lavoro di creatività e fantasia per quelli che saranno i piatti della stagione invernale.

M: La natura è in grado di stupirci con le sue meraviglie e i suoi fenomeni miracolosi.

H: Hai ragione: miracolosamente, ora, ha smesso di piovere…

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