Food

March 18, 2016

De gustibus Connection #36: Mario Porcelli, Alpenroyal Grand Hotel , Selva di Val Gardena

Mauro Sperandio
De gustibus connection è una violazione della proprietà (intellettual-culinaria) altrui, un auto-invito a pranzo da chi sa cucinare davvero, un rapido interrogatorio senza la presenza di un legale, una perquisizione senza mandato tra mestoli e padelle. Mario Porcelli è uno chef determinato, creativo, onesto di pensiero e cucina. Andiamo a curiosare nella sua dispensa...

Mauro Sp: Mario, dalla calda Puglia all’Alpenroyal Grand Hotel la fredda Val Gardena. Chissà che nostalgia avrai dei piatti della tua terra… Di cosa sei particolarmente ghiotto?
 
Mario Porcelli: Di Speck.
 
MSp: Come?
 
MP: Ho una grandissima passione per il pesce crudo, adoro i ricci di mare però, da quando abito in Alto Adige, ho scoperto la meraviglia di questo affettato. Se devo rispondere con il cuore non posso che dire pesce crudo, però la possibilità di mangiare uno speck di eccellenza mi ha fatto apprezzare questa specialità locale.
 
MSp: Da cuoco mediterraneo, come ti trovi a lavorare in Alto Adige?
 
MP: La serietà e l’affidabilità di questa gente è unica, questo è molto importante per chi lavora.
Io sono una persona di parola e sincera, queste caratteristiche le ritrovo negli altoatesini con cui mi trovo molto bene a lavorare.
 
MSp: Come si riflette nel lavoro di cucina questa tua inclinazione?
 
MP: Mi prefiggo degli obiettivi e non mi do mai per vinto, nella vita conta però anche la fortuna: bisogna trovare la brigata giusta, ragazzi che hanno la volontà di seguirti per anni. Da soli non si è niente, lo dico anche ai clienti. La brigata di cucina giusta è fondamentale per il successo di uno chef e di tutta la struttura. Sono passato per tutti i ruoli della brigata e so bene cosa significa metterci tutto il proprio impegno per lo chef. Ci si mette il cuore, oltre alle braccia.
 
MSp: Come nasce la tua passione per la cucina?
 
MP: Fin da bambino ero attirato dal lavoro di cucina, guardavo per ore mia nonna e poi mia madre preparare le orecchiette, le trecciole e altri piatti tradizionali pugliesi. Preferivo spesso rimanere a guardarle lavorare in cucina, piuttosto che andare a giocare con i miei amici.
Ho scelto poi di andare alla scuola alberghiera per coltivare questa mia passione, ma la prima stagione l’ho fatta a tredici anni, nelle vacanze estive tra la terza media e la prima superiore. Per il percorso di studi che avevo scelto, ritenevo potesse essere utile. È stata un’esperienza molto dura e anche meno felice di altre successive, ma mi è servita.
 
MSp: Cosa fai nel tempo libero?
 
MP: Ho una bambina di un anno e mezzo, il tempo libero lo dedico a lei e alla mia famiglia, che adoro. Quando non sono al ristorante, mi capita di essere invitato a manifestazioni, cene a quattro mani, eventi di vario tipo e dunque lontano dalla cucina non riesco a stare. Quando finisce la stagione, studio i menù per quella successiva.
 
MSp: Immagino sia un lavoro impegnativo…
 
MP: È il lavoro più difficile che possa fare un cuoco. Non si tratta solo di trovare abbinamenti contrastanti che funzionano assieme in maniera armonica, ma anche di valutare la capacità della cucina di elaborare di un piatto in base alle attrezzature, al personale di cui si dispone, alla stagionalità del prodotto. Ogni piatto richiede molte ore di studio.
 
MSp: Come ti vengono nuove idee per i tuoi piatti?
 
MP: Le idee vengono continuamente ma, essendo molto legati alla stagionalità dei prodotti, può capitare di dover aspettare mesi prima di poterli provare. Uso con profitto un sorta di enciclopedia illustrata del cibo – Food. Il mondo del gusto per immagini – che mi permette di conoscere un’infinità di prodotti nuovi che mai ho utilizzato. Quando vengo incuriosito dalle caratteristiche di un ingrediente, me lo procuro e lo sperimento. Voglio conoscere tutto degli ingredienti che uso, anche perché i nostri clienti sono giustamente esigenti e voglio sapere e scoprire cose nuove. A volte le idee vengono nei momenti meno prevedibili e possono essere ispirate da situazioni che nulla hanno a che fare con la cucina. Un albero, un’auto che passa, dei fiori possono essere stimoli per nuove idee e abbinamenti.  
 
MSp: Fantasia e concretezza: parliamo di concetti e arriviamo alla sostanza. Tre domande a risposta spontanea e sintetica:

Un colore?
 
MP: Rosso peperone
 
MSp: Una forma?
 
MP: Un cilindro
 
MSp: Un profumo?
 
MP: Lavanda
 
MSp: Ti chiedo ora un piccolo menù, che mi racconti del tuo estro culinario.
 
MP: Cominciamo con triglia, gambero rosso e carciofi. Sfilettiamo la triglia lasciando la coda. Prepariamo una tartare di gambero rosso di Puglia e la condiamo con olio sale e pochissimo pepe, la chiudiamo quindi a panino tra i filetti di triglia. Con le lische della triglia prepariamo una bisque, che usiamo come fondo. Completano il piatto degli spuntoni di crema di carciofi cotti a bassa temperatura sotto vuoto e delle erbette, che danno colore e profumo al piatto.

Dopo il pesce, ti propongo un primo a base di carne, ovvero delle creste di pasta fresca con coda di bue, porcini, carote e polvere di porcini. Con la coda di bue preparo un brasato a cui, dopo averlo tritato, aggiungo parmigiano, uova e funghi porcini saltati in padella. Con le carote cucinate sotto vuoto, perché preservino sapore e colore, prepariamo delle quenelle che adagiamo sopra le creste ripiene. Condiamo il tutto con una salsa di formaggio di malga al tartufo e sporchiamo con una joue di vitello; chips di carota e polvere di porcini completano il piatto.

MSp: Dal mare ai monti!

MP: Per finire, un altro tuffo in mare. Ti propongo un rombo chiodato, scottato leggermente senza pelle, in crosta di pane integrale tirolese con arancio, aneto, mandorle e pepe rosa. Con le parti che avanzano dalla sfilettatura del rombo preparo un fondo ristretto legato con nero di seppia, che uso per sporcare il piatto. Creo quindi un letto di barba di frate su cui adagio il rombo. Qualche spuntone di crema d’arancia e qualche fiore completano il piatto.    
 
MSp: Mi hai detto che sei papà di una bambina di nemmeno due anni, ti chiedo: qual è il piatto “strutturato” che le farai assaggiare per primo?
 
MP: Un risotto ai frutti di mare, cotti ovviamente.
 
MSp: Fare i genitori significa anche sapere dire di no al momento opportuno. Come chef a che cosa dici no? Cosa non si può fare in cucina?
 
MP: Non amo utilizzare le texture di Ferran Adrià, perché non credo abbiano a che fare con la cucina. Penso che quella della cucina molecolare sia un’esperienza da fare, ma che esaspera la scomposizione di un piatto, scompaginando il rapporto tra sapori e consistenze. La gente sta ritornando alla cucina “classica”, perché – a prescindere dalle esperienze particolari – vuol mangiare e vuole farlo bene. I clienti vogliono capire cosa hanno nel piatto, quali sono le preparazioni. L’esasperazione e l’esibizionismo non sono apprezzati. Nel mio lavoro voglio stupire, reinventare, ma senza disorientare.

 

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