Culture + Arts > Visual Arts

February 29, 2016

Ciliegie: parole d’autore con Christian Reisigl

Mauro Sperandio
Parole, immagini, sensazioni si susseguono le une dopo le altre. Artista chiama artista come ciliegia segue a ciliegia.

Christian Reisigl è persona di parola misurata, ascoltatore attento e uomo di delicata schiettezza. Durante il nostro incontro non mi ha nascosto la sua visione pessimistica dell’esistenza umana, la fatica e l’impegno che il suo lavoro comportano e l’utilità dei suoi “viaggi” nelle zone ombrose del vivere.

La prima domanda non è mia, ma di Paul Thuile, che mi ha suggerito di intervistarti. Paul dice:

Christian, il tuo lavoro è contemporaneo e pure molto originale. Come fai a resistere alle tentazioni di mode e correnti?

Io come persona – come quasi tutti d’altro canto – ho dei problemi, delle situazioni da risolvere ed elaborare. Nell’affrontare queste situazioni metto la mia personalità. Sono sempre molto coinvolto nel portare avanti questo lavoro per me stesso e non ho quindi tanto tempo di guardare qua e là. Sicuramente questa forma di ritiro in un mondo personale è la strada più difficile, ma qualcuno deve fare anche questo. Questo non vuol dire che non mi interesso delle opere degli altri; c’è un dialogo continuo e senza parole con il lavoro degli altri artisti.
Sono tanti “problemi” del fare arte, ogni singolo artista li risolve secondo le proprie necessità. Personalmente non sono in grado di usare le soluzioni degli altri. Penso al lavoro degli altri e a ciò che so fare io. Posso volare con la fantasia e guardarmi attorno ma, quando entro nel mio studio, la realtà che vedo è la mia.

Ogni opera contiene una descrizione della realtà e un messaggio relativo al rapporto che questi ha con la realtà. Guardando le tue opere mi chiedo se ci sia un aspetto che ritieni preponderante…

È una domanda a cui è molto difficile rispondere, perché la realtà è un insieme complesso e ci sono molti modi di portarla in un’opera. Non so qual è esattamente il mio modo di esprimere ciò che mi sta attorno, perchè ci sono diversi aspetti da considerare, ed è molto difficile separare le varie componenti. Spetta allo spettatore giudicare quale realtà sia per me rilevante. Quanto al mio rapporto con la realtà, voglio che ogni mio lavoro appaia come se ritraesse una scena reale, anche se il soggetto non è reale.

I soggetti che vengono rappresentati da dove provengono?

La fotografia è importantissima per tutti quelli che dipingono: la fotografia e la pittura sono due media diversi ma molto legati, che si ispirano scambievolmente.
In questo momento faccio delle sculture di creta molto astratte, perchè immagino che la creta grezza sia essa stessa il corpo. Scatto poi delle fotografie con differenti luci e angolazioni, fino a quando vedo qualcosa di figurativo, che riporto quindi sulla tela. Il modello in creta può già assomigliare ad una figura, questo mi permette di essere libero di interpretare nel momento in cui realizzo il quadro e permette anche al fruitore dell’opera di dare la sua interpretazione del corpo. Con questi abbozzi di figure umane, l’astrazione diventa la prima fase del lavoro.

christian reisigl

Rispetto all’uso di modelli umani, la creta ti permette di creare una realtà diversa, parallela?

Non sono figure vere, sono sempre libero di aggiungere o togliere arti, ad esempio. Un modello vuol dire entrare in un altro secolo. In passato ho usato foto di corpi realizzando collage e poi dipingendovi sopra, usando i volumi di una figura che c’è già e rivestendoli di una nuova realtà.

Che fine fanno queste figure dopo la realizzazione dell’opera?

Le conservo a casa, anche se non mi interessano più; volendo potrebbero essere anche esposte. Nelle prime realizzazioni cercavo di riprodurre figure umane, ma il risultato finale non mi piaceva per niente, tanto da portarmi a distruggere il mio lavoro. In quel momento, nell’annullare quelle piccole statue, ho visto quello che non ero mai riuscito a fare pensando ad una figura. La creta accartocciata, con questi abbozzi di figura umana, emanava quel che cercavo. Le crete che comunemente si potrebbero definire “più belle” le ho distrutte, ci sono solo le foto. Mi interessa molto l’idea di preparare la scultura, fotografarla e poi ritrarla.

Le tue opere ritraggono uomini. Cosa ti interessa dell’Uomo e cosa non ti interessa?

Dell’uomo mi interessa la fisionomia, il corpo senza testa, da un punto di vista artistico. Anche questa è una domanda difficile, perchè non ho una visione molto positiva dell’essere umano e non ho aspettative rosee per il futuro. Mi ritengo pessimista. Mi interessa l’imperfezione dell’essere umano.
In campo artistico, non mi interessa, anzi, mi dà molto fastidio quando vengono spacciate delle idee che non hanno valore, perchè sono solamente uno specchio dell’artista e non veicolano nulla.

Tu che sei così attento alla fisionomia umana, trovi che ci sia qualcosa di ridicolo o grottesco?

No, se penso al mio lavoro no. Rispetto l’ironia e chi lavora con l’ironia, ma ci sono idee che non dicono nulla. Alla mostra di Francesco Vezzoli è esposto un grande quadro barocco di Giovanni Paolo Pannini, che ritrae una quadreria. Tra i tanti quadri, Vezzoli ha inserito un’immagine fotografica di una popstar dei nostri giorni, portando l’opera nell’oggi. Questa è una cosa banalissima, ridicola, come mettere una foto di Sofia Loren in un quadro di De Chirico.

Il tuo modo di lavorare e le tue opere denotano una grande serietà. È il tema dell’umanità che merita serietà, oppure sono l’attenzione e la dedizione al tuo lavoro che ti portano ad allontarti dal disincanto?

Tutte e due direi. È un metodo di lavoro e il mio statement sull’umanità, senza volerlo. L’essere umano è come un animale destinato al macello; sarà forse brutto da dire, ma questo è quello che vedo.

Grazie all’uso di varie tecniche, alla “confusione degli elementi anatomici” e alla luce particolare dei tuoi quadri, la tua cifra stilistica è ben identificabile. Ti chiedo se esista un’ora del giorno, un mese oppure una stagione che assomiglia, per luci e atmosfera, all’ambientazione delle tue opere.

Sì. Il mio studio è in una casa molto vecchia, dove sembra che il tempo si sia fermato. In questa casa l’esistenza è amplificata. C’è la polvere, i muri sporchi: questa realtà, questa patina di colore, la trovo nei miei quadri.

christian reisigl

Che rapporto hai con l’ambiente in cui lavori?

Mi trovo a mio agio nel mio studio, mi piace arrivare alla mattina e trovare la protezione del mio ambiente. Credo che il luogo dove lavoro sia per me quello che è per molti la chiesa.

E con il paesaggio alpino che ti sta attorno?

Credo le montagne abbiano sicuramente influenzato il mio modo di vedere lo spazio. Le montagne, la chiusura del paesaggio, creano il tuo spazio sensibile.

I tuoi quadri ritraggono spesso più soggetti, c’è interazione tra di loro?

Io non voglio raccontare delle storie. Quando ritraggo tre o quattro persone, oppure due e mezzo o tre e mezzo, faccio solo un collage, non voglio raccontare nulla di ciò che accade tra di loro.
L’ultima conseguenza è stata l’uso della creta, per aprire un po’ le cose. Le forme si negano e offrono sempre una scelta diversa. Ogni volta che l’osservatore nota una forma anatomica, subito dopo ne appare un’altra; in questo modo non è possibile definire una figura e si crea una continua scelta tra gli elementi, che crea un perpetuo movimento. In questo modo l’essere umano è considerato come un materiale.

Christian Reisigl c’è nei suoi quadri?

A volte mi ci ritrovo fisicamente, altre volte mi ritrovo da un punto di vista esistenziale. Diciamo di sì.

Le tue opere, e in parte le tue parole, lasciano poco spazio alla luce. Qual è il peso del tuo buio? Come orientarsi?

I miei quadri parlano nel secondo, terzo sguardo e richiedono una particolare attenzione. Se un’opera è fatta bene, anche se il motivo è negativo, e vi hai messo tanta energia nel realizzarla, essa si libera, trasfomando il lavoro in una cosa positiva.
Osservando un quadro completamente nero, ci si sensibilizza alla luce; ciò che si guarda, poi, è tutto molto luminoso.
Il lavoro di pittore è per me una cosa positiva, la costanza nel lavoro è positiva, anche se ritraggo soggetti cupi.

Che rapporto hai con il tempo?

Quando lavoro non esiste il tempo, posso impiegare anche duecento ore per un quadro, non importa, anche se non è sempre piacevole.

Come ho chiesto a Paul Thuile, chiedo ora a te di consigliarmi un artista da intervistare.

Ti suggerisco di intervistare Karl Unterfrauner, fotografo.

Cosa chiederesti tu a Karl?

Was ist Natur für dich? In italiano: Che cosa è, cosa rappresenta per te  la natura?

Foto: Christian Reisigl

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.