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February 18, 2016

Tutto il dolore dell’aborto a Berlino

Cristina Vezzaro

24 Wochen, il potente film di Anne Zohra Berrached, è un altro film in pole position per dei premi. Astrid Lorenz (Julia Jentsch) di professione fa la comica. Il suo manager è anche suo marito Markus (Bjarne Mädel). Insieme hanno una figlia, Nele, una bella bambina allegra in seno a una famiglia in cui regna grande intesa. Fino a quando non si scopre che il bambino di cui Astrid è incinta è down. La coppia è sconvolta alla notizia ma insieme, dopo qualche esitazione, i due decidono di tenere il bambino. La figlia fatica ad accettarlo, così coma la babysitter che dovrebbe occuparsene, ma per il resto i familiari e conoscenti accolgono la loro decisione con solidarietà e la loro posizione economica sembra consentire loro di fare questa scelta. Astrid è anche consapevole della sua immagine pubblica, e inevitabilmente la sua questione privata diventa ben presto di dominio pubblico.

Durante i controlli nel corso della gravidanza, però, emerge che il bambino ha anche seri problemi cardiaci che richiederanno diversi interventi nelle primissime settimane di vita. È a questo punto che la famiglia si spacca. Astrid inizia a vacillare e non se la sente più di mettere al mondo un bambino che rischia di soffrire parecchio. Markus, dal canto suo, si ostina a volere questo figlio e si sente escluso da una decisione che, in ultima analisi, spetta alla donna.Quando Astrid però decide di abortire, lui le sta accanto fino all’ultimo. Ed è qui che il film si spinge oltre, nella crudezza della procedura di aborto, oramai alla 24esima settimana di gravidanza, che comprende un’iniezione letale al bambino e un parto indotto, tra la disperazione di un sì che fino all’ultimo puoi ritrarre ma che con enorme sofferenza alla fine pronunci.

Il film solleva una questione molto delicata e mette un personaggio femminile davanti a una complicatissima scelta morale che è libera di fare ma con cui dovrà comunque fare i conti. Con occhio lucido la regia segue gli alti e bassi della coppia, e senza giudizio ne narra la sofferenza. Il film è nato, spiega la regista, da un’esigenza di dare un volto alle statistiche che parlano di questi episodi, di narrarne la scelta lacerante. Estremamente realistico – tant’è che tutti gli specialisti che lavorano in ospedale sono effettivi professionisti, non attori – il film è dedicato a due bambini che si sono trovati in situazioni analoghe: uno che non ce l’ha fatta perché i genitori hanno optato per l’aborto, e uno che invece è nato perché i genitori hanno deciso così.  

Si tratta di un tema molto controverso cui sarà riservata un’accoglienza diversa nei diversi Paesi, ma è certo che alla Berlinale non c’è spettatore che non ne abbia colto l’intensità. 

Foto: Berlinale

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