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January 28, 2016

Il giorno dopo il giorno della memoria

Mauro Sperandio
Il giorno della memoria serve a ricordare, a che vale però se all'indomani tutto è dimenticato? Ne parliamo con Simeone Bordon della comunita ebraica meranese.

Ieri, 27 gennaio, era il Giorno della Memoria. Nello ieri di 60 anni fa le armate sovietiche liberavano il campo di concentramento di Auschwitz e mostravano al mondo ciò che il mondo non aveva o non avrebbe voluto vedere.
Ritengo che l’istituzione di questa giornata da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni unite sia stato un atto dovuto, penso però che il valore di questa ricorrenza stia in ciò che la precede e la segue.
Delle vicende del popolo ebraico ci sono noti gli eventi luttuosi, nel sapere diffuso sono pochi gli elementi che hanno a che fare con ciò che gli ebrei identifica e non nega.
Come possiamo nutrire compassione per uno sconosciuto? Come possiamo esercitare il nostro sdegno per le sofferenze patite da un popolo con un’identità che ignoriamo?
Nell’ignoranza trionfa il male, l’esercizio della vacua compassione è un passatempo che sfiora la perversione.

Non voglio quindi pensare al giorno 27, perchè se ne sta fermo sul calendario. Mi interessano di più il 28, il 29, il 30 ed il 31. Non mi spingo fino a febbraio, perchè quelli che verranno saranno giorni sicuri se avrò seminato bene a gennaio.
Ma il tempo corre e devo muovermi. Mi metto quindi a cercare un ebreo della provincia di Bolzano che abbia voglia di raccontarmi qualcosa di lui.
Abbastanza rapidamente trovo il nome di Simeone Bordon, chazan (cantore) della sinagoga di Merano, che è disposto a dedicarmi del tempo:

Entrambi abbiamo bisogno che io sappia. Io lo faccio per dovere civile, prima che per interesse culturale, tu penso che lo debba fare per istinto di conservazione. La situazione è attualmente orientata così, ma i ruoli potrebbero essere rovesciati, se considerassimo alcuni elementi che identificano la mia di identità. Ti chiedo dunque:

Credo che oggi sia doveroso parlare dell’Ebraismo che vive, andando oltre i fatti tragici della shoah, ma senza dimenticare. Credi che si possa fare? Credi che ci siano dei rischi e delle cautele da osservare?

Penso abbia senso e in qualche modo sia doveroso, rimane comunque un percorso complesso e credo che ci siano momenti differenti per l’una e l’altra cosa.
Credo anche che la trattazione del tema Ebraismo e Memoria sia differente se fatto dall’interno o dall’esterno. All’interno del popolo ebraico si può dire che non esista un vero momento di distacco dalla shoah, si vive, si festeggia, si celebrano le feste: si fa tutto quello in cui si crede, ma la shoah rimane in qualche misura sempre presente.
Viaggiando per l’Italia ci si imbatte quasi sempre in sinagoghe sovradimensionate dove gli ebrei che le frequentato occupano un quarto del posto disponibile, quel vuoto fra le panche  delle case di preghiera è la shoah!
In occasione della giornata delle memoria di alcuni anni fa feci notare ai presenti della celebrazione al cimitero ebraico di Bolzano che mezzo cimitero è completamente libero, non un tomba, nulla. Quella è la shoah degli ebrei a Bolzano, neanche i morti ci sono.
Detto questo è anche vero che il popolo vive, anzi forse proprio per questo deve vivere di più.
Sabato prossimo in tutte le sinagoghe del mondo leggeremo la porzione di Torah (Pentateuco) che contiene il Decalogo, i Dieci Comandamenti.
Quasi nessuno se ne rende conto ma i 10 Comandamenti sono la base di tutta la cultura occidentale.
Gli ebrei sono questo: un popolo, un credo e una cultura che per prima ha creduto e accettato i valori dei 10 Comandamenti e li ha portati nel mondo. Il popo ebraico, col suo complicato modo di vivere, è rimasto contemporaneamente separato e unito al resto delle popolazioni e culture che lo circondavano. Il nostro è un popolo che ha fatto del dubbio e del ragionamento il suo spirito e la sua forza, di tutto questo il mondo occidentale quasi non se ne accorge.
Nelle scuole, anche grazie alla giornata della memoria, la parola ebreo è diventata qualcosa di più che un concetto astratto, spesso gli ebrei compaiono solo quando si parla di Auschwitz! Dei 5000 anni di storia e cultura del popolo ebraico non si sa nulla e non si dice nulla.
É doveroso quindi parlare della vita del popolo ebraico perché quella vita c’era prima, c’è adesso e ci sarà dopo; capirla aiuta a comprendere cosa è stato fatto, in qualche misura anche perché è stato possibile, e soprattutto a chi.
Questo però può avvenire solo con un dialogo costruttivo tra la società e le comunità ebraiche e suoi componenti.Parlare di ebraismo dopo la shoah non è semplice e il modo migliore di farlo è proprio quello di andare dagli ebrei, accorgersi che ci sono e parlargli. Difficilmente si troveranno porte chiuse.

Un altro concetto importante è che per parlare di ebraismo vivo non si può prescindere dalla realtà dello Stato di Israele, perché l’antisemitismo di oggi è l’antisionismo e tutte le forme discriminatorie verso Israele, inclusi boicottaggi. Non possiamo accettare di sentir dire “Vi compatiamo per la shoah ma discriminiamo Israele”, per noi questo è antisemitismo.

Voglio chiederti poi alcune cose, forse banali per te, ma ignote ai più. Sei il chazan della sinagoga di Merano, in cosa consiste la tua attività?

Il chazan è la persona che guida il culto durante le funzioni religiose. Questo richiede la conoscenza dell’ebraico (in particolare quello biblico), dei testi biblici, delle preghiere e delle regole della struttura del servizio religioso (cosa si recita e quando). Inoltre, il chazan è la persona che legge la Torah dal Sefer (il rotolo di pergamena) con la corretta pronuncia e melodia, essendo il testo della Torah  scritto senza vocali e senza segni di interpunzione. Con lo studio si impara il testo e la melodia, la melodia cantata inserisce nella Torah la punteggiatura.
Nella nostra piccola comunità, dove non abbiamo un rabbino, svolgo anche funzioni di insegnante sia per i ragazzi che per gli adulti e organizzo e conduco le celebrazioni delle festività nel rispetto delle regole ebraiche.

Cosa mi racconti della Comunità ebraica meranese dei nostri giorni?

Siamo un piccolissima comunità -tra le più piccole in Italia – composta da circa 35 persone, con un passato entusiasmante distrutto dai fascisti e dai nazisti. I nazisti hanno dato il colpo finale ma la base del lavoro è stato fatto dai fascisti italiani.
L’essere così pochi limita fortemente le nostre attività, siamo oltretutto divisi tra Merano, Bolzano e il Garda.
Nonostante tutto riusciamo a festeggiare e celebrare tutte le festività durante l’anno e dialoghiamo con molte realtà sul territorio, sia dal punto di vista religioso che culturale. Ci diamo sotto e lavoriamo di buona lena in tutte le occasioni che si offrono!
Durante l’anno abbiamo anche occasioni di incontro con la popolazione, in genere su argomenti culturali. La giornata europea della cultura ebraica richiama centinaia di persone in sinagoga.
Siamo inoltre impegnati in più campi per far conoscere la storia e le vicende della comunità, sia nella sua vitalità che nella sua distruzione sotto in nazifascismo. Accurate ricerche storiche vengono prodotte da diversi membri della Comunità, tanto che ricercare sembra essere divenuta una tradizione del nostro piccolo gruppo.

L’Alto Adige è una provincia di transito ed immigrazione, questi fenomeni hanno influenzato anche la composizione della comunità ebraica altoatesina?

Certamente! Lo è stato in passato e lo è tutt’oggi. Ci sono ovviamente famiglie storiche meranesi  ma tre quarti della comunità proviene dal resto dell’Italia, da Israele e da altri paesi.

Si può parlare una identità ebraica sudtirolese in cui ebraismo e cultura tradizionale si fondono? Penso a questioni linguistiche, come per il dialetto giudaico – romanesco oppure a tradizioni culinarie che prevedono la rivisitazione di piatti regionali in modo da rispettare le regole alimentari ebraiche…

NO! Io non sono altoatesino, sono “immigrato” da Genova e quindi non mi rifaccio ad una cultura sudtirolese, ma da quello che ho imparato vivendo qui da 9 anni è che la società sudtirolese in passato ha ferito così profondamente la comunità ebraica, per via di un feroce antisemitismo, da provocare una distanza notevole tra i due mondi. Con i giovani sudtirolesi/altoatesini viviamo oggi  esperienze positive, chissà forse in futuro… Te la immagini poi la cucina sudtirolese senza speck?

C’è un libro sull’ebraismo che consiglieresti ai nostri lettori?

Sembrerà banale ma il miglior libro sull’ebraismo è la Torah. Partecipare ad una lezione sul testo biblico è un’esperienza entusiasmante. Tanto per dare un esempio, nell’ultima lezione che ho seguito la settimana  scorsa abbiamo passato quasi due ore nell’analizzare i significati di una singola parola!  Il mio consiglio ai lettori è di informarsi, trovare il tempo e l’occasione per seguire una di queste lezioni (dal vivo, in televisione, su internet, ecc) e provare quest’esperienza.
Tutti i libri in tema ebraico, se di autori ebrei, sia che parlino della Spagna di 500 anni fa, dei tempi  biblici, degli ebrei europei o americani, di Israele ecc. traggono in qualche misura la loro ispirazione dal testo biblico, senza conoscere quello non si può capire l’ebraismo.

 

Foto: Marc Chagall, Il Poeta con gli uccelli, 1911, The Minneapolis Institute of Arts.

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