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July 27, 2015

SMACH: costellazione d’arte al confine tra le valli dolomitiche e il cielo

Allegra Baggio Corradi
Si svolge nuovamente in Val Badia fino al 12 settembre la seconda edizione del concorso internazionale d’arte a cielo aperto delle Dolomiti tra interventi inaspettati e oggetti stranianti immersi in un paesaggio mozzafiato.

Una caccia al tesoro per adulti affamati d’arte: questo è SMACH. Camminare per le stradine della Val Badia, precisamente a San Martin, in cerca di grandi oggetti disseminati tra prati, montagne, piazzette e case è come cercare le uova di Pasqua nel giardino di casa, se non fosse che le uova in questione sono enormi e le galline sono travestite da artisti. Le 10 opere realizzate in occasione della seconda edizione della rassegna altoatesina sono infatti imponenti – molto più che delle semplici uova del contadino – ma al contempo discrete, perfettamente integrate nell’ambiente circostante, tanto da risultare alle volte difficili da individuare perfino per l’occhio allenato di un assiduo cercatore di tesori. 1La riflessione-confronto con il passato e la tradizione, principi fondamentali ai quali si è ispirato SMACH sin dal suo debutto nel 2013, sembra quasi svanire lasciando posto ad una perfetta corrispondenza di linguaggi, una compatibilità di intenti e una morfologia di sguardi che hanno indotto gli artisti in concorso quest’anno ad immedesimarsi nel luogo in maniera profonda, totale realizzando così opere discrete, incastonate tra le pieghe del paesaggio fino quasi a perdervisi.Opere come la bandiera di frammenti celesti di Barbara Henning che con il suo leggero e persistente sventolio diviene impercettibile, come una scheggia di nuvole precipitata a mezz’aria. Di fronte alla casa natale dell’eclettico Gilbert Prousch, ormai meglio noto come membro del duo Gilbert & George, opere come questa paiono abitare il luogo da sempre; elementi pesanti nella loro immanenza, pensati e concepiti per occupare quei precisi luoghi in quegli stessi istanti. Allo stesso modo la camera oscura di tre metri per due che l’artista trentino Mariano Dallago ha costruito perché il visitatore potesse vivere l’esperienza della visione dall’interno di un apparecchio fotografico, dalla pancia di un meccanismo ottico in grado di aprirsi sul mondo, sembra appartenere al territorio nonostante la sua imponenza e la sua inattesa presenza sulla vertigine di un promontorio. O ancora, la surrealist(ic)a porta rosa di Barbara Tavella che invita il visitatore a soffermarsi, a riflettere sul presente prima di proseguire, di valicare il confine che l’uscio stesso impone.

Se il coraggio non gli mancherà, allora il visitatore potrà godere di una vista mozzafiato dalla cima del monte Adagn dove i suoi occhi andranno in tilt come palline di un flipper impazzito tanta è l’eccitazione visiva scatenata in loro.

Nelle foto:
1. Barbara Tavella, Ralegrëiete …, Location 6. Munt d’Adagn
2. Mariano Dallago, Camera Obscura, Location 3. Ciastel de Tor

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