Music

November 25, 2014

Pareidolia, da ciò che sembra, verso ciò che è. Marina Rei in concerto al Teatro di Gries

Mauro Sperandio

L’Obiettivo, si inaugura questa sera (25/11/2014) “Sirene d’Autore”, un’interessante rassegna che vede protagoniste alcune delle più originali voci femminili del panorama musicale italiano.

Marina Rei, protagonista della prima serata, presenterà il suo nuovo album “Pareidolia”, le abbiamo chiesto di parlarcene.

Vedere immagini nelle nuvole, nei profili delle montagne, confondere ciò che è con ciò che sembra: Pareidolia. Un titolo non banale, cosa nasconde, cosa mostra?

Sono una persona molto curiosa, continuamente alla ricerca. Con questa parola di uso non comune ho voluto suscitare curiosità, attenzione, interesse. Il mio è un invito ad andare oltre ciò che i nostri occhi percepiscono con superficiale immediatezza, per abitudine. Allo stesso tempo, il vedere immagini che non ci sono, come nelle nuvole, ci riporta alla nostra capacità di immaginare, al creare con l’immaginazione. Credo che questa sia una forma di espressione creativa meravigliosa, una magnifica forma di libertà in cui ognuno, individualmente, nel proprio immaginario, con la propria esperienza, a seconda del proprio strato d’animo -dico volutamente strato- può vedere qualcosa di esclusivo, peculiare, che non appartiene nemmeno alla persona che gli siede affianco.

Colgo l’invito. Creativo, libero, leggero perché non appesantito, ma non frivolo, superficiale…

Non amo la superficialità, non sono una persona superficiale e non amo esserlo soprattutto nelle cose che mi interessano profondamente. Nella vita e nella musica, se devo fare una cosa, la faccio come si deve. Questo non vuol dire che non mi piaccia la leggerezza, ma la distinguo bene dalla superficialità da cui mi tengo bene alla larga.

Crede che la superficialità sia figlia della pigrizia, della comodità, della paura di scoprire? 

 Non credo che il non voler approfondire derivi dalla paura di scoprire, credo sia una questione di pigrizia e un po’ indole. Ognuno di noi ha il proprio modo di affrontare le cose, nel lavoro, nelle amicizie, nell’amore. Approfondendo, con la curiosità, ci si nutre. Io sono molto curiosa perché sento  il bisogno di nutrirmi, di imparare, cescere, migliorarmi. Ad alcuni basta la strada facile, altri sentono il bisogno di andare oltre. Io ho bisogno di pienezza, di arricchimento continuo.

La sua professione, al di là della ricerca e della profondità delle sue esplorazioni ha una componente di immagine molto forte. Crede che la gente sia in grado sempre di andare a scovare ciò che è oltre l’immediatamente visibile ed ascoltabile?

L’ascolto della musica richiede una certa attenzione, per leggere tra le righe dei testi, per cogliere gli aspetti prettamente musicali, come gli arrangiamenti e le scelte produttive. Questa attenzione deve però essere usata in maniera semplice -ma non superficiale- lasciandosi coccolare, ascoltando senza pregiudizi. Nei nostri tempi noto una certa mancanza di attenzione nei confronti della musica, sembra che l’unica forma di attenzione sia quella per il visibile, più che per l’udibile.

La musica che passa per la televisione e per certi contenitori televisivi o radiofonici sembra essere l’unica possibile, ma non è così. C’è tantissima altra musica che non passa per la radio e la TV che ha una sua verità profonda fatta di testi, storie, vite di artisti. Questa realtà “fantasma” ha in realtà un riscontro incredibile e tangibile nei concerti.

Se c’è volontà di avvicinarsi con curiosità a chi fa musica, è possibile scoprire un artista con il suo valore, ma anche una persona più vicina alla normalità di quanto si possa pensare.

Pensa che le immagini che abbiamo nella nostra testa possano diventare dei limiti, delle aspettative da assecondare che scontentato se disattese?

Bisogna stare attenti a non crearsi delle aspettative, per quanto difficile. Preferisco concentrarmi sui sogni, investendoci, impegnandomi per realizzarli.

Terminata l’intervista “ufficiale” propongo a Marina tre rapide domande, tre minime curiosità da musicofilo a musicista, accetta divertita.

Un disco e uno solo da salvare:

Mamma…solo uno? …orco can…è dura, ragazzi, uno solo!? Beh, forse è scontato…The White Album dei Beatles. 

Un disco da buttare:

(le dico che qui possono esserci problemi di diplomazia, ride) Diciamo che teoricamente i dischi non si buttano…piuttosto si regalano…

Un musicista con cui collaborare:

Italiano, sicuramente Giovanni Lindo Ferretti. Straniero: Jack White.  

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