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November 17, 2014

People I Know. Andrea Fratella. Tra fisioterapia e fotografia, guardando agli altri

Anna Quinz

Nella mia vita sono sempre stato più eclettico che indeciso”. Inizia così il racconto autobiografico di Andrea Fratella, nato a Merano nel ‘69, fisioterapista di professione, fotografo per amore. Amore per la macchina fotografica e gli sguardi che regala sul mondo. Seguendo un percorso tortuoso, passando dal diploma di odontotecnico alla facoltà di medicina, Andrea ha trovato interesse negli studi di fisioterapia. L’approdo a questa materia è stato “il giusto collocamento per molto del mio essere e dei miei interessi”, racconta. “Mi ha consentito – continua – la libertà della libera professione, rapporti con la gente, esperienze entusiasmanti nel modo dello sport, anche professionistico e non ultimo un gratificante senso di utilità per il benessere altrui”. Anche nella fotografia lo sguardo di Andrea è prima di tutto sugli altri. Non solo perché li fotografa, ma anche perché sceglie di utilizzare il suo talento per azioni che non hanno solo valore estetico, ma anche sociale. Come Bolzano Scatta Solidale, un gruppo fotografico che Andrea ha creato, a favore dei terremotati dell’Emilia. Così tra la fisioterapia e la fotografia, Andrea riempie la sua vita dedicandola, in ogni gesto, alle persone che lo circondano.

Partiamo da Andrea fisioterapista. Giornata tipo?
Non vivo mai una giornata tipo, piuttosto dei programmi settimanali. Attualmente sono referente professionale per alcune società sportive e per la Federazione Italiana Gioco Calcio L.N.D. Ho in particolare una specialità in gnatologia, scienza che studia le interazioni fra i disordini masticatori e posturali. Mi capita quindi di collaborare con studi odontoiatrici. Oltretutto mantengo da sempre una collaborazione con una casa di riposo: ormai una grande famiglia piena di nonni e affetti acquisiti.

Andrea fotografo, invece. Quando e perché?
Appassionato sin da bambino, scattavo con la Minolta di mio padre. Ho ricevuto la mia prima macchina per la cresima. Nel 2010 incuriosito dal digitale ho comprato la prima reflex digital. La diagnosi di un tumore prima dell’estate mi ha spinto a godermi lunghe vacanze, sbizzarrendomi nell’uso del nuovo mezzo fotografico. Dopo l’operazione a casa convalescente ma di nuovo sano, mi sono dedicato a pieno da autodidatta allo studio della fotografia. Da allora non ho mai smesso. Mi sono messo in gioco con situazioni e mezzi sempre nuovi e diversi.

“Scatta solidale”, cos’è esattamente? Fotografare la tragedia non deve essere facile… emozioni, paure?
Nella sperimentazione della fotografia mi sono da subito sentito in dovere di restituire a questa passione un po’ delle gioie che mi sono date. L’occasione si è materializzata con il terremoto emiliano del 2012. Dopo la catastrofe ho organizzato un reportage con un fotografo professionista. Abbiamo ripreso e immortalato il dramma delle cose e delle persone, entrando con permessi speciali nei centri accoglienza e fra le macerie delle zone off limits. Per tutto il tempo delle riprese e degli scatti ci siamo mossi in situazioni inimmaginabili: da una parte i centri storici abbandonati e messi in sicurezza dai vigili, dall’altra intere cittadinanze raccolte in tendopoli. Mi ha colpito vedere queste persone ammassate ai margini della propria storia. Gli sguardi oltre le tende da campo, pregne di vita e dei suoi prodotti: usi, costumi, odori e umori tutto a stretto contatto. A pochi metri, oltre le recinzioni, le case abbandonate in una notte. Da questo lavoro ho tratto la motivazione per creare un gruppo fotografico multimediale, Bolzano Scatta Solidale. Il presupposto è aggregare appassionati di fotografia che adoperino il proprio talento per eventi solidali.

La cosa più bella fotografata e quella che sogni di fotografare.
Credo che per ogni fotografo non esista una propria foto più bella o perfetta: esistono foto alle quali ci si affeziona al di là della caratura tecnica o estetica. Ho provato grande emozione nel cimentarmi in esperimenti fotografici dei grandi della fotografia. L’anno scorso, ad esempio, ho passato giorni in giro per Parigi ripercorrerendo gli scatti di Robert Doisneau e dei suoi contemporanei. Sono le foto che più si avvicinano al mio ideale di bellezza fotografica: situazioni, luoghi, persone, vita comune e bianco e nero.

Il mondo visto attraverso l’obiettivo è….
Quello che il fotografo dovrebbe riuscire a trasmettere unendo occhio, mente e cuore: questo è il sommo insegnamento del fotografo Cartier Bresson, che condivido.

Il tuo rapporto con l’Alto Adige?
Vivere in Alto Adige è, al netto di ogni discussione, un privilegio. Il rapporto diretto con un territorio così bello e la vita a misura d’uomo ne fanno la mia casa ideale. Ovvio che non si può e non si deve vivere solo “in casa” ma per variare basta essere curiosi e armarsi di valige.

Progetti e sogni per il futuro?
Mi godo ogni privilegio e dote che la sorte mi ha concesso, cerco di coltivare il bene e il bello attorno a me. Un giorno spero di essere nonno, starmene sdraiato in un picnic familiare a fotografare i miei nipoti che giocano fra le stelle alpine.

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