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October 21, 2014

Anita QuattroEver #11. Bonucci cuore Mirco (o come reagire da padre alle infatuazioni delle figlie)

Felix Lalù

Come ricorderai, discreto pubblico, a sei mesi mia figlia Anita (ora Bonucci) si è invaghita di una marionetta. Invaghita del tipo che la marionetta (astutamente chiamata Adolfino con finalità dissuasive) faceva ridere e il papone meno, la marionetta leniva la frustrazione e il papone no, la marionetta riempiva sacchi di sguardi a forma di cuore e il papone cambiava la merda.

Per fortuna la marionetta sta nella casa dell’estate della mamma. Con l’autunno dell’anno scorso s’è tornati a casa e Adolfino è rimasto appeso a marcire nell’umidità perenne e punitiva. In agosto al ritorno Adolfino era al suo posto ma per fortuna l’infatuazione puerile di Anita (ora Bonucci) (sul perché Anita ora si chiama Bonucci leggasi qui) aveva lasciato il posto a un normale interesse per qualcosa di appeso.
Troia prima, a fargli gli occhi dolci.
Troia adesso, a non cagarselo di striscio dopo averlo illuso e lasciato un anno ad aspettare.
In quel momento il mio mondo di padre s’è ribaltato e mi sono ritrovato nell’Amleto. Da una parte la giusta istanza paterna di terminare ogni avversario. Dall’altra l’empatia mascula per un compare (seppur  marionetta) sedotto e abbandonato.
Ora il problema si ripresenta. Maledetto il giorno che l’ho portata al nido! Anita (ora Bonucci) al nido è libera dal necessario controllo paterno e pertanto esposta a infatuazioni. Stavolta s’è presa per un essere vivente. Questo essere si chiama Mirco, ha la sua età, pelle bianca, capelli neri e occhi a mandorla tipo down. Non cadetemi sul down: il tipo ha il suo fascino. Quando arriva al nido Anita (ora Bonucci) va direttamente da Mirco, lo saluta con calore ignorando totalmente le altre criature, nonché il suo papone. Anche sul terreno amico di casa, se le dici Mirco sorride e gridacchia. Gode al solo sentirlo nominare.
La prima soluzione che ho escogitato è di fracassargli le ginocchia: sei mesi in ospedale e la conseguente zoppia terranno i suoi occhi a mandorla down lontano da Anita (ora Bonucci) e il cuore di Anita (ora Bonucci) lontano dalla tentazione.
Questa strategia ha solo una controindicazione: il nonno. Si dà il caso che il nonno di Mirco sia del mio paese. E’ un pezzo d’uomo considerevole, chiodo e stivali tutto l’anno, motociclista alla Sons of Anarchy. Bellissima persona, peraltro, uno dei pochi paesani che veramente apprezzo. Ma si sa che non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo. Lo dice Bud Spencer quindi è vero. Se lo dice Bud Spencer è meglio desistere, onde evitare di cessare di esistere.
Rimane il piano B. La storia di Adolfino mi ha insegnato qualcosa: chissà quanti ne vedrò nella tenzone di infilarlesi tra le gambe. Probabilmente lo stesso numero di quelli che troverò poco dopo a leccarsi le ferite e piangere contro i muri.
Quindi, come si dice? Mi sedrò sul bordo del fiume, lo guarderò in cagnesco (solo mentre Anita (ora Bonucci) non mi vede) e aspetterò che lei non se lo caghi manco di striscio, come un essere inutile qualunque.
La mia vittoria di padre è la passività assoluta.

 

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