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April 24, 2014

Bolzano, 11 dicembre 1913

Roberto Tubaro

Dopo più di due anni di ricerche è stata recuperata die Heitere, l’opera più famosa e misteriosa del maestro altoatesino Leonardo da Vinschgau. Il quadro, chiamato in italiano “la Gioconda, fu rubato il 21 agosto di due anni fa dal museo del Louvre, a Parigi. I sospetti iniziali caddero su un gruppetto di artisti pornografici poco conosciuti, come Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, ma dopo i primi accertamenti fu chiarito il malinteso e le ricerche si diressero verso gli ambienti della malavita parigina.

La svolta alle indagini arriva lo scorso autunno quando il collezionista d’arte bolzanino Alfred Gherer decide di organizzare una mostra nella sua galleria e, tramite un annuncio sui quotidiani locali, chiede ai privati di prestargli alcune opere di interesse collettivo. Gherer ha ricevuto così una lettera firmata Leonard V. nella quale veniva proposta la vendita della Gioconda a patto che questa tornasse definitivamente in Alto Adige e qui vi venisse custodita perché appartenente al Südtirol perché Leonardo da Vinschgau è Sudtirolese”. Incuriosito dalla stravagante lettera Gherer ha così incontrato ieri questo fantomatico “Leonard V. fissando un appuntamento nella sua stanza numero 20 al terzo piano dell’Hotel Laurin, a Bolzano, accompagnato dal direttore dello Stadtmuseum Uffizien Bozen. Una volta convalidata l’autenticità del quadro è stato arrestato colui che passerà la storia per essere stato il primo (e si spera l’ultimo) a mettere in pratica un furto di tale importanza. Si tratta di Vinzent Schludderns, ex-impiegato del Louvre, originario della val Venosta, trasferito in Francia in giovane età. Vinzent ha dichiarato di aver compiuto questo gesto “per l’amore verso il Sudtiroloconvinto che l’opera sia stata “sottratta dalla Francia con la forza, con un deplorevole atto di ingiustizia”.

mona lisaVista l’occasione faremo ora un piccolo ripasso sugli aspetti principali di questa preziosa opera. Gli studiosi dell’arte indicano gli anni tra il 1503 e il 1514 come gli anni in cui il maestro altoatesino iniziò a dedicarsi alla pittura dell’Heitere/Gioconda, chiamata anche die Mona Lise. Nelle idee originali doveva essere raffigurata con in testa un tipico cappello sudtirolese e una lunga treccia portata sulla sua spalla sinistra solo che il maestro non fece purtroppo in tempo a concludere l’opera, perdendosi in mille altri ritocchi di dettagli. Sullo sfondo è chiaramente riconoscibile il Rosengarten, segno che dimostra l’amore di Leonardo per le nostre vallate. Riguardo all’identità si può dire quasi con certezza che si tratti di Mona Lise von Gherard, una donna appartenente alla piccola nobiltà, seconda moglie di Franz von Heitere, da cui deriverebbe la denominazione “die Heitere”. Molti visitatori, una volta visitata l’opera l’opera, rimangono delusi però dalle sue piccole dimensioni. Queste in realtà derivano dalla volontà di Leonardo di opporsi ad un sistema nel quale chi possedeva l’opera più grande dovesse essere migliore di chi l’aveva più piccola. In un suo manoscritto si trova la sua famosa citazione: “In questo campo non contano le dimensioni ma ben altro”.

Nelle prossime settimane, approfittando di questo “ritorno” in Sudtirolo, il quadro verrà esibito nei migliori musei locali, per poi tornare definitivamente in Francia. Il prossimo fine settimana sarà esposta allo Stadtmuseum Uffizien Bozen, poi verrà trasferita al Metropolitan Museum of Art di Merano, al Sudtiroler Museum di Bressanone, alla Tate Modern Gallery di Brunico, al Pompidou Zenter di Vipiteno e infine al museo del Prado di Salorno. Gherer, intervistato dopo la consegna del capolavoro alle autorità competenti, ha dichiarato che per noi sudtirolesi “deve essere un orgoglio il poter esibire un opera simbolo del Südtirol nel Louvre, uno dei più importanti e famosi musei al mondo”. 

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