Music

March 28, 2014

Levante a Bolzano presenta il suo “Manuale distruzione”: “Parlo di amore e di sogni, di dolore e di coraggio”

Marco Bassetti
Martedì 1 aprile Levante, una delle rivelazioni musicali dell’ultimo anno, porta al Teatro Cristallo di Bolzano il suo “Manuale distruzione”. L’esclusione dal Festival di Sanremo le ha fatto male ma non troppo: “Mi è rimasto un po’ di amaro in bocca, ma sto lavorando tanto quindi va bene così”.

Con Levante a Bolzano arriva una delle voci più interessanti della nuova canzone d’autore italiana. Siciliana d’origine, torinese d’adozione, Levante è stata protagonista di una fulminante scesa nell’ultimo anno. Il suo primo singolo “Alfonso” è stato uno dei tormentoni dell’estate. Max Gazzè è stato conquistato dalla sua voce e l’ha portata in tour. Poi Fiorello l’ha invitata all’Edicola a cantare con chitarra e voce. In realtà, come ci racconta nell’intervista, non si è trattato affatto di un percorso tutto in discesa. Anzi, è da molti anni che Levante lavora alla sua musica lontano dai riflettori, tra l’Italia e l’Inghilterra. E il suo album fresco di stampa, “Manuale distruzione”, è nato proprio da questo senso di frustrazione: “Avendo fatto un percorso molto lungo, non sapevo più cosa fare. Rispetto al primo contratto discografico, in cui mi dicevano cosa dovevo fare e come dovevo essere, sentivo il bisogno di essere me stessa senza pensare di dover per forza piacere agli altri”. Il risultato è davvero intenso: 12 tracce che racchiudono le diverse anime dell’indie-rocker torinese, cresciuta ascoltando Carmen Consoli, Meg dei 99 Posse, Cristina Donà, ma anche Alanis Morissette e Janis Joplin.

Leggo sul tuo Facebook: “è appena iniziato tutto ma in verità è stata un strada lunga lunga e stretta stretta”. Ci descrivi brevemente questa strada?

Ho iniziato a suonare la chitarra a 11 anni. Poi a 13 il mio primo provino a Roma e poi da lì non mi sono più fermata. Ho partecipato ad un sacco di manifestazioni musicali, ho firmato a 19 anni il mio primo contratto discografico, ho scritto tre dischi che non sono mai usciti di cui uno in inglese… Intorno ai 23 anni sono andata in Inghilterra, credevo di trovare lì molte possibilità per la mia carriera e invece sono tornata a casa un po’ affranta. Così alla fine ho stretto un accordo con la Inri, l’etichetta indipendente di Torino, e ho iniziato a scrivere “Manuale distruzione”. Il primo singolo uscito è stato “Alfonso” che mi ha portato una fortuna incredibile.

È stata una scelta quantomeno azzeccata.

Io non ero convinta, ma tutti quanti mi dicevano che sarebbe stato il pezzo più forte e immediato. E così poi è stato, quindi va bene così.

“Alfonso” riassume un po’ il senso di disincanto e anche di incazzatura che percorre un po’ tutto l’album, non credi?

Sì, il sentimento che mi ha portato a scrivere “Manuale distruzione” è stato la frustrazione. Avendo fatto un percorso molto lungo, sempre lontano dai riflettori, avevo raccolto grande frustrazione, non sapevo più cosa fare. Rispetto al primo contratto discografico, in cui mi dicevano cosa dovevo fare e come dovevo essere, sentivo il bisogno di essere me stessa senza pensare di dover per forza piacere agli altri. Quindi è nato un lavoro super onesto, in cui racconto storie di vita reale e quotidiana. Parlo di amore e di sogni, di dolore e di coraggio. Il pormi in maniera molto sincera nei confronti di me stessa è stato fondamentale.

Poi è uscito il secondo singolo, “Memo”, più malinconico e riflessivo, in cui si riflette sulla fine di un amore: “Ritrovarsi abbracciati per anni e odiarsi all’improvviso”.

Questa è una sensazione che abbiamo provato tutti. Mi sono ritrovata nuovamente single e mi è uscita fuori questa riflessione. Come è possibile che, dopo aver amato qualcuno per tanto tempo e in modo molto intenso, ci si ritrova completamente soli, vuoti, senza appoggi? Tra l’altro sono stata io la fautrice di questa rottura… una sensazione davvero strana.

Per cambiare un attimo tono, ci racconti del video “Stasera… niente festival”? Un modo per esorcizzare l’esclusione dal Festival di Sanremo?

È stata un’idea di Vanity Fair, prendere posizione con ironia sull’esclusione da Sanremo. Così ho pensato di riprendermi mentre parlo al telefono con il mio manager: per via dei molti impegni scopro con rammarico che non potrò vedere il festival in tv. Mi sembrava un’idea simpatica. In realtà poi il Festival l’ho visto tutto. Comunque fortunatamente, a di là del Festival, i dati mi hanno comunque premiato: l’album sta andando molto bene, il tour sta andando benissimo, siamo sempre in giro, in generale sono molto soddisfatta del mio percorso. Sto lavorando tanto, quindi va bene così. Certo mi è rimasto un po’ di amaro in bocca: in tantissimi mi avevano data per scontata su quel palco e per me non è stato facile apprendere la notizia dell’esclusione.

Alla Commissione del Festival di Sanremo avevi presentato “Sbadiglio”, a mio parere uno dei migliori di tutto l’album dal punto di vista testuale. “Abbiam visto tante cose / e adesso la persiana è rotta / Troverò un giornale / qualche cosa da guardare alla Tv /che deja vu! / ti ho visto sbadigliare”. Ma non pensi che sia naturale che l’amore debba prima o poi fare i conti con la quotidianità senza venirne per questo distrutto?

Penso che l’abitudine sia in qualche modo inevitabile in una storia d’amore. Abitudine significa anche trovare il proprio habitat insieme all’altro, quindi porre delle basi solide e fare in modo che l’altro diventi la tua quotidianità. Questo è sicuramente una cosa bella, però ha anche i suo contro… Comunque la canzone ha un finale positivo: alla fine, nonostante gli sbadigli, ci si ritrova e ci si riguarda come agli inizi. Nell’ultimo ritornello c’è un cambiamento fondamentale: “poi sfiorarsi la pelle /senza lasciarsi mai”. I momenti difficili poi si superano, sono anche necessari all’interno di una coppia: non può essere sempre tutto rosa e fiori, perché la nostra vita individuale non è mai tutta rosa e fiori, e in due è spesso difficile mandare avanti la giostra come se fosse sempre una festa. Insomma ci sono dei momenti in cui “ci si scalda il cuore con le braccia conserte”ma poi prima o poi ci si riabbraccia. 

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