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September 24, 2013

Che delirio, o Macbetto!

Alessandro Tommasi
Un gruppo di giovanissimi, sotto la guida di Flora Sarrubo, porta in scena uno dei classici dei classici del teatro: Macbeth di William Shakespeare. L'appuntamento è per venerdì 27 settembre, al teatro Comunale di Gries. Intanto però, ecco un'intervista a una delle giovani protagoniste sulla scena: Signore e Signori, ecco a voi Lady Macbeth.


La possibilità di assistere ad una rappresentazione del Macbeth di Shakespeare non è così rara, dopo tutto si tratta di una delle sue opere più note, eppure trovarmi alle prove del gruppo che lo rappresenterà Venerdì 27 Settembre alle 21.00 al Teatro comunale Gries è stato come riscoprirlo da zero. Per esperienza personale conosco abbastanza bene questa tragedia, ma trovandomi di fronte alla rappresentazione dei ragazzi, dietro regia di Flora Sarrubo, mi sembrava di non saperne niente e sono rimasto incollato alla poltroncina del Torricelli anche a rivedere decine di volte la stessa scena o meglio ancora gli stessi frammenti di scena provati più e più volte. Nei miei studi so cosa vuol dire provare di continuo dei medesimi passaggi in modo che funzionino (e lo sanno bene anche i miei vicini) e invece che annoiarmi sono rimasto solo affascinato dalla dedizione che ci mettevano. Senza lamentarsi, beh non oltre il necessario, e senza perdere tempo facendo gli idioti, beh non oltre il necessario, le prove si sono svolte con serietà e tanto tanto impegno. Il risultato mi affascinava, soprattutto per le composizioni degli insieme, i movimenti sul palco, la cura di ogni dettaglio e come ogni attore (perché continuare a definirli ragazzi mi sembra sminuisca il loro valore) sapesse esattamente dove trovarsi in ogni momento e a cosa ogni movimento corrisponda. Ancora più sorprendente era riscontrare una simile capacità nei due bambini che interpreteranno i figli di Macduff e di Banquo!

Con ciò non voglio dire che, causa stanchezza o causa natura congenita degli attori, siano mancate le scene un po’ da prime donne, mi si prenda con affetto questa pericolosa affermazione, ma, beh, queste non inficiavano affatto il risultato generale delle prove!
E così le ore sono passate e mi sono trovato a confrontarmi con una versione molto mentale e delirante di Macbeth. Come ho scritto, mi sembrava di non conoscere affatto ciò che avevo di fronte perché, spogliato di gran parte del senso eroico e platealmente tragico, mi trovavo di fronte ad un Macbeth all’interno della sua stessa follia. La realtà che piega sembrava quasi solo un’esternazione del suo delirio, più che non una lotta fisica, grandiosa persino nella sua viltà. L’aura di grandezza di Macbeth mi appariva come sostituita dal caos infernale che la sua pazzia riversa sul mondo che lo circonda. L’aver potuto osservare così poco del risultato finale tuttavia mi fa prendere queste come considerazioni estremamente incomplete e sono davvero impaziente di poter vedere l’intera rappresentazione venerdì. Sorprendente è dir poco, se penso a quanto una ventina minuti di scene in totale abbia potuto scardinare la mia visione di questa tragedia di Shakespeare. Forse davvero il buon vecchio Scuotilancia ha sempre qualcosa di nuovo da insegnarci.

L’intervista di seguito ha cercato di concentrarsi proprio su questi punti, che così tanto mi hanno fatto arrovellare e spero che le risposte della nostra cara Lady Macbeth possano far capire meglio delle mie impressioni ciò che ci troveremo di fronte venerdì alle 21!

Dimmi chi sei, che ruolo interpreterai e come siete nati come gruppo !

Mi presento, sono Diletta La Rosa e interpreterò Lady Macbeth! Il gruppo nasce in parte da Giovani in Scena, perché molti di noi ne hanno fatto almeno un anno. Per i restanti, ci siamo riuniti per conoscenze personali e abbiamo deciso di creare questo gruppo indipendente da tutto, saggi, corsi, provincie e il resto. Siamo con l’associazione Theamus che è un’associazione teatrale riconosciuta e però appunto siamo una compagnia indipendente, diciamo. Il gruppo si è formato anche grazie all’aiuto di Flora Sarrubo che ci ha supportato e sostenuto in tutto questo tempo. Non abbiamo avuto a disposizione niente eccetto una sala alle Waldorf e le nostre forze e dopo un anno ce l’abbiamo fatta! L’idea principale è stata di metterci insieme per una sfida personale e di gruppo. Il progetto non è  a scopo di lucro e abbiamo percorsi diversi. Fra di noi c’è chi lo vorrebbe fare nella vita, recitare intendo, chi invece fa tutt’altro ma è appassionato, diciamo che ciascuno di noi ha il suo percorso di vita, ma ci siamo ritrovati con questo obiettivo comune.

Voi vi cimenterete con Macbeth di Shakespeare, uno fra i suoi lavori più famosi, rappresentato ormai infinite volte e che vanta secoli di tradizione. Cosa può dare adesso una tragedia di Shakespeare così nota, cosa può offrire di nuovo ad un pubblico che magari l’ha già vista in scena più di una volta?

La caratteristica principale di Shakespeare, che è anche la sua grandezza, è che in qualsiasi tempo tu lo trasponga, ha sempre un significato assoluto. Questo significato si rapporta ad ogni persona nella sua individualità, alla sua vita di quel momento, non del cinquecento, non del seicento, ma alla sua vita di tutti i giorni. Shakespeare ha la capacità di toccare i punti personali quotidiani in qualsiasi tempo tu lo possa vedere. E’, sì, legato al suo periodo storico per la trama, però obiettivamente potrebbe essere una trama di qualsiasi tempo. Noi abbiamo deciso di non trasportarlo in un tempo storico definito perché quello che accade potrebbe essere in qualsiasi tempo e situazione. E sono i punti principale della lotta per il potere, del significato del potere e dei suoi effetti che ha su di te quando lo ottieni, il quotidiano rapporto tra uomo e donna, nelle relazioni di coppia, ma non a livello spiccio, da commediola, ma a livello personale e profondo. Quindi chiunque lo veda, recepisce delle cose e anche nel lavoro che abbiamo impostato noi in cui  c’è un insieme di scene che avvengono contemporaneamente ciascuno sceglie cosa vedere, sceglie che cosa lo colpisce, non è necessario che capisca tutto insieme. Ma se ti senti legato ad un personaggio perché vedi che ciò che vive quel personaggio è simile a ciò che vivi ogni giorno, legato al potere, alla femminilità, al rapporto uomo-donna, alla femminilità, alla responsabilità, alla fedeltà dell’amicizia, lo vedi e lo riproponi in te. Il fatto che Shakespeare sia stato rappresentato in tutti questi secoli non spaventa, perché lo riproponi come lo vedi tu e il pubblico lo vede come lo vuole vedere. Un pubblico che già conosca l’opera dovrebbe scegliere di venire proprio perché noi abbiamo voluto dare una nostra visione, abbiamo deciso di occuparci di alcuni aspetti, ad esempio il tempo ed il gioco del tempo che fa Macbeth, scardinandolo. Il pubblico dovrebbe  vederlo per poter avere una nuova visione delle cose, un po’ come se fosse un caleidoscopio!

Quali sono le difficoltà che offre un’opera del 1500, anche rispetto ad un’opera più moderna, e tu personalmente con che genere di complessità e profondità di analisi ti sei confrontata interpretando Lady Macbeth?

Diciamo che la prima difficoltà di gruppo è stato il rapporto con il testo. Ciò che scrive Shakespeare non è facile, non è un linguaggio quotidiano, moderno, è un linguaggio però che quando cominci a capire, ci entri, allora quella singola parola è proprio quella precisa e adatta. La prima difficoltà è stata proprio concretizzare il linguaggio del testo, perché se lo si dà superficialmente allora non si comprende il succo del discorso. Si spera di esserci riusciti visto che è da un anno che ci lavoriamo! La seconda difficoltà è che tratta temi profondi e per quello, ma questo nel teatro sempre [secondo lei nda], bisogna prima partire da se stessi, cosa ti danno e come li rapporti a te stesso e poi mostrarli nella trama che è, perché la storia è quella e quella bisogna rappresentare. Questo l’abbiamo fatto tutti.
Per quanto mi riguarda il procedimento è lo stesso e poi personalmente ho cercato di interpretare quello che può essere una parte di me. E’ ovvio che io non sono Lady Macbeth, ma nella Lady Macbeth che interpreto c’è anche una parte di me, non è campata per aria o non reggerebbe per nulla. La difficoltà è stata anche affrontare questa parte di me e poi realizzarla nel personaggio. Dunque difficile è stato anche concretizzare ciò che avevo in testa perché spesso è difficile riproporlo quando i ruoli sono così complessi. E poi scegliere su cosa focalizzare la mia attenzione. E con tutto questo anche crescere insieme al personaggio.

Ultima domanda: tu, e altri membri del cast, avete rappresentato acnhe Sogno di una notte di mezza estate. C’è qualcosa che lega le opere di Shakespeare, anche quando così diverse, un filo che ti può far capire che è comunque Shakespeare?

Beh sicuramente Shakespeare aveva dei paletti. Ogni luogo ed ogni ambiente ad esempio hanno il loro significato. Molto spesso inoltre c’è il discorso degli uccelli, come presagi, come qualcosa di altro, di spirito, di naturale, che però si intreccia con la vita dell’uomo. In più c’è sempre una forte caratterizzazione fra giorno e notte. Sogno di una notte di mezza estate poi è proprio ambientato di notte e così anche Macbeth. C’è una battuta che recita “Per il predominio della notte o per la vergogna del giorno”, perché di giorno si vergogna, ma di notte è forte. Dunque ci sono sempre queste descrizioni dell’ambiente che vanno ad incentrarsi con le vicende umane e questo non è da sottovalutare, perché la natura che ci circonda permea le azioni. Poi c’è sempre una descrizione molto vera del rapporto fra le persone e anche del rapporto di una persona con se stessa. Inoltre i dialoghi non sono mai inutili, ma costruiscono il personaggio. Nulla è lasciato al caso, quando affronti un nuovo dialogo assisti ad un’evoluzione del personaggio, sempre in Shakespeare. Nel nostro caso ancora di più perché abbiamo sfoltito alcuni passaggi, dunque ogni dialogo fa capire qualcosa di più di ciascun personaggio ed ogni monologo è un salto. Ad esempio nel suo monologo “Venite spiriti” Lady Macbeth rinuncia al suo femminile per dare a Macbeth il suo maschile e fargli compiere la sua azione. Ogni cosa ha un significato per andare oltre.

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