Music

August 21, 2013

Don Giovanni tra acqua e fuoco: il film di Losey al Festival Mozart

Parola all'ascolto



Piove a Rovereto. L’atmosfera della città sembra volersi preparare all’evento della serata, e chi si dirige verso l’Auditorium Melotti, tra la pioggia e il vento, ha la sensazione di essere atteso al tetro convivio col Commendatore. Il Festival Mozart quest’anno ha proposto un classico della cinematografia operistica, il Don Giovanni di Joseph Losey, film-opera del 1979. Ad introdurre la proiezione é il musicologo Marco Cosci, che spiega alcune delle scelte di regia che fecero la fortuna della pellicola. La poetica di Joseph Losey, regista statunitense scomparso nel 1984, ben si accorda con la materia torbida del Don Giovanni, specie per quell’estetica del doppio che pervade l’opera. Losey amplifica quest’elemento sfruttando tutti gli strumenti che il linguaggio del cinema dispone, primo tra tutti il continuo alternare l’azione tra interni ed esterni, nelle suggestive ville palladiane di Vicenza e dintorni. I personaggi formano un tutt’uno con la scenografia: la solitudine di Donna Elvira e Don Ottavio, ripresi a cantare i loro sentimenti errando per gli sterminati giardini; gli specchi in cui continuamente Donna Anna riflette la propria menzogna; la fornace che inghiottirà Don Giovanni. Il doppio si esprime anche nel colore dei costumi, il bianco e il nero, e nel continuo rincorrersi del giorno e della notte. Presenza nuova e inquietante della narrazione é il Valletto nero, personaggio muto ma sempre presente: un neo sulla tempia sinistra – uguale a quello di Don Giovanni – ci fa supporre che sia un suo oscuro alter ego, in un ambiguo rapporto di complicità e soggezione col suo padrone. Una trovata registica geniale é la presenza costante di uno spettatore interno, una sorta di coscienza morale che guarda alle malefatte del nostro dissoluto: il popolo di contadini e un grande Cristo in croce assistono al corteggiamento di Zerlina in Là ci darem la mano, una schiera di cortigiani e un chierico rosso ripreso di spalle (l’arcivescovo Colloredo?) osservano freddamente lo smascheramento di Leporello. Dal punto di vista musicale, la scelta di Losey di riprendere in diretta i recitativi conferisce grande realismo all’azione. Degna di nota é anche l’Ouverture, simbiosi di musica e immagini, in particolare nel momento in cui alle sinuose scale ascendenti e discendenti la macchina da presa ondeggia su e giú sulla distesa del mare.

Simona di Martino

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