Music

August 1, 2013

Pimples, Wrinkles and Rock’n’Roll #24. Come sarebbe a dire Kill your mother?

Eva Corre

Il gran giorno è arrivato. L’atteso concerto dei Dying Fetus. È un po’ di tempo che mi diverto a stuzzicare il Figlio. Voglio provocarlo, è un vero spasso dirgli: “Mancano due giorni al concerto, eh?!” oppure “Allora sei pronto? È domani, eh? O te ne sei scordato?” o ancora: “Ho comprato solo due biglietti, per me e il papà… Intanto a te non interessa, non vuoi venire, vero? Eh?”

Ricordo che facevo circa la stessa cosa, almeno dieci anni fa, quando era un bimbetto di quattro anni e mancava poco a Natale. Ogni giorno si apriva insieme la casella del calendario con il cioccolatino dentro e si contavano sulle dita quanti giorni dovevano ancora passare per l’arrivo di Babbo Natale. Così gli chiedevo “Ma si ricorderà Babbo Natale di portarti il triceratopo gigante? Sei sicuro di esser stato buono?”. Lui sgranava gli occhi, ma poi capiva che scherzavo, gli sorridevo e gli confermavo con una carezza che sì, era stato buono e sicuramente Babbo Natale si sarebbe ricordato di lui. Il Figlio bimbetto mi guardava raggiante. Ora il suo sguardo è diverso se lo stuzzico con le mie domande. È uno sguardo un po’ svogliato e distratto. Alza gli occhi al cielo, scuote la testa, sbuffa, riaccende l’mp3. Ed io riesco perfino a leggergli in faccia quello che sta pensando: “Ecco la Genia che inizia…”.

Comunque sia, il gran giorno è arrivato, è quasi ora di uscire. Nonostante io mi diverta a guardare i programmi tv nei quali ti insegnano a scegliere l’abito giusto per ogni occasione, non mi è ancora capitato di ricevere consigli su come una signora di quasi cinquanta anni debba vestirsi per andare ad un concerto brutal o death metal. Non possiedo l’abbigliamento folkloristico tipico (magliette con caproni, disegni truculenti, scritte non decifrabili), avrei poche occasioni per indossarle. Opto per un comodo sandalo da trekking, jeans realmente consumato dal tempo e t-shirt stinta dell’OvS, con una specie di gatto sopra e la scritta “Bad Kitty”, che è la cosa più “brutal” che sia riuscita a trovare nel mio armadio. “Genia, hai ricordato i biglietti?” mi chiede il Figlio mentre sto chiudendo la porta di casa ed io con soddisfazione gli sventolo sotto il naso la prenotazione fatta via Internet (temevo di incappare in un “sould out”!). “Sono famosi, non mi sarei mai immaginato di vederli qui da noi… io li ascoltavo già nel 2011!” dice il Figlio in macchina, con il tono di uno ben navigato, che racconta della sua lontana infanzia e del tempo che fu…

Il Point di Egna è un posto fantastico, i concerti si possono fare all’interno o all’esterno, arrivi e la macchina la metti in un parcheggio (di un supermercato) che si trova proprio di fronte. Mi accorgo, appena arrivata, che forse avrei dovuto optare per un look total black, in modo da mimetizzarmi al meglio tra gli spettatori: siamo gli unici a portare abiti colorati e così vestiti potremmo anche andare a pescare.

Iniziano i Blood Edition ed è ancora chiaro, il pubblico sta pian piano aumentando, non è ancora a ridosso delle transenne, ma segue con attenzione la musica. Velocità estrema dei chitarristi, vocione growl, pig squeal e batteria a mitraglia. È un musica decisamente virile: poche le ragazze sotto il palco e non numerosissime tra il pubblico. Quei bellissimi capelli lunghi che vedi andare avanti e indietro con l’headbanging, nella quasi totalità dei casi sono capelli maschili, decisamente metal e molto curati. Niente piastra, ovviamente, ho detto virile… Il pubblico apprezza e continua ad affluire. Il pig squeal dei Blood Edition è eccezionale (non vi sto a spiegare cos’è, andate su Wikipedia).

Seguono gli Indecent Excision, che ho già avuto occasione di apprezzare e oggi hanno tirato fuori un nuovo batterista: un giovanissimo picchiatore di tamburi, già componente dei Devangelic di Roma.  Il pubblico si avvicina alle transenne, il cantante va avanti e indietro sul palco, si sporge verso il pubblico e ci regala tutta la sua abbondante presenza: da quel collo enorme esce una voce molto profonda. Le dita del chitarrista, invece, “ballano” sulle 8 corde (8 non 6!) .

A questo punto il pubblico è decisamente caldo e pronto per la tirata finale con i Dying Fetus. Iniziano le danze in circolo (è il brutal pogo, diverso dal punk) quando la musica segue un ritmo cadenzato e poi, quando gli accordi delle chitarre vanno velocissimi e la batteria è a mille, ci sono le mani in alto che si muovono, oscillano velocemente come farfalline. Mi rendo conto che è un po’ strano parlare di farfalline viste ad un concerto brutal death metal, ma vi assicuro che è così! La chitarra si sente molto bene nelle sue evoluzioni più veloci. Uno dei pezzi più conosciuti dal pubblico è “Kill your mother”. Il cantante lo annuncia con grande clamore, il Figlio mi guarda e ride. Io abbozzo e faccio finta di non capire.

Il pubblico apprezza, poga in circolo, scuote la testa, muove le mani: grande suono. Le performance di questo genere metal sono molto tirate, faticose anche fisicamente per i musicisti a giudicare da quanto sono sudati. Non c’è da meravigliarsi se non c’è il bis. Lo ricordavo dall’esperienza fatta ad un altro concerto, il metal estremo non ripete, dà tutto di botto, ti asfalta le orecchie per bene, applausi, strette di mano e poi a casa. Il batterista lancia le bacchette, nelle prime file c’è chi se le contende, tirandole un po’ da una parte e un po’ dall’altra come un tiro alla fune. 

Il Figlio sorride, soddisfatto. In macchina mi dice: “Me li aspettavo proprio così. Non mi sembra neppure possibile di averli visti proprio a pochi metri dal palco e qua vicino a Bolzano!”.  Ma quante volte ve lo devo dire, non lo avete ancora capito? Questi sono i concertoni estivi da non perdere! Certo che “Kill your mother” però…

Print

Like + Share

Comments

Current day month ye@r *

Discussion+

There are no comments for this article.

Archive > Music