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June 7, 2013
“Un certain regard” sul Festival dell’Economia 2013
Federica Viganò
Rubando l’espressione ad una delle sezioni di un altro celebre festival, ecco uno sguardo retrospettivo sul Festival dell’Economia 2013 appena concluso. Come vuole la tradizione di questo tipo di festival, che uniscono intrattenimento a momenti “educational”, perciò classificati come edutainment, in tre giorni si sono susseguiti appuntamenti importanti con volti noti e nomi della politica, dell’economia locale e globale, di grandi atenei internazionali; eventi collaterali come la “Notte verde” di Rovereto, che tra sabato e domenica ha ospitato il concerto dei “Tetes des Bois”, su un palco illuminato con la forza delle pedalate dei partecipanti che hanno fatto funzionare le dinamo di circa una novantina di biciclette; la libreria del Festival, con vignettisti e disegnatori; i laboratori creativi per i bambini nel cortile di Palazzo Thun; i pianoforti sparsi per la città; i presidi di Medici senza Frontiere; lo spazio-progetto “Il lavoro? Crealo!” di The Hub e Euricse, un box con informazione a getto continuo sui temi dell’imprenditorialità giovanile, su come fare impresa approfittando di esperienze innovative, forme di finanziamento del terzo millennio, case histories di successo raccontate in diretta da esperti, giovani imprenditori e docenti. Infine ogni sera spettacoli teatrali e cinema a tema.
Il tema di questa ottava edizione del Festival è meno inquadrabile rispetto a quelli delle edizioni passate: sovranità in conflitto. A quali sovranità si allude? Il tema è affascinante e controverso se si interpreta la sovranità come una forma di libertà di scelta e di azione che ci vede tutti coinvolti come cittadini di una nazione, come europei e, continuando ad allargare lo zoom delle nostre appartenenze, come soggetti che vivono in un mondo globalizzato e interconnesso da molteplici punti di vista, non soltanto da quello digitale. Essere sovrani significa poter decidere di cosa si vuole e si può fare all’interno della propria vita, del proprio paese, delle proprio destino. Ma reciprocamente, altre sovranità, quelle di altri individui, di altri paesi, di altre politiche eserciteranno la stessa libertà. Il rapporto oppositivo o di contrasto tra sovranità dunque si verifica e si genera il conflitto.
Con “un certo sguardo”, si coglieva pienamente in questi giorni lo spirito del nostro tempo negli interventi, ascoltando le chiacchiere per le strade di Trento, mangiando un gelato ai piedi della fontana di piazza del Duomo.
Il conflitto tra sovranità è frutto della intrinseca complessità e dell’interdipendenza che esiste tra gli stati, le autorità sovranazionali, le strategie politiche di sovranità forti, le strategie di risposta di sovranità meno forti. La sovranità esercitata da enti sovranazionali, come il Fondo Monetario Internazionale o la BCE, è stata al centro dell’attenzione in un momento nel quale la crisi dell’euro non lascia tregua agli stati.
Con Michael Spence, premio Nobel per l’Economia nel 2001 insieme a Joseph Stiglitz e George Akerlof, docente di Management a Stanford e anche nell’italiana Università Bocconi di Milano, si è riflettuto sull’Eurozona, sulla crescita economica in Europa ma anche sulla politica del nostro paese e sulle attuali disposizioni di governo. L’esistenza della moneta comune non è garanzia di unificazione, anzi, secondo Spence, è l’elemento che forza la convergenza in modo doloroso. Non c’è infatti un’unione politica ed economica e il processo di reale unificazione sarà molto lungo. Due le possibili conseguenze future: da un lato un lento assottigliarsi del divario tra ricchi e poveri tra paesi sviluppati ed economie emergenti, dall’altro una crescita delle disuguaglianze all’interno degli stati, soprattutto quelli più ricchi, provocato dal progressivo crescere di forze di mercato tecnologiche e globali che creano asimmetrie incolmabili. Un altro tema necessariamente emerso è quello relativo al modello occupazionale e alle politiche attive per il lavoro e per i giovani, che devono esser al centro dei programmi politici di ogni paese dell’Unione essendo la prima e più importante piattaforma per generare salute e benessere non solo economico.
Con un altro premio Nobel, James Mirrlees, dal 2002 professore ad Hong Kong dopo aver insegnato per gran parte della sua carriera in Europa a Oxford, il Festival si è chiuso proprio sulla domanda “Abbandonare l’Euro?”. Una riflessione che ha inevitabilmente richiamato in campo un’altra grande protagonista del festival, la crisi finanziaria ed economica che attanaglia l’Europa e non solo da ormai più di cinque anni. Uscire dall’Euro non sembra la soluzione percorribile per i paesi in forte sofferenza, nonostante la ricetta anticrisi non sia di facile esecuzione: perseguire un’espansione monetaria unitamente ad un’espansione fiscale. Lo sguardo dello scozzese premio Nobel per l’Economia nel 1996, si è soffermato sull’Italia e sull’Europa, mettendo in scacco la politica dell’austerity che provoca un forte rallentamento della crescita e contrasta lo sviluppo di politiche industriali. Nelle lucida visione di Mirrlees si colgono i concetti fondamentali dello stallo delle economie occidentali: dismettere la produzione significa far innalzare la disoccupazione; non sviluppare politiche industriali supportate da istituti finanziari che si facciano da garanti significa non compensare il debito. L’elemento politico poi è altamente rilevante: l’incertezza politica si paga moltissimo, proprio la parte politica dovrebbe lavorare per costruire le garanzie per i prestiti finanziari, mentre la spesa pubblica dei paesi europei è a suo giudizio troppo bassa.
Dalle visioni di sistema ad interventi concreti e legati ai territori. L’housing cooperativo sociale, è stato proposto come una strada percorribile e innovativa nel settore dell’abitazione e dell’edilizia, che voglia incorporare anche esigenze anche di tipo sociale. Una tavola rotonda ha riunito Bortolotti di Coopcasa, Grata presidente di Confcooperative Bolzano, Maggioni presidente nazionale di Federabitazione, Porta direttore del Dipartimento di Architettura dell’Università Strathclyde di Glasgow per sollevare la questione dell’housing sociale e dell’urbanistica partecipata in una prospettiva di collaborazione tra sovranità pubblica e movimento cooperativo, che si sta proponendo in questo ambito come soggetto leader, capace di mobilitare sia la capacità imprenditoriale delle persone, che la disponibilità dell’ente pubblico a ridisegnare in modo corresponsabile il territorio urbano del futuro.
Stefano Rodotà ha declinato la sovranità anche nel campo dei nuovi media, e in particolare del più noto tra i social network, definito la terza nazione del mondo dopo Cina e India per numero di aderenti, che supera ormai il miliardo. Se in molti interventi del festival il tema delle regole è emerso come la chiave per gestire il conflitto tra sovranità, Zuckerberg è portatore, secondo Rodotà, di una nuova stagione della privacy, considerata una regola sociale ormai tramontata ai tempi di Facebook. La battaglia di fronte alle sovranità in generale è quella dei diritti: proprietà o diritto? Abbiamo diritto all’acqua o dovremo considerarla un bene da immettere nel mercato? Avremo diritto a internet o dovremo pagare l’accesso alla rete? Le leggi del mercato su questo ultimo esempio fanno intravedere un futuro nel quale alcuni “beni” come l’accesso all’informazione, potrebbero divenire gratuiti grazie alla pubblicità, con il potenziale di influenza che esercita sui consumatori-utenti. In questa prospettiva la logica proprietaria si indebolisce a favore di una diffusione della conoscenza e un accesso alle informazioni più ampio, con i suoi pro e contra.
La serata di sabato è stata animata dalla presenza di Roberto Saviano. Due ore e mezzo di coda per entrare nell’Auditorium di Santa Chiara. Saviano è quello che abbiamo in mente dalle sue comparse televisive. In scarpe sportive, camicia e jeans scuri, con una voce chiara e mite. La sua testimonianza dura, consapevole e informata sulla potenza economica della criminalità organizzata, ha tagliato in diagonale, in tutta la sua trasversalità, la tematica del festival: esiste un’altra forma di sovranità, non più così occulta ormai, rappresentata dal potere delle mafie capace di piegare le economie nazionali agendo e depotenziando completamente i poteri di vigilanza e le autorità preposte al controllo. “Parlare di economie criminali oggi significa parlare del motore imprenditoriale e finanziario più forte del Paese: 100 miliardi di euro è il profitto annuale realizzato dalle organizzazioni (criminali) più importanti. Non esiste gruppo imprenditoriale in Italia che possa ottenere un profitto così alto in un tempo così breve. La vera forza del sistema criminale è di legare il mercato illegale con quello legale. I boss non rappresentano l’antistato e non sono barbari. Non si sentono così. Si sentono imprenditori, che rifiutano regole che, a loro giudizio, frenano l’economia”. Il resoconto di Saviano ha una valenza quasi destinale, il destino di “doversi” occupare di ristabilire i confini tra legalità e criminalità, sempre più indistinti e confusi da strategie finanziarie, capaci di riciclare danaro sporco in modo così sofisticato da far scomparire ogni traccia, nel senso più letterale: il denaro diviene pulito e circolante e non si conosce più la provenienza.
Quali saranno le sovranità emergenti? I grandi aggregati macro-regionali e transnazionali come l’Euregio o la macroregione piemontese-savoiarda? Saranno capaci queste macroregioni di individuare i modelli di governance più adatti per riuscire a creare sinergie economiche, politiche, sociali, di quadro legislativo e fiscale che possano funzionare per stati spesso diversi per cultura e per cultura politica? Questi sono i quesiti più significativi che questo Festival lascia a questo territorio e non solo. Sicuramente ragionare di sovranità in relazione al concetto di autonomia è particolarmente significativo.
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