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March 29, 2013

Il pensatore dei nonluoghi Marc Augé in arrivo al Cristallo, l’intervista esclusiva

Marco Bassetti

Marc Augé è senza dubbio uno degli intellettuali più influenti d’Europa. E, nel caso dell’antropologo francese, davanti alla parola “intellettuale”, di solito così fastidiosa, non c’è da storcere il naso: niente di più lontano dall’autoreferenzialità del sapere dei saccenti, dalla verbosità e dal grigiore dell’accademia tradizionalmente intesa. L’aspetto più affascinante della sua opera è, infatti, la capacità di trovare una sintesi preziosa e sempre sorprendente tra precisione scientifica, figlia della grande tradizione illuminista, e semplicità del linguaggio. Un linguaggio concreto, poroso, denso, prodotto da un concettualità che morde con passione e tenacia il reale, il quotidiano nei suoi aspetti più vivi, il contemporaneo nelle sue tensioni più acute e urgenti. Se si vuole stimare l’influenza del pensatore francese sul pensiero contemporaneo, basti pensare ai neologismi inaugurati dalla sua riflessione, entrati a far parte con prepotenza del dibattito internazionale, anche al di fuori dalla cerchia ristretta degli analisti di professione: surmodernità e nonluogo.

Con il suo ultimo libro Journal d’un SDF (2011, tradotto in Italia con il titolo Diario di un senza fissa dimora), Augé ha spiazzato ancora una volta tutti, abbandonando la forma classica del saggio. Si tratta, infatti, di un “etnofiction”, ovvero di una finzione etno-letteraria: il racconto minuzioso della vita di un uomo assolutamente normale che, poco alla volta, recisi i legami affettivi e sociali più significativi, diventa un senzatetto. Via mail, destreggiandomi tra domande in inglese, risposte in francese e il supporto di Anna e Cristina in fase di traduzione, sono riuscito a porre un po’ di questioni all’autore che, il 2 aprile (ore 20.30), sarà al Cristallo per un dialogo sul suo libro con con il sociologo Aldo Bonomi.

“Diario di un senza fissa dimora” descrive la vita dei “nuovi senzatetto”.  Qual è la peculiarità di queste persone rispetto ai tradizionali “homeless”?
Ci sono sempre più persone che non possono permettersi un alloggio, benché lavorino e si guadagnino da vivere. Vuoi per i prezzi degli affitti, vuoi per un “incidente” di vita (il divorzio, per esempio), basta poco per ritrovarsi in questa situazione. Così ci sono persone che ritornano a vivere dai loro genitori o che vanno a stare da amici o addirittura dentro le loro macchine: hanno perso il loro posto.

Il libro non è un classico saggio etnografico, ma un’“etnofiction”, ci può spiegare le ragioni di questa scelta?
Un’etnofiction è centrata su un personaggio, come in un romanzo, ma questo personaggio è soprattutto rappresentativo di una situazione emblematica, come Candido di Voltaire o il Persiano di Montesquieu.

Che rapporto ha un “senza fissa dimora” con lo spazio?
I senza fissa dimora, in generale, cercano di fissarsi dentro uno spazio riconoscibile. All’ultimo stadio, quando arrivano a mendicare, cercano di farsi riconoscere per il luogo che occupano, all’uscita di un supermercato o di una banca. Il senza fissa dimora del mio libro, un senza fissa dimora di lusso, all’inizio ha un rapporto libero con lo spazio e fa prima di tutto esperienza di questa libertà, che poi si riduce via via.

In una simile condizioni, che valore hanno parole come “progetto, “futuro”, “progresso”?
La perdita di un proprio luogo porta alla perdita del tempo. Queste persone vivono in un “tempo morto” che, a differenza del tempo morto nello sport, non si ferma affatto. La morte sociale. La morte “tout cour”.

Quali sono le cause principali di questa nuova condizione?
Non si tratta di una “condizione sociale”, per quanto cattiva, ma di una vera esclusione dal gioco sociale. Una doppia esclusione a volte, come nel caso di coloro che vivono in paesi in cui le condizioni dei mendicanti sono anche peggiori.

Cosa potrebbe fare la politica per migliorare concretamente la condizione si queste persone? Come si può tornare protagonisti della propria vita?
Spesso con ciò che si può fare in pratica, nelle emergenze. Non senza contraddizioni. A Parigi, per rispetto delle persone, non è possibile far spostare con la forza i più miserabili che si rifiutano di lasciare il posto che occupano. Non è possibile immaginare soluzioni a lungo termine senza ricorrere all’utopia: istruzione per tutti, ecc… Nei paesi comunisti, un tempo, c’erano impieghi falsi in grande quantità: in alcuni alberghi, ad esempio, c’erano decine di fattorini. Ma a che prezzo…

Per concludere, ci consiglia un autore del passato che vale la pena rileggere per affrontare con più strumenti il presente?
“Le fantasticherie del passeggiatore solitario”. Per non temere né la solitudine, né la mancanza di un luogo. Rousseau: un genio senza fissa dimora.

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There are 2 comments for this article.
  • TUESDAY 2.4.13: imperdibile Marc Augé · 

    [...] H 20.30 MARC AUGE’ è senza dubbio uno degli intellettuali più influenti d’Europa. Basti pensare ai neologismi inaugurati dalla sua riflessione, entrati a far parte con prepotenza del dibattito internazionale, anche al di fuori dalla cerchia ristretta degli analisti di professione: surmodernità e nonluogo. Oggi sarà a Bolzano, per parlare del suo nuovo spiazzante libro: DIARIO DI UN SENZA FISSA DIMORA, una etnofiction che racconta della condizione comune a molti, quella di non avere la possibilità di pagarsi un luogo in cui vivere. Teatro Cristallo, Bolzano, read more… [...]