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October 1, 2012

Da Educa a Rovereto, un’Officina Giovane: cosa farai da grande?

Dalia Macii

Officina Giovane è il percorso avviato da EDUCA (Incontro nazionale sull’educazione svoltosi a Rovereto nel week end appena concluso) lo scorso anno per dare cittadinanza al pensiero e alle esperienze dei giovani che ha coinvolto gruppi di giovani da diverse regioni d’Italia. Cosa faranno da grandi?
Lo hanno raccontato a Rovereto. Qui, alcuni di loro.

Con la cultura si mangia, anche a Napoli
I giovani del Rione Sanità

Rione Sanità a Napoli: un ghetto al centro della città isolato da un ponte costruito più di tre secoli fa. Un quartiere di cui tutti conoscono l’anima nera, quella della criminalità, della disoccupazione che tocca per i giovani il tasso del 49%, del degrado. Eppure c’è un altra anima, quella  della bellezza che l’isolamento fisico del quartiere ha permesso di conservare.

E’ su questa bellezza che ha fatto leva don Antonio Loffredo, padre della parrocchia di Santa Maria, quando ci ha spronato a prendere coscienza dei beni storico-artistici e culturali che ci circondavano. Era il 2006 e noi ci siamo organizzati per accompagnare i turisti a visitare basiliche e catacombe.  Dopo alcuni mesi l’incontro con l’associazione Altra Napoli onlus fondata da Ernesto Albanese che per reazione alla violenza subita – suo padre è stato ucciso durante una rapina – ha convinto  manager e professionisti napoletani ormai lontani dalla città ad investire le loro energie e saperi per arginare il degrado che Napoli stava vivendo.

L’associazione ci ha accompagnato nel nostro percorso con iniezioni di competenze e aiutandoci in operazioni di fund raising che ci hanno permesso di ottenere da aziende e banche i finanziamenti per avviare progetti di sviluppo. E così abbiamo recuperato beni artistici e naturali, trasformato canoniche in case della gioventù e di accoglienza per giovani mamme, fondato un orchestra composta da 40 bambini, aperto una bottega di lavorazione di materiali poveri come il ferro, il rame e l’ottone, inaugurato un bed & breakfast.  Per gestire tutto questo abbiamo fondato quattro cooperative, tra queste  ”La Paranza” che si occupa della valorizzazione del complesso catacombale di San Gennaro, uno dei pochi siti in Italia ad avere oggi risultati positivi: nell’ultimo anno con 40 mila visistatori abbiamo registrato il + 297% di presenze. La nostra esperienza – che ora stiamo cercando di replicare in altri quartieri della città – dimostra che con la cultura si mangia, eccome: oggi siamo in 20 tutti  giovani ad avere un contratto di lavoro stabile, altri 30 hanno rapporti di collaborazione. La gente, il quartiere ci osserva, molti con atteggiamento positivo anche perchè ne hanno tratto vantaggio:  con 40 mila visitatori bar e pizzerie hanno incrementato il loro fatturato. Certo, di noi si è accorta anche la criminalità: la crisi ha investito pure chi vive di illegalità e la nostra proposta è diventata concorrenziale per ragazzi che prima venivano avvicinati dalla camorra.

Professione: Transformer
Dalia Macii (The Hub Rovereto)

E tu cosa fai?” A una domanda apparentemente banale come questa, non è sempre facile rispondere.

La nostra società è immersa in un clima di profondo e radicale cambiamento che quotidianamente propone difficoltà inedite, ma anche opportunità nuove. In questo contesto molti giovani si mettono in discussione provando ad utilizzare competenze e capacità in modo originale, esplorando contesti differenti e alternativi, sfruttando interessi e passioni. Giovani che finiscono così per fare un lavoro che un vero nome non ce l’ha. Noi di The Hub Rovereto abbiamo dato vita a Professione: Transformer con l’obiettivo di dare opportunità e spazio a questi nuovi profili professionali, a lavoratori che non hanno un chiaro riconoscimento e collocamento nella società contemporanea. Abbiamo così scoperto giovani che riescono a far convivere competenze tecniche, acquisite durante una formazione scolastica e professionale, con interessi e passioni appartenenti ad altri mondi. Giovani che cercano di farsi spazio sul mercato proponendo soluzioni innovative; che hanno imparato o vogliono semplicemente capire come fare a diventare un’impresa di se stessi e che, allo stesso tempo, cercano un modo semplice e chiaro per far comprendere alla collettività di cosa si occupano nello specifico. Ci sono progetti inediti e originali che nascono e prendono vita da collaborazioni insolite tra settori in apparenza estranei l’uno all’altro. Stiamo esplorando un microcosmo di nuovi lavoratori che ogni giorno cercano – e molte volte trovano – soluzioni alternative alle sfide di questi ultimi anni. Abbiamo così fatto conoscere gli Ecodesigners che costruiscono manubri di legno per le biciclette, i giovani di  Alf re-creation di Padova che creano accessori, cinture, borse e bracciali (per ora) costituiti da materiale riciclato, ovvero derivati dall’assemblaggio di teloni di camion, feltro e camere d’aria di gomme di biciclette. Con Professione: Transformer The Hub Rovereto diventa un contenitore per accogliere e sostenere l’impresa creativa e tutto ciò che rinasce sotto il segno della novità, dove tutti coloro che hanno sviluppato progetti o producono idee possono confrontarsi e attivarsi per produrre servizi e modelli in grado di rinnovare il tessuto produttivo e dare un valore aggiunto al territorio e alla società. Questi incontri fanno emergere anche problematiche comuni e ci permettono di avviare la ricerca di soluzioni per sostenere lo sviluppo organizzativo e gestionale di questi nuovi lavori

EcoNoise
di Mico Dorigo  (Econoise)

EcoNoise di Tolmezzo: biglietto da visita del gruppo informale, nato nel capoluogo carnico 4 anni fa, è una ben poco ordinaria esperienza di collaborazione con molte associazioni di volontariato e un’ossatura di giovanissimi – giocolieri, musicisti, animatori o semplici studenti – uniti dalla voglia di mettersi in gioco.
Figlio del Progetto Volontariamente – un’iniziativa intrapresa nel 2009 dalla cooperativa Itaca, dall’Azienda per i Servizi Sanitari dell’Alto Friuli e da altri enti per promuovere il volontariato nelle scuole superiori – il gruppo ha mosso i primi passi nel campo dell’animazione, sia coi bambini che coi disabili, proponendo spettacoli di teatro interattivo e di musica e giocoleria. Dopo un solo anno Volontariamente ha già cambiato pelle: più coeso e forte, decide di affrontare il tema scottante dell’acqua, partecipando alle tavole rotonde della Biennale Democrazia 2.0 di Torino Capitale Europea dei Giovani presentando poi a Sentieri di Futuro un documentario in anteprima sulla situazione delle Acque in Carnia..
È però dal terzo anno che le cose evolvono sensibilmente: l’innesto di nuove leve e le esperienze accumulate dai “veterani” spinge il gruppo a pensare più in grande. EcoNoise non vuole più solo dare una mano, ma vuole diventare promotore delle associazioni che gli hanno fatto da chioccia: nasce il progetto CjargnAlive.
La Mission Impossible che si prefiggono i ragazzi è quella di riunire in una sola giornata  tutto quello che ruota intorno al gruppo, con un taglio decisamente informale: in una cornice di band emergenti, tornei e 0 alcol (sfida non da poco per la Carnia); ogni soggetto deve far scoprire il proprio operato attraverso un gioco, un laboratorio, un’attività. Tutto fila liscio, EcoNoise colpisce e affonda, e un anno dopo si ripete, più in grande: oltre 20 associazioni, 15 band, spazi ampliati e molto, molto più pubblico.  Prima di essere un evento però  CjargnAlive è collaborazione e dialogo. Ogni entità condivide spazi, mezzi, esperienze. Soprattutto ogni maglia della rete deve imparare a muoversi con le altre, rispettandone i tempi, le necessità. Perché la festa funzioni, per stare bene tutti, ognuno deve riuscire a prendersi cura di chi lo affianca e non appiattirsi. Perché ogni identità è un tassello necessario della festa.
Del resto tutto questo è quello su cui si regge EcoNoise: ognuno a proprio modo, guardando chi ha vicino, ed esprimendo se stesso, si mette in gioco.

Politiche giovanili in tempi di crisi
di Massimiliano Podenzoni (cooperativa Naturart)

La disoccupazione ha effetti ad ampio raggio che investono non solo le politiche del lavoro e sociali, ma anche quelle giovanili. La loro funzione fino a pochi anni fa era quella di offrire ai ragazzi occasioni arricchenti e stimolanti per il tempo libero, quasi un “corrispettivo positivo” al tempo occupazionale. Oggi questo meccanismo si è inceppato. E’ necessario ripensare gli interventi tenendo conto di dinamiche e di elementi – come quello del lavoro, anzi della sua assenza – che un tempo in questo ambito erano secondari. Ma come? Da ormai sette anni a Varese la cooperativa Naturart organizza eventi musicali – come i concerti di Frankie HI-NRG e Ministri – e un concorso con un grande riscontro di pubblico, evitando così che i giovani siano costretti ad andare a Milano per poter ascoltare buona musica dal vivo. Risultati importanti, ma non ancora rispondenti alle nuove sfide delle politiche giovanili in tempo di crisi. L’evoluzione è stata quella di rendere questi appuntamenti occasioni per i giovani di apprendimenti utili e spendibili sul mercato del lavoro e fonte di ricadute professionali.

C’erano e ci sono giovani tra i 16 e i 25 anni interessati non solo alla musica suonata, ma anche a quello che c’è intorno, prima e dopo. La cooperativa li ha coinvolti nello staff organizzativo composto da educatori e da operatori musicali professionali, come etichette discografiche indipendenti, agenzie di organizzazione di eventi. E li ha coinvolti in ogni fase del progetto: dall’ideazione artistica a quella promozionale, dall’allestimento alla logistica senza escludere le parti più “noiose” come quelle burocratico-amministrative. Da parte loro i ragazzi hanno usato questa opportunità per mettersi in gioco, sperimentare le proprie capacità e in alcuni casi sono riusciti a trasformarle in una  professione. Così la band Il Triangolo ha ottenuto in contratto discografico; due ragazze che per un paio di anni hanno curato i servizi fotografici durante gli eventi oggi hanno un loro agenzia, altri che erano interessati alla parte tecnica, dopo aver affiancato dei professionisti, hanno aperto una loro impresa di service.

Paradossalmente la crisi attuale diventa momento buono per la creatività; quando in provincia era facile trovare un lavoro sicuro la parte artistica spesso veniva sacrificata: era meglio un lavoro sicuro in fabbrica o in ufficio che un’occupazione precaria nel mondo della cultura e dell’arte. Ora che la precarietà si è diffusa in ogni ambito per un ragazzo è più facile investire sul lavoro che veramente gli piace.

Pubblicato sul gionale Trentino il 27 settembre 2012

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