Music

September 11, 2012

Tra funghi, suoni e silenzio, l’omaggio bolzanino a John Cage

Parola all'ascolto

«Sa già dove andare?» mi chiedono all’ingresso del Conservatorio Monteverdi la sera del 5 settembre. In programma, un’installazione per dieci e più pianoforti e buffet di funghi, un omaggio alla musica di John Cage nel giorno del suo compleanno, cent’anni dopo.

Mi guardo intorno: sul palco dell’auditorium ci sono tre pianoforti a coda; nel corridoio a L, un accordatore ne passa in rassegna almeno una quindicina. No, non lo so dove andare. Forse per l’inveterata convinzione che la musica colta si ascolta seduti in comode poltrone di fronte ad un palco, prendo posto nella sala che poco a poco si riempie, di studenti, di belle signore, di coppie con passeggini e di un’inaspettata cospicua partecipazione di meno giovani.

Il maestro Cabassi dà le istruzioni per la serata: i pianoforti in corridoio suoneranno tutti contemporaneamente brani diversi; starà al pubblico costruirsi il suo percorso ed il suo concerto girando tra i pianisti, ascoltando, osservando le partiture, soffermandosi o scappando a quello successivo. Idea divertente ed originale quella di sovrapporre aspetti diversi della produzione cageana – A rooom, Ofelia, Two Pieces, Metamorphosis, tra gli altri – per un inedito nuovo brano che trova il suo atout nel suonare diverso per ogni ascoltatore, a seconda del punto del corridoio in quale questo si trovi. Un’operazione che l’irriverente compositore statunitense avrebbe certamente apprezzato, ma che ha forse la pecca di mettere in luce ancora una volta esclusivamente l’aspetto provocatorio della sua arte, più che gli evidenti meriti musicali.

Mentre stralci del concerto di Cage al Teatro Lirico di Milano (2 dicembre 1977) scorrono su una televisione il cui volume non riesce a sovrastare quello degli Steinway rendendo così poco fruibile – peccato! –  un interessante documento, alcune frecce dirigono il pubblico verso la misteriosa Aula 51. Sonorità metalliche e ronzii annunciano Amores, brano per pianoforte preparato da cui risulta un’interessante commistione di elementi percussivi e melodici, certamente un’esperienza d’ascolto cui pochi sono abituati.

Con le orecchie piene, si torna in auditorium dove il Maestro Cabassi attacca il celeberrimo 4’33’’ accolto col doveroso rispetto – quante volte accade che scatti l’applauso a metà! – di un pubblico preparato. Quasi cinque minuti per rendersi conto che, nel silenzio della sala, la testa è satura e continua a risuonare, di musica, di pensieri, di domande: «Cosa si mangia al buffet di funghi?».

Articolo di Cecilia Malatesta

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