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April 9, 2012

I cinema che chiudono, la politica e le differenze tra Bolzano e Trento

Anna Quinz
CINEMA SPECIAL – DAY 1

Responsabilità pubblica e impresa privata. Cultura e commercio. Qui i nodi principali della vicenda che in questi giorni è sulla bocca di tutti: la chiusura della storica sala cinematografica (la prima in centro a Bolzano, aperta nel 1913) Eden. Il gestore, Massimo Dal Maso, con un’accorata lettera, si dichiara sconfitto nella battaglia contro i mulini a vento della multisala, abbandona la sfida, e chiude i battenti. Dispiace, era un’istituzione cittadina radicata, ma volenti o nolenti, queste sono le regole del commercio. Come i piccoli negozi di tradizione lasciano il posto alle grandi catene, così accade, non solo a Bolzano, anche ai cinema. Il Cineplexx ha colmato la sete per tanti anni lamentata dai bolzanini, ha garantito sale super efficienti, il digitale, il 3D, insomma tutti i ritrovati della tecnologia cinematografica, e inevitabilmente, ha portato alla fine della piccola (e non troppo confortevole) sala “concorrente”. Ma questo, appunto non è problema solo bolzanino, è il destino obbligato di questa precisa fase storica della storia del cinema. Quello che invece è un problema tutto bolzanino, è quello citato nelle prime battute di questo articolo. Dove sta, infatti, il sottile confine tra cinema di cultura e cinema commerciale? E dove iniziano, o finiscono, le responsabilità dell’ente pubblico nel settore culturale del cinema? Sono queste le questioni che hanno infiammato gli animi degli addetti ai lavori in questi giorni, più del dispiacere per un’altra vecchia sala che chiude. Perché se l’Eden era il cinema commerciale in lingua italiana del centro, in centro c’è anche il Filmclub, che sta, appunto, su quella sottile linea di confine tra la cultura cinematografica, e il film di cassetta. E questo, ormai da anni, ha fatto storcere il naso molti. Il Filmclub, in quanto associazione culturale, è finanziato dalla provincia, ma non basta, dichiara la sua storica anima, Martin Kaufmann. “Con il finanziamento provinciale, dobbiamo far sopravvivere 6 sale in tutta la provincia, e il passaggio al digitale, rischia di schiacciarci. Se continua così, dopo l’Eden, saremo noi i prossimi”. Il digitale, dunque cappio pronto a tirare, che stringe il collo di molti piccoli gestori di cinema “fra pochi anni” continua Kaufmann “si troveranno in distribuzione solo film in digitale, chi non si adegua, muore”. Il Filmclub ha una sala digitalizzata, una seconda entrerà in attività a breve, ma la terza, ci metterà degli anni, se l’ente pubblico non aiuta. Ma l’ente pubblico fa spallucce, trovandosi schiacciato (o giustificato) proprio nel dibattito cinema come cultura vs cinema come impresa commerciale. “Manca un piano strategico sulla questione cinema” dichiara Andreas Perugini del Cineforum, storica associazione bolzanina “se l’ente pubblico avesse un quadro e un progetto chiaro, che potrebbe anche non contemplare il cinema come forma culturale, le cose sarebbero più semplici e lineari. Ma per ora, tutti vivacchiano, e non si fa nessun passo avanti”. Sui giornali in questi giorni, le dichiarazioni, ad esempio di Christian Tommasini, che dichiara di non poter aiutare l’Eden (che aveva espresso il desiderio, per sopravvivere, di trasformarsi in cinema d’essai, ossia, in cinema culturale), perché già impegnato a finanziare il Cineforum. “Ma i finanziamenti a pioggia non bastano, e la mancanza di intercessione verso mediazioni tra enti di settore, dimostra scarso interesse verso il problema”. Sempre secondo Perugini “ci vuole una linea netta e decisa, un piano operativo, che parta dall’alto. Forse piccole realtà morirebbero, ma è anche giusto così”. Responsabilità pubblica, dunque, secondo Perugini (da leggere qui la sua nota), della crisi in cui versa oggi il sistema cinema in città. La situazione è incastrata e a un punto morto, il dialogo si apre e poi fa un passo indietro, le proposte di mediazioni dall’alto non arrivano e intanto il pubblico va comunque in un’altra direzione, come anche il mercato. Il cinema deve, non solo a Bolzano, ripensare il proprio ruolo sociale e pubblico? Forse. Forse i confini devono essere di nuovo resi più netti, il commerciale deve fare cassetta, e il cinema culturale deve ricominciare a fare il cinema culturale. La questione è forse legata ai plus che i due tipi di cinema possono (e devono) offrire. La multisala dà la comodità, la qualità tecnica, il pop corn. Il cinema d’essai dà il dibattito, il momento di riflessione, il percorso ragionato attraverso la storia e le sfumature dell’universo cinematografico. Che poi tutti debbano incassare per vivere, va da sé.

Allontaniamo per un attimo la prospettiva, e spostiamoci a Trento, dove la situazione pare più serena. Anche in Trentino la questione Multisala-piccolo cinema esiste, come ovunque, l’incubo o la benedizione del digitale incombe. A Trento però il cinema non è terreno minato come appare essere qui da noi. Il cinema Astra, per esempio, vive con una certa serenità. Offre una programmazione simile a quella del Filmclub bolzanino, proponendo anche film in lingua originale, e facendo fruttare la vicinanza con il bistrò che è ormai punto di riferimento per i cittadini. I numeri della Multisala Astra (circa 80 mila visitatori nel 2011) sono simili a quelli del Filmclub (78 mila circa), “ma a Trento non hanno il problema della doppia lingua, e possono godere del pubblico degli universitari, che fanno zoccolo duro e numero” sottolinea Kaufmann. È inevitabile, appena si passa il confine provinciale, le questioni si semplificano, perché Bolzano (e l’Alto Adige) deve soddisfare il pubblico italiano e tedesco, deve proporre film in entrambe le lingue, deve avere un cinema culturale in italiano e uno in tedesco. Insomma, i problemi, si amplificano. Sempre a Trento, il cinema d’essais proposto dal Centro Sociale Bruno, con Cinemafutura, ha un buon successo, e un nucleo di affezionati spettatori. Si parla sempre di piccoli numeri (20 persone a proiezione, come per il Cineforum bolzanino), ma la coordinatrice del progetto, si dice soddisfatta degli esiti delle varie rassegne. Idem a Rovereto, dove il nuovo cineforum, pur risentendo della crisi del cinema, ha chiuso il 2011 in modo positivo. Certo è che il Bruno è un centro autogestito, totalmente al di fuori dunque, delle questioni pubblico, privato, finanziamenti, introito commerciale ecc. Mentre Rovereto è un piccolo centro, che forse non ha nemmeno le stesse aspettative ed esigenze di altre città.
Ma in generale, il clima che si respira in Trentino è più tranquillo, tutti sentono che serve reinventare le modalità di fare e far fruire il cinema, ma non si allarmano più di tanto, e anche gli spettatori sembrano meno affannati (ci sono comunque più cinema a Trento che a Bolzano, ma ci sono anche 20.000 studenti universitari, forse un pubblico che qui manca, per la più “popolare” delle arti).
Molte invece le questioni aperte a Bolzano, poche le risposte. Il rimpallo di responsabilità continua, la diatriba tra cinema di cultura e cinema commerciale pare non trovare soluzioni, o almeno, non soluzioni semplici. Resta il fatto che l’Eden ha chiuso e da 12 sale in città, ne restano solo due. Se si desidera che il digitale (ma anche la fruizione domestica semplificata) non uccidano quel che resta, serve rimboccarsi le maniche e cercare soluzioni concrete. Il cammino è lastricato di problemi, ma se ci trovassimo un giorno senza una piccola multisala in centro che fa bei film, senza un cineforum che fa le rassegne e i dibattiti, e forse anche senza la multisala per vedere il 3D, non sarebbe molto peggio?

Per le ricerche, si ringraziano Elisabetta Bortolotti, Marco Segabinazzi e Cristina Pucher

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There are 9 comments for this article.
  • Cinefilo-Cinofilo · 

    Beh… insomma, OK. Ma cerca “refuso” sul dizionario, appena hai un attimo… ;-)

    Buon lavoro

    F. C.

  • andrea · 

    Vorrei aggiungere, se posso, che in Alto Adige la definizione per cui il denaro costituisce un mezzo universale per lo scambio, viene presa alla lettera ed estesa anche all’ambito culturale.
    Insomma sembra proprio che anche da noi vi sia una bolla speculativa nella sfera della produzione culturale. Ora che il denaro inizia a scarseggiare e tutte le belle cose che l’Amministrazione comperava per creare artificialmente un contesto culturale minimamente dignitoso, controllando dirigendo ed impedendo che si sviluppasse una qualsiasi manifestazione spontanea, molte di queste bolle esplodono.
    Non solo, spargendo e distribuendo denaro (pubblico) praticamente a chiunque ha alterato pure le regole del mercato privato causando la chiusura di molte sale private (ultima delle quali appunto la sala Eden).
    Come se non bastasse l’aver monetizzato l’attività culturale, senza peraltro poter vantare alcun risultato apprezzabile, e contestualmente soffocato qualsiasi iniziativa a costo zero negando per esempio l’utilizzo gratuito di spazi pubblici per iniziative culturali o come punti di aggregazione, ha confinato quei pochi che ancora decidono di farsi mantenere da mamma provincia a richiedere contributi privati per progetti privati e che spesso, come accade per molti bolzanini, rimangono confinati fra le quattro tristi mura domestiche.
    Per concludere se vogliamo che la gente esca di casa, si confronti e goda dei prodotti culturali, siano essi cinema, musica, danza ecc., si dovrebbero favorire a Bolzano luoghi pubblici e aperti a tutti; se invece si vuole che le persone restino a casa e non si interessino collettivamente a qualcosa allora pagarli come stanno facendo (peraltro sempre meno) gli assessorati alla cultura mi sembra una soluzione che possa dare i suoi buoni frutti.

  • antonio lampis · 

    La sala Eden e’ in custodia giudiziaria per liti ereditarie. Ogni ipotesi di utilizzo associativo o pubblico e’ impossibile. Semplice e chiaro, davvero inutile o strumentale tutta la discussione.

  • Andreas Perugini · 

    Quello che afferma non è vero nella fattispecie e non è vero in generale. Qui non si parla di lavori strutturali su un immobile privato (cosa che la PA ha sempre fatto peraltro), qui si parla di convenzioni anche a breve termine (come peraltro meglio si attagliano alla vigente normativa). Esistono responsabilità oggettive dell’Assessorato e Lei lo sa bene.