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March 9, 2012

Se dietro il crocefisso si nasconde Lenin

Emilia Campagna

Nell’interno giorno di sapore piccolo–borghese campeggia un crocefisso, cornice dorata e sfondo di velluto; ma basta girarlo, e il quadro mostra l’effigie di Lenin: nel confronto–scontro tra la religiosità domestica, prudente e tradizionalista di un padre, e la fede politica, dogmatica e idealista oltre ogni buon senso di una figlia, sta molto di “Avevo un bel pallone rosso”, spettacolo di Angela Demattè interpretato dalla stessa autrice e da Andrea Castelli.

Il testo ha avuto nel 2009 un importante riconoscimento (il prestigioso Premio Riccione per il Teatro), che ha dato dignità ulteriore alla non scontata scelta di utilizzare il dialetto come lingua del dialogo tra padre e figlia, contrapponendolo all’italiano brutalmente astratto delle Brigate Rosse: perché la protagonista di “Avevo un pallone rosso” è quella Margherita (detta Mara) Cagol che a Trento conobbe e sposò Reato Curcio e con lui, in un crescendo di azioni e di costruzioni politiche, fondò le Brigate Rosse dando il via alla tremenda stagione del terrorismo. Il testo intensamente ricostruisce la vicenda umana di Mara Cagol nel dialogo–confronto con il padre, figura di uomo concreto, di prudente buon senso, di consumata quanto semplice saggezza popolare; dialogo che misura una distanza che si fa via via sempre più aperta, insanabile, nell’ostinato accanimento di Mara Cagol più che nella posizione del padre, colmo di un amore disperante per la figlia.

Lo spettacolo, prodotto nel 2010 dallo Stabile di Bolzano e ora tornato in regione dopo fortunate rappresentazioni sulle scene nazionali, è approdato anche a Rovereto, in un Melotti tutto esaurito. Il testo è costruito su un filo di tensione che non conosce cedimenti e a cui ben contribuiscono i due protagonisti, Andrea Castelli misurato e intenso, Angela Demattè appassionata e ruvida. Uno spettacolo che tiene la Storia sullo sfondo di una vicenda familiare in cui la complessità delle emozioni è tradotta, mirabilmente, con le corte e semplici frasi della quotidianità, con le parole della complicità, ma in cui fantasmi del passato di Trento aleggiano, alcuni ormai lontani ricordi, altri (la Sloi) dolorose ferite ancora aperte.

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