Music

February 23, 2012

I Sud Sound System sabato 25 all’Halle, abbiamo intervistato Don Rico

Marco Bassetti

La piccola-grande storia dei Sud Sound System racconta di un gruppo di amici in terra di Puglia, uniti da un amore incondizionato, viscerale, per la musica reggae, che nel giro di vent’anni passa dai dancehall illegali sulle spiagge del Salento all’esibizione allo show di Celentano su Raiuno con il singolo bomba “Le radici ca tieni”. La passione per la musica giamaicana si unisce alle radici mediterranee per forgiare un sound potente ed originale, che ha fatto scuola. I Sud Sound System sono infatti i padri riconosciuti della scoppiettante scena reggae salentina e senza dubbio tra i più importanti gruppi reggae-dancehall in Italia. Punto di riferimento anche al di fuori dei confini nazionali (si dice che ogni sound system europeo che si rispetti abbia almeno un dubplate dei nostri rude boys salentini), hanno diviso il palco con grandi artisti della scena reggae internazionale in visita pugliese, personaggi come Shaggy e Mr Vegas. “Quando i giamaicani vengono qui e ascoltano i nostri pezzi, dicono che abbiamo un sound mediterraneo. Questa commistione tra reggae e Mediterraneo a loro piace molto”. Parola di Don Rico. Franz l’ha intervistato.

Quella pugliese è una delle realtà più vivaci e attive a livello musicale. Accanto alcuni nomi noti al grande pubblico, si muove una miriade di band. Come vi collocate in tale contesto, vi sentite parte della scena pugliese?

Non solo ci sentiamo parte della scena pugliese ma siamo stati tra i primi promotori. Vent’anni fa, quando abbiamo iniziato, non esisteva praticamente alcun movimento musicale in Puglia. Possiamo dire che siamo stati da stimolo per tanti ragazzi a intraprendere questa strada. In questi anni tante cose sono cambiate, alcun gruppi e alcuni artisti si sono affermati e hanno raggiunto una visibilità notevole. Basta pensare a Emma che ha vinto San Remo… Emma frequentava le dancehall, amava cantare già da ragazza. Molti ragazzi sono stati stimolati dal movimento reggae salentino che si è sviluppato negli anni fino ad essere una realtà conosciuta e apprezzata in tutta Italia.

Puglia Sound è la dimostrazione della grande vivacità e operosità della scena pugliese. L’obiettivo del progetto, sostenuto attivamente a livello istituzionale dalla Regione Puglia, è quello favorire lo sviluppo dell’intera filiera musicale così da trasformare in professione, rete produttiva, posti di lavoro, l’impegno di persone che ora si occupano di musica solo per passione. Come giudicate questo progetto?

È un’occasione importante che viene offerta a molti giovani per portare la loro passione verso un risultato professionale. Chi ha idee e buoni progetti riesce ad ottenere anche dei finanziamenti come Papa Leu che noi stiamo seguendo a livello di produzione artistica. Per noi è una buonissima cosa, con il sostegno di Puglia Sound stanno emergendo un sacco di artisti interessanti. Speriamo non degeneri tutto nel puro e semplice business.

Tra la Puglia e il jamaican sound c’è una affinità profonda, viscerale. Come te lo spieghi?

Posso dirti che noi il reggae ci ha preso negli anni Ottanta per non lasciarci più. È una musica che ha coinvolto tutta la nostra comitiva e ci ha portato ad essere quello che siamo oggi. Forse tra la Giamaica e il Salento ci sono delle somiglianze culturali e poi, chissà, anche il clima influisce. Il salentino per certi versi assomiglia molto al giamaicano, c’è una certa sintonia… vogliamo mangiare cose genuine, siamo persone semplici, amiamo il sole, il mare… E questa è la base del reggae.

Il vostro sound affonda le radici del reggae-dancehall ma con i testi mantenete un forte ancoraggio alla vostra terra. Apertura al mondo e alla contaminazione e, al tempo stesso, rispetto delle proprie radici, della propria cultura: “simu salentini dellu munnu cittadini”. Oltre che una proposta estetica-musicale, è una filosofia di vita, forse anche un manifesto politico, è così?

Siamo arrivati al primo disco dopo otto anni passati a suonare in giro. Abbiamo iniziato per gioco, traducendo i pezzi giamaicani in dialetto. Poi, negli anni, a partire da questi primi esperimenti abbiamo formato un nostro stile e delle tecniche originali. Nel nostro bagaglio culturale il Salento e il Mediterraneo occupano senza dubbio un posto di primo piano. Quando i giamaicani vengono qui e ascoltano i nostri pezzi, dicono che abbiamo un sound mediterraneo. Questa commistione tra reggae e Mediterraneo a loro piace molto. Abbiamo fatto molte collaborazioni con loro, è bellissimo incontrarsi perché si incrociano e si confrontano impostazioni e stili differenti. È un’occasione per approfondire, ciascuno, il proprio discorso.

Nel 2011 avete celebrato il 20° anniversario del vostro primo disco registrato dopo anni di dancehall illegali sulle spiagge del Salento. Cosa ricordate con più piacere di quegli inizi e qual è il bilancio dopo venti anni di attività?

In quegli anni si faceva tutto senza neanche pensarci, in maniera molto libera e spontanea. Da allora molte cose sono cambiate, il movimento è letteralmente esploso, può capitare che ci siano cinque dancehall in una sola serata. Oggi poi non possiamo più fare la dancehall pirata, avendo raggiunto una certa notorietà muoviamo troppa gente. Il movimento è cresciuto molto, è diventato un business che d’estate porta anche molto turismo. Questa è una cosa molto buona per la nostra terra, intorno alla scena reggae si muove un intero mondo, molti locali esistono e si mantengono grazie a questo movimento. Dopo vent’anni di attività il nostro bilancio non può che essere positivo, abbiamo trasformato la nostra passione in una realtà artistica consolidata e viva, con grandi benefici per tutto il Salento.

Per concludere, invita il pubblico bolzanino a venirvi a sentire il 25?

Se volete passare una bella serata con una potente vibrazione reggae, questa è l’occasione giusta. Per stare tranquilli insieme, danzare e riflettere.

www.onebeatmovement.com

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