Music

January 20, 2012

Con Walking Mountain e Chicks on Speed, serata bomba alla Halle28

Daniele Rielli

Bartolomeo Sailer alias Wang Inc alias Walking Mountain è un’artista altoatesino che vive da moltissimi anni a Bologna. Talmente tanti che si è trasferito a Casalecchio di Reno dove ha più spazio per la sua famiglia e il suo studio. Ci incontriamo in una birreria/libreria di via Mascarella nel centro del capoluogo emiliano. Quando arrivo fendendo una nebbia così fitta da essere ben visibile anche nei vicoli del centro storico, Bartolomeo è al bancone che sta scambiando quattro chiacchere con amici che non vede da tempo “Non esco più molto” mi spiegherà “Passo la maggior parte del tempo con mio figlio Libero e in studio”. Per l’intervista, che poi diventerà una piacevole e lunghissima chiacchierata, ci spostiamo in una saletta più tranquilla della libreria in cui uno dei soci è, guarda un po’, un bolzanino. Bartolomeo nasce artisticamente molti anni fa come musicista techno con il progetto Wang Inc ma lavora anche come produttore di colonne sonore per celebri spot televisivi. Ci incontriamo per parlare di Walking Mountain, la sua nuova direzione dopo la fine dell’esperienza di Wang Inc. Un esperimento musicale che presenterà a Bolzano prima del concerto delle Chicks on speed all’Halle 28 venerdì 27 gennaio.

Cos’è Walking Mountains?

Qualcosa che si allontana completamente dalla techno di Wang Inc. Se dovessi indicare un genere di riferimento sarebbe il Kraut Rock, non tanto quello dei Kraftwerk quanto quello dei Can e di gruppi più underground come gli Amon Düül e i Popol Vuh. Dentro ho cercato di metterci anche l’influenza free jazz che sul Krautrock fu opera in buona parte di Peter Brötzmann un sassofonista che frequentava lo Zodiac, il club dove andavano anche i Kraftwerk e altri esponenti di quel movimento musicale. L’idea è prendere quelle improvvisazioni psichedeliche e trasportarle nei territori dell’elettronica e del digitale. Il mio set up sul palco è Ableton Live!, due Launchpad e un Nocturne, più qualcosa di esterno, ad esempio adesso sto pensando di aggiungere  un Döpfer. Il concetto di live è molto semplice, sono otto loop che vengono tagliati in varie slice del tempo che funziona meglio e con cui poi gioco attraverso i controller. I loop sono tutte cose composte da me. Walking Mountains sarà anche un disco, al momento è quasi finito sto aspettando solo di registrare le ultime collaborazioni per farlo uscire. Ci saranno il sassofonista milanese Enzo Casucci, un cantato di Alberto Palazzo, un intervento di Claudio degli Scanners di Bolzano e ho già registrato Vincenzo Basi, un ottimo strumentista che ha lavorato anche con Vinicio Capossela. Il disco formerà il materiale di partenza che poi sarà “frullato” dagli effetti elettronici nei live. (A questo punto discutiamo a lungo della struttura dei suoi progetti all’interno di Ableton, un approfondimento che sarebbe comprensibile come il cinese per i non addetti ai lavori per cui non essendo un sadico, ve lo risparmierò. ndr)

Hai mai usato Max for live (software che permettere di creare effetti customizzati nell’ambiente Live! ndr) ?

Si ma in una giornata di lavoro sono riuscito a fare un tasto che fa l’on/off del midi. Poi l’ho messo a disposizione gratuitamente su internet

Che suoni hai usato nel disco?

Sia registrazioni acustiche sia sampler con suoni che ho scelto con molta attenzione. I suoni di batteria sono tutti suoni reali. Contrariamente a quando una volta campionavo qualsiasi suono per farlo diventare una parte di drum

Alla Matthew Herbert

Esattamente, e l’abbiamo fatto nello stesso periodo tra l’altro, solo che io poi ho smesso. In quegli anni abbiamo preso la stessa direzione Io, Herbert e i Matmos con i quali sono stato anche in stretto contatto.

Allora ti faccio la domanda che ho fatto ad Herbert: questa ricerca della naturalità del suono non limita le possibilità del sound sculpting dato che non ci si trova più ad avere a che fare con degli oscillatori ma con delle onde di suono già ben definite?

Guarda io su questo ero ancora più estremo di Herbert, non so se lui lavora il suono, credo di si, io invece lo tenevo esattamente come lo avevo campionato. Era una fascinazione nei confronti del mondo che ti circonda, alla John Cage. Una volta con dei miei amici dj stavamo aspettando di fare una serata in un club a Firenze, ce ne stavamo sdraiati nel Parco delle Cascine ad ascoltare il traffico in lontananza, sentendo quei suoni anche loro finalmente capirono il potenziale che c’era dentro questo approccio che da tempo cercavo inutilmente di spiegargli. Poi certe cose sono anche frutto della fortuna, c’è meno calcolo che lavorare con un oscillatore ma alle volte più bellezza. Sul mio primo disco ho fatto una cassa con un poster arrotolato e il mio respiro, ne venne fuori un suono bellissimo. Oggi invece uso solo suoni reali, rullanti Ludwig, piatti Zildjian. Un po’ anche per cambiare perché la minimal ha portato il superfice l’idea del microglitch, ricavare 10 varianti dello stesso suono, e ormai ha un po’ stufato.

Mi sono sempre chiesto quanto poi la gente percepisse questa ricerca, non era più una sfida fra addetti ai lavori?

Secondo me la gente che va a ballare se ne accorge anche di più. Io sono stato forse uno dei pionieri della minimal in Italia e in fondo il senso di quella musica è tutta in queste micro-variazioni, Quando balli non stai ballando il Tun-cha/Tun cha, c’è tutto un qualcosa che ti porta su e giù, che fa cambiare le tue emozioni. In più c’è tutta la chimica che la gente prende in queste circostanze che va stimolata, e questi cambiamenti vengono percepiti, per forza deve essere così altrimenti non ci sarebbero a Berlino locali pieni di gente che balla queste cose. Ad ogni modo io non faccio più musica che si balla, o se si balla, si balla come avresti potuto ballare il grunge

Qual è allora l’ascoltatore ideale dei tuoi nuovi live?

Mi piacerebbe che qualcuno si facesse trasportare fino a ballare, ma non punto ad una folla che si muove all’unisono, quello che mi aspetto io è una reazione psichedelica. Me la immagino come Woodstock con la gente seduta sul prato e qualcuno ogni tanto che si alza, oppure 30 persone che ballano e 20 che stanno li a farsi il viaggio. Un po’ l’effetto che poteva fare L’intelligent dance music negli anni novanta.

Sei sempre stato un performer o anche un dj?

 Ho fatto il dj per qualche anno solo al Link ma sono negato, diciamo che sono un selector, tu che conosci la storia del reggae capisci cosa intendo*. Faccio una bella selezione ma tecnicamente non sono bravo. Con i mezzi che ci sono oggi però è più facile e in digitale ho preparato un mixtape (in questa pagina ndr) con il nome Walking Mountains che unisce tutti i pezzi che mi piacevano sul tema della rivoluzione. Per realizzarlo ho avuto tutti i problemi che si hanno quando si mette dentro Ableton o Traktor un pezzo che non sia strettamente elettronico, perché le griglie non sono così automatiche, i pezzi rock sono molto più vari strutturalmente. Devo dire che sul djing non mi sono mai applicato, ho sempre preferito stare in studio e lavorare su pezzi miei.

Hai fatto bene perché di dj ce n’è a tonnellate al giorno d’oggi

Ho visto qualche giorno fa una vignetta su GQ, dove c’era un vecchietto che si sentiva male in mezzo a molte persone, qualcuno chiedeva se c’era un medico ma tutti rispondevano “No sono un dj” “No sono un dj” No sono un dj”

E poi quelli che vanno avanti spesso non sono neppure propriamente dei dj. Recentemente Deadmaus ha ringraziato Dj Mag per il suo terzo posto nella classifica mondiale del magazine, ma ha spiegato di non aver mai messo un cd o un disco in vita sua, limitandosi a suonare le sue produzioni. Ad ogni modo come hai vissuto i cambiamenti radicali imposti dalla digitalizzazione negli ultimi anni? E’ stata ed è una sorta di rivoluzione quella che ha investito la musica in generale e l’elettronica in particolare

Li ho vissuti che il mio primo disco ha venduto 1600 copie, l’ultimo 63. Chissà forse era meno buono del primo, forse no. La digitalizzazione da un lato è un’ottima cosa perché chiunque abbia una buona idea può metterla a disposizione di tutti e poi si vede se ce la fai o meno. Però ormai non è neanche detto che tu ce la debba fare per forza anche se produci delle ottime cose perché emergere dal rumore non così facile. Ho visto un documentario sull’argomento dove dicevano che gente come Kubrik o Coppola o Ridley Scott nel nostro mondo non sarebbero mai diventati quello che sono diventati perché i loro primi lavori erano delle cose abbastanza mediocri e banali. Su you tube non sarebbero mai andati da nessuna parte e ce li saremmo persi. Nella democratizzazione c’è questo duplice aspetto da cui non è ancora chiaro come uscire. L’idea che mi sono fatto io è puntare sul concerto dal vivo, però ovviamente serve un prodotto per fare i live, altrimenti i media non parlano di te. La strategia vincente è fare piccoli investimenti in questo senso, perché già sai che ci andrai in perdita, io ho deciso di fare delle cassette audio e chi le compra o le riceve poi può anche scaricare le canzoni in digitale.

Cosa ne pensi della distribuzione digitale?

Il gioco non vale la candela spesso, ci sono troppi intermediari, ognuno si ritaglia la sua fetta e su 1 euro ti arriva una cifra variabile che oscilla è attorno ai 40centesimi. L’unico vero guadagno sugli album è la vendita del prodotto fisico al concerto.

Diritti d’autore?

Personalmente ho ricevuto qualcosa di Gema (società tedesca del diritto d’autore), mai nulla di Siae. In Italia pago il fatto di non avere un editore, e la spartizione della torta che porta una parte consistente dei soldi delle discoteche e dei club alle case discografiche del liscio

Infine la domanda che chiunque altro avrebbe fatto all’inizio: perché il nome “Walking Mountains”? È autobiografico?

Perché sono sceso dalle alpi e sono venuto in pianura (ride). No, in realtà stavo cercando un bel nome, avevo pensato a Shining path, sentiero luminoso

Sarebbe sembrato il titolo di un libro di Cohelo

E c’era già una band con questo nome. Allora ho pensato a Maometto e al fatto che una volta doveva andare dalle montagne, ma ormai è diventato establishment anche lui, come Gesù Cristo, non è più un rivoluzionario, è consolidato.  Così ho pensato che adesso sono le montagne che devono andare da lui. In parallelo sono rimasto piacevolmente colpito dalle moltitudini che si sono mosse nell’ultimo anno dopo almeno dieci d’immobilismo, penso a movimenti come la primavera araba che si sono ribellati ad anni di bastonate sistematiche. Mi piaceva quest’idea delle montagne che si muovono. Non so, il Monte bianco che va a Ginevra a una riunione dei grandi del mondo e dice “Ehi!” 

Psichedelico

Assolutamente

 

* i dj dancehall di oggi sono molto preparati tecnicamente ma un tempo il reggae veniva suonato anche con un giradischi solo o comunque con scarsa perizia  tecnica. Inspiegabilmente finchè c’erano abbastanza cartine nessuno sembrava accorgesene 

 

link utili:
www.walkingmountains.it
walkingmountains.bandcamp.com
http://www.mixcloud.com/bartolomeosailer/revolution-mushrooms-and-voodoo/

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